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Concorso MAGISTRATURA 2016
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Da: .............. 29/05/2016 11:40:46
L'esclusione del dolo predicata in maniera così apodittica è francamente poco comprensibile: il datore di lavoro può infatti essere pienamente cosciente della propria condizione di obbligato nei confronti dell'INPS e altresì scegliere (e quindi: volere) di non versare i contributi previdenziali nei termini previsti.

Questa condizione "soggettiva", assieme agli altri elementi previsti perché possa dirsi integrata un'omissione sul versante "oggettivo" (situazione che ingenerare l'obbligo + decorrenza del termine per ottemperarvi), rendono il fatto concreto pienamente conforme al tipo descritto nella norma incriminatrice.

Altro discorso è chiedersi se questo fatto, di per sé tipico, costituisca reato e sia dunque punibile pleno iure oppure se possa dirsi che il datore di lavoro versi in una condizione "necessitata", tale per cui una condotta osservante l'obbligo penale non possa da parte sua esser pretesa (ossia, che l'ordinamento non possa "esigere" dal datore una condotta adempiente le prescrizioni penali).

E qui il crinale ermeneutico si fa davvero scosceso, visto che si dovrebbe:

1) ipotizzare l'esistenza, sul piano normativo, di una sorta di "scusante atipica", sotto cui classificare la condizione reale di "crisi" d'impresa (tanto grave da rendere l'osservanza degli obblighi penali non esigibile)

2) accertare l'esistenza, sul piano fattuale, di una simile condizione di (grave) difficoltà del datore di lavoro.

Se definire i contorni di gravità della condizione sub 2) è di per sé attività rimessa alla piena discrezionalità del giudicante, ciò che solleva dubbi e perplessità è riconoscere e identificare la vigenza di una simile (e generale) "scusante atipica".

Precisamente, a non persuadere è la tecnica interpretativa con cui questa (asserita) "scusante atipica" dovrebbe essere ricavata dal diritto positivo.
Non esiste infatti una disposizione da cui poterla trarre per via d'interpretazione espressa (o dichiarativa).
Né si potrebbe percorrere la via dell'interpretazione inespressa ampliativa (o estensiva), proprio perché questo strumento ermeneutico presuppone che s'individui prima la disposizione normativa positiva da "estendere". Ma tale disposizione - lo si è dianzi visto - è proprio ciò che manca.
La strada dell'analogia legis - unica che prima facie potrebbe dirsi percorribile - è poi un percorso che in diritto penale si presenta assai difficile: in disparte la tesi che lo vuole mai praticabile (finanche nei casi "in bonam partem"), è diffusa l'opinione, specie in giurisprudenza, che fuori dei casi di scusanti codificate (artt. 54 terzo comma, 55 e 384), non sia dato all'interprete individuarne di altri, costruendo per analogia una (macro)categoria che ricada sotto l'ampio e indeterminato ombrello della "inesigibilità atipica".

E infatti: "Ubi lex voluit, dixit. Ubi noluit, tacuit". Così, l'argomento c.d. "a contrario" (di cui il brocardo è una nota riformulazione) sembra precludere in radice ogni possibilità per l'interprete d'individuare, nelle ipotesi non codificate di inesigibilità, delle "lacune" legislative.
E l'assenza di lacune, si sa, costituisce un insormontabile ostacolo all'uso dello strumento analogico.

L'omesso versamento di contributi, quale fattispecie di reato, non può quindi essere apoditticamente escluso per mancanza di dolo in quanto il datore versasse in situazioni di crisi o di grave difficoltà. Tali condizioni possono semmai rilevare sotto la lente dell'inesigibilita. Ma di questa categoria si sono dianzi mostrati i limiti in punto d'applicabilità.

Ciò non toglie che per il difensore la strada da percorrere, in questi casi, è proprio questa: prospettare un'ipotesi di inesigibilità non codificata.

Ma lo si faccia con coscienza dei limiti di una simile argomentazione e, al contempo, con la consapevolezza di come essa sia, allo stato, prevalentemente esclusa dalla dominante giurisprudenza.
Rispondi

Da: .............. 29/05/2016 11:42:15
By: Anonimo salernitano
Rispondi

Da: Jkf29/05/2016 13:56:53
Bella spiegazione della inesigibilità, chiara e operativa.
Rispondi

Da: Mi raccomando29/05/2016 14:14:06
E' importante non confondere l'esclusione del dolo con l'inesigibilità della condotta conforme al precetto penale.

La seconda presuppone l'assenza della prima.
Rispondi

Da: intelligentoni29/05/2016 15:20:28
concordo con @mi raccomando
Rispondi

Da: asd29/05/2016 15:31:06
Che significa?
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Da: pops29/05/2016 15:33:25
Perche' vi sia colpevolezza, devono ricorrere dolo o colpa, imputabilita', coscienza o conoscibilita' dell'illiceita' penale, assenza di scusanti.

La categoria dell'inesigibilita' opererebbe sull'ultimo versante, trattandosi (per chi l'ammette) di una sorta di scusante atipica.

Volendo tirare le fila del discorso: posso essere in dolo senza essere colpevole in quanto la mia condotta e' "scusata" dall'ordinamento penale, reputandosi inesigibile un comportamento diverso(non violativo della norma penale)
Rispondi

Da: Mi raccomando29/05/2016 15:51:41
@ pops

Esattamente.

Permettimi di fare due precisazioni:

a) tra gli elementi costitutivi della colpevolezza rientra anche la coscienza e volontà della condotta, pretesa dall'art. 42, comma 1 c.p. per l'imputazione soggettiva del fatto all'agente;

b) è discusso se l'imputabilità sia o meno un requisito della colpevolezza.
Rispondi

Da: oggetto29/05/2016 18:27:53
Dal sito Inps si apprende che, in caso di versamento parziale, "atteso che il debito del datore di lavoro per contributi è pari alla differenza tra il saldo della denuncia mensile e l'importo effettivamente versato - dovrà essere promossa l'azione penale solamente quando l'importo versato risulti inferiore al complesso delle ritenute e trattenute a carico del lavoratore".
Se ne ricaverebbe un doppio regime, a seconda che il versamento omesso riguardi contributi a carico del datore di lavoro o quelli a carico del lavoratore (trattenuti dal datore per essere riversati come sostituto).
Sul primo tipo di omissione di contributo potrebbe, in estrema e difficoltosa ipotesi, operare la scusante atipica "mancanza di liquidità da crisi".
Sul secondo tipo di omesso versamento (di contributo effettivamente trattenuto al lavoratore e non riversato) una simile scusante si dovrebbe escludere. Perchè finirebbe per operare su una diversa e precedente condotta di sostanziale appropriazione indebita.
L'iva, considerata dagli orientamenti riferiti, è imposta che ha come unico debitore il prestatore di servizio (e non chi lo riceve).
Sembrerebbe un rapporto obbligatorio assimilabile a quello avente ad oggetto la contribuzione a carico del datore di lavoro, ma non quella trattenuta e non riversata per conto del lavoratore (in cui il debitore è diverso dal terzo che omette il versamento).
Ha senso?
Rispondi

Da: Mancate denunce uniemens29/05/2016 18:32:57
Il problema è un altro forse non mi sono spiegato.
Il datore di lavoro non è che non ha versato i contributi, non ha fatto la denuncia mensile degli stessi.
Esempio periodo paga maggio 2016, i contributi vanno versati entro il 16 giugno 2016, la DENUNCIA UNIEMENS va fatta entro il 30 giugno 2016. La puoi anche fare in ritardo, di qualche giorno e anche un mese...., solitamente l'istituto non contesta ciò, fermo restando che se il dipendente interrompe il rapporto e, avendo i requisiti, deve accedere alla indennità di disoccupazione (NASPI) avrà dei ritardi.
In questo caso la testa di cavolo del consulente del lavoro non ha inviato le denunce uniemens. Sul sito dell'inps comunque ho trovato la risposta, anche il riferimento all'articolo 331 del cpp   
Rispondi

Da: Mancate denunce uniemens29/05/2016 18:33:41
Il problema è un altro forse non mi sono spiegato.
Il datore di lavoro non è che non ha versato i contributi, non ha fatto la denuncia mensile degli stessi.
Esempio periodo paga maggio 2016, i contributi vanno versati entro il 16 giugno 2016, la DENUNCIA UNIEMENS va fatta entro il 30 giugno 2016. La puoi anche fare in ritardo, di qualche giorno e anche un mese...., solitamente l'istituto non contesta ciò, fermo restando che se il dipendente interrompe il rapporto e, avendo i requisiti, deve accedere alla indennità di disoccupazione (NASPI) avrà dei ritardi.
In questo caso la testa di cavolo del consulente del lavoro non ha inviato le denunce uniemens. Sul sito dell'inps comunque ho trovato la risposta, anche il riferimento all'articolo 331 del cpp   
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Da: Anonimo salernitano 29/05/2016 19:53:05
Io non intendevo entrare nella questione di merito. Personalmente volevo solo rilevare l'erroneità - in effetti dai più colta - del ragionamento prospettato più sopra, secondo cui: una situazione di disagio/difficoltà (in cui possa in ipotesi dirsi "inesigibile" l'osservanza delle prescrizioni penali) si traduca, nel discorso penalistico, in assenza di dolo (e per l'effetto, nell'inconfigurabilità del reato).

Questa inferenza ("se inesigibilità, allora assenza di dolo") è errata; e ciò per il semplice motivo che non risponde alle correnti ricostruzione dei presupposti della responsabilità penale, per come elaborati dalla dottrina sulla base del diritto positivo (e del codice in primis).

Al contrario, se l'interprete giunge ad interrogarsi sull'esigibilità o inesigibilità di un fatto di reato, vorrà dire che avrà positivamente riscontrato l'esistenza degli altri presupposti (o "elementi") del fatto-reato.

In particolare, in tanto ci si può interrogare sull'inesigibilità di un fatto di reato, in quanto sia dato riscontrare, nell'ordine:

1) un'azione umana penalmente rilevante (quindi "propria" di una persona fisica, in quanto cosciente e volontaria, ex art. 42 primo comma)

2) un evento dannoso o pericoloso (e quindi offensivo), che dell'azione connotata secondo i canoni del punto 1) costituisca il prodotto (o effetto o risultato) in base ai canoni di causalità postulati dagli artt. 40 e 41, che sinteticamente possono essere compendiati nella formula della "causalità efficiente" (o materiale o tout court)

3) un rapporto tra l'evento e l'azione, entrambi qualificati e identificati secondo i dettami di cui ai punti 1) e 2), che di regola si strutturi secondo il modello della "causalità finale". In altri termini, la condizione per cui l'evento offensivo debba essere "dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione", secondo la formula del dolo di cui all'art. 43. Ovvero, un'altra delle condizioni previste dall'art. 43, se la legge espressamente le richieda nelle singole disposizioni incriminatrici

A questo punto l'interprete può legittimamente interrogarsi su altre e successive condizioni che rendano il fatto tipico così ascritto ad una persona fisica (ascritto cioè secondo i canoni prima della "causalità efficiente" e poi della "causalità finale"; ovvero, secondo altro e più corrente lessico: in via "oggettiva" e poi "soggettiva"), un "reato", e dunque un fatto tipico punibile. E queste sono, nell'ordine:

4) l'assenza di circostanze che - secondo la formula di cui all'art. 59 comma 1) - "escludono la punibilità". La dottrina usa molti nomi per designare questi fatti: "scriminanti", "cause di giustificazione", "esimenti" o "elementi negativi del reato". Quale che sia il nome che si vuol dare a questa classe di fatti, indicati negli articoli 50 ss. del codice, resta fermo che la ricorrenza di uno solo di questi fatti-scriminanti può essere legittimamente indagata soltanto se si assume che, a monte, esista un fatto tipico che integri tutti i requisiti descritti ai punti 1), 2) e 3).

5) Solo arrivati a questo stadio di ricostruzione dei singoli segmenti costitutivi della responsabilità penale, viene in rilievo il problema della "inesigibilità" o "scusabilità".
Solo quindi di fronte a un fatto tipico, oggettivamente e soggettivamente ascrivibile ad una persona fisica e non scriminato, possiamo interrogarci in ordine alla sua "scusabilità".

In estrema sintesi, solo di un fatto tipico "doloso" ci si può domandare se possa o meno essere "scusato". Il "dolo", perciò, non implica affatto la "inesigibilità" o "scusabilità" di un fatto; al contrario, è la (questione sulla) inesigibilità o scusabilità dello stesso ad implicare il dolo.

Questo è l'ordine canonico (peraltro, ancora incompleto) che si deve seguire nell'accertare quella complessa serie di elementi e presupposti di una pena che vanno sotto il nome di "reato".

Solo a questi ristretti rilievi il mio intervento mirava
Rispondi

Da: pops29/05/2016 20:40:23
In merito alle due precisazioni di carattere generale:
-io direi che coscienza e volonta' della condotta, piu' che elementi costitutivi (autonomi ed ulteriori) della colpevolezza, sono presupposti necessari (con diverse sfumature) del dolo e della colpa.
-d'accordo sul fatto che in ordine all'imputabilita' vi sia dibattito, ma mi pare che la tesi maggioritaria la qualifichi come presupposto della colpevolezza
Rispondi

Da: Teorico del reato29/05/2016 21:09:05
Nella dotta ricostruzione dell'anonimo salernitano riecheggiano le concezioni di un pluricitato cons.
Rispondi

Da: @teorico29/05/2016 21:13:27
Vuol dire che ha studiato, puoi congratularti con l'interessato.
Ulteriori "citazioni" (plurime o no) sono gratuite, non richieste e in odore di segnalazione al Garante.
Rispondi

Da: CarminaBurana 29/05/2016 22:11:16
Mah… personalmente prima di scrivere che solo il fatto doloso può essere scusato, io ci penserei due volte. Dogmaticamente è corretto, nel senso che può verificarsi questa ipotesi, ma secondo me è errato dire che il dolo sia un presupposto della scusante.
Cioè, proviamo a ragionare… l'amministratore che non ha una lira, non versa i contributi non perchè "vuole" (dolo) non versarli, ma perchè non ce li ha!!
E' la stessa Cassazione ad affermare che il dolo è escluso se l'agente fornisce (cito testualmente) "la prova che non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni (compreso il ricorso al credito bancario), anche sfavorevoli per il suo patrimonio".
Insomma, il dolo presuppone rappresentazione e volizione, e in questi casi la componente volitiva mi sembra difficile da trovare.

In altre pronunce si fa ricorso alla forza maggiore, all'irresistibilità, che esclude addirittura la suitas!!

Insomma, mi sembrano questioni di lana caprina. Scusante --> causa di esclusione della colpevolezza --> non punibilità. Il fatto è tipico, antigiuridico, ma "incolpevole", non rimproverabile soggettivamente.

Molto più interessante mi sembra la questione circa la possibilità di concepire una scusante "atipica".
Interessante il commento che esprime perplessità, soprattutto per la mancanza di basi normative da cui attingere. Lancio una provocazione, uno spunto: e ammetterla sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata delle fattispecie in discorso?
Rispondi

Da: @Teorico del reato29/05/2016 23:05:00
Dixit eum.
Rispondi

Da: Anonimo salernitano 29/05/2016 23:38:05
@teorico del reato, la struttura della responsabilità che ho sopra riportato (e che prosegue ricomprendendo anche le condizioni di punibilità e di procedibilità) è tratta da un celebre (ma più all'estero che in Italia) e monumentale opera di quasi mille pagine risalente a ormai quasi 30 anni fa.

L'opera è rimasta (inspiegabilmente) ignorata da parte della quasi totalità della dottrina penalistica italiana; fatta eccezione per Tullio Padovani e Giovanni Fiandaca, che all'epoca ne riconobbero l'innovatività e vi dedicarono alcuni saggi in cui ne rilevarono inoltre la sistematicità e completezza. Salvo poi aggiungere che proprio la complessità dell'opera avrebbe probabilmente costituito un ostacolo insormontabile allo studio e financo alla lettura della stessa.

Due noti penalisti milanesi hanno poi provato, 15 anni fa, a cimentarsi con l'opera, illustrando alcune loro critiche ad alcune tesi in essa esposte.

Nel farlo, però, hanno - all'evidenza, e purtroppo per loro - omesso di leggerla integralmente. Altrimenti si sarebbero accorti che le loro critiche trovano un'esplicita smentita nell'opera, solo un centinaio di pagine prima di quelle in cui si trovano le tesi prese di mira.

Una svista che l'autore non ha mancato di far notare, in un articolo di pubblicato sei mesi dopo; e che ha condotto i due penalisti ad una figura, nel mondo accademico, decisamente pessima (e ad uno scontro diretto in un convegno di penalisti tenutosi l'anno seguente).

Credo d'aver capito la persona cui tu ti riferisci, e che non nominerò. Del pari non farò il nome dell'autore dell'opera in questione. Entrambi sono comunque nomi noti.

@CarminaBurana, vorrai perdonarmi per quel che sto per dire, ma personalmente tendo a conferire alle statuizioni delle corti, anche di legittimità (e persino nel loro massimo consesso), il peso che nel ragionamento del giurista debbono avere: argomenti che alle volte corroborano e altre indeboliscono delle tesi giuridiche; e non certo fondamenti unici ed esclusivi di queste ultime.

Premetto che si tratta di argomenti complessi (e aggiungo che dal cellulare scrivo di getto, non rivedendo quanto scritto prima, né lo scritto nel suo complesso; ciò che può evidentemente condurre a più d'un errore concettuale); tuttavia, mi sembra difficilmente contestabile che, nell'ordine di costruzione degli elementi in forza dei quali si può essere assoggettati a pena, è solo l'errore (o ignoranza) sul fatto che può escludere il dolo. La presenza di una "scusante" (intesa in senso stretto) non esclude affatto il dolo, ma per forza lo presuppone.

Un esempio varrà forse a dissipare gli equivoci: se Primus esplode un colpo di pistola verso Secundus, credendolo un animale e non un uomo, di certo non potrà dirsi che abbia voluto (e prim'ancora, che si sia rappresentato) l'effetto della sua condotta come "colpire un uomo". Egli avrà infatti "voluto" colpire "un animale" (sorvoliamo la configurabilità di un ipotesi di reato colposa in questo caso, perché non rileva ad ai nostri fini). E qui di certo possiamo dire che il "dolo" non sussiste, e che è dunque esclusa l'ascrivibiltà penale, nei termini di cui all'art. 43, dell'evento "morte di un uomo" al soggetto che ha esploso il colpo ai fini del reato di omicidio c.d. volontario (art. 575). Ma di certo non diremmo che la condotta di Primus sia "scusata". Semplicemente, del fatto commesso da Tizio non si può predicare l'ascrivibilità in termini dolosi.

Ma poniamo il caso che Primus, sotto minaccia di Tertius, sia costretto per necessità ad esplodere il colpo verso Secundus, ben conscio (magari proprio perché informato da Tertius) che l'oggetto del suo colpo è proprio un "uomo" (Secundus, per l'appunto) e non certo un animale. In questo caso, proprio perché Primus sa che il proprio bersaglio è un uomo, l'atto di esplodere il colpo è certamente qualificabile come "doloso". Ed è proprio sulla base di questo presupposto, dell'essere l'azione "dolosa", che potremo poi "scusarla", perché era in quello stato "inesigibile" una condotta osservante la proibizione penale sancita dall'art. 575 ("non uccidere volontariamente un uomo").
Mentre - e qui si dovrebbero finalmente dissipare gli equivoci - se Tertius costringe il nostro povero Primus ad esplodere il colpo verso un "animale", e poi ad esser colpito è un "uomo" (sempre il nostro povero Secundus, ormai redivivo), non diremmo certo che l'azione di Primus sia non punibile perché "scusata". Nient'affatto. Non lo è perché non "dolosa". E il fatto che non sia "dolosa" costringe l'interprete ad interrompere la sua opera di qualificazione del fatto in termime di "inesigibilità". E questo, per l'appunto, proprio perché ad esser "scusato" può esser soltanto un fatto "doloso".

Se il "dolo" manca, perché l'agente versa in "errore", allora un problema di "scusabilità" neppure verrà in rilievo.

Non so se tramite l'esempio proposto risulterà adesso più chiaro quanto ho in precedenza affermato

Rispondi

Da: Io29/05/2016 23:48:19
ma il consigliere siciliano sarebbe lo pilato?
Rispondi

Da: Non mi torna ancora30/05/2016 00:06:23
@Carmina
Non mi convince che sia tutto uguale, che sia una stessa condotta quella alla quale andrebbe applicata l'eventuale scusante atipica (ammessa forse per il caso Iva):
-l'imprenditore non ha (per ipotesi, incolpevolmente) le somme per i versamenti per contributi di sua quota parte? E' una situazione.
-l'imprenditore non ha le somme per i versamenti dei contributi già trattenuti dallo stipendio (al fine di versarli in nome e per conto del lavoratore come sostituto di imposta)?
La faccenda si complica e l'ipotesi è diversa: non ha le somme perchè non le ha accantonate come obbligato a fare? Oppure le aveva accantonate, ma poi le ha indebitamente distratte verso altre finalità, prima della scadenza del termine di adempimento contributivo?
In soldoni, quando inizia la condotta incriminata e qual è il momento consumativo?
Perchè c'è una indebita appropriazione rispetto ad una somma di competenza del lavoratore (di cui lo stesso lavoratore è anche debitore verso l'Inps, ma prima di tutto è creditore del datore di lavoro).
E questa condotta è precedente al mancato versamento contributivo. Rileva questa condotta sul piano penale?
E' stata preordinata al mancato versamento? Potrebbe essere antefactum o anche presupposto dell'omesso versamento.
Ma se il mancato accantonamento fosse stato indipendente o occasionale (non intenzionalmente preordinato), e accidentalmente si fosse realizzata una ulteriore condizione tale da provocare l'incapienza del datore e, pertanto, l'omesso (e ormai impossibile) versamento?
Il momento consumativo di questa condotta (omesso accantonamento per conto del dipendente) è certamente precedente rispetto all'omesso versamento all'INPS.
In quale momento andrebbe collocata la verifica di un fatto tipico (colpevole) e della sua "inevitabilità", "giustificabilità" ai fini della ipotizzata scusante?
Quello del mancato accantonamento (ovvero dell'appropriazione rispetto al lavoratore) o quella dell'omesso versamento successivo all'Inps?
Come spiegare la specifica sul sito INPS ("..azione penale...solo se..." il datore di lavoro abbia omesso il versamento di somme pari almeno a quelle trattenute al- e di competenza del -lavoratore), che sembra distinguere le ipotesi e riservare la rilevanza penale solo al caso di trattenuta eseguita in misura superiore a quella versata, ovvero di indebita appropriazione della differenza da parte del datore di lavoro, e non invece a quella di mero omesso versamento della quota parte di sua spettanza?

@Anonimo è un piacere leggerti (a quest'ora meglio le parti meno teorizzanti e più narrative, ma davvero dipende dall'orario): complimenti!
Rispondi

Da: Anonimo salernitano 30/05/2016 00:24:59
@non mi torna ancora, ti ringrazio davvero, ma con gli interventi di oggi temo proprio di aver sconfinato nel regno dell'autoreferenzialità, quasi ai confini dell'assillo e della scocciatura.

Ho infatti poco fa riletto i tre post scritti in giornata e devo dire che io stesso sono rimasto un po' inorridito dal tutto.

Decisamente non si può monopolizzare il forum a tal punto. Chiedo venia; la cosa non si ripeterà
Rispondi

Da: Vigile urbano 30/05/2016 05:56:10
Buongiorno parassiti! Comoda la vita, eh???  Dai che mancano solo 24 mesi al vostro primo stipendio da mot. Solo 2 anni al vostro affrancamento dai vostri genitori. Come farete poi a lavorare , aggiornarvi , e fare tutto da solo? I vi portate dietro pure mammina ? I 18 mesi di uditorato li fate ancora a casa con lei? Non avete ancora mai cambiato residenza vero???
Buona settimana di non lavoro, bamboccioni
Rispondi

Da: m .....30/05/2016 11:02:28
Totòòòòòòòòòò ....... tornaaaaaaaa, sto forum spietta a tè!!!!!
Tutti i munculoidi aspiranti magistrati ti aspettano, dai!
Rispondi

Da: Apperò.....30/05/2016 11:24:40
com'è che il livello del forum si è così innalzato ultimamente? E tutte le minchiate che ci leggevo prima dove sono finite?
Rispondi

Da: @m ....30/05/2016 11:32:21
Si sarà offeso? E' uno sensibile.
Rispondi

Da: m .....30/05/2016 12:03:42
Spero proprio di no, in caso si sia sentito offeso troveremo senz'altro una soluzione, tutti i munculoidi chiederanno scusa : )
Rispondi

Da: Mago cagone30/05/2016 12:05:14
Tutto ciò che avreste voluto sapere sulle astreintes e non avete mai osato chiedere.

https://youtu.be/zCh08vgw_Ms
Rispondi

Da: Teorico del reato30/05/2016 12:11:25
Anonimo, credo di aver capito l'Autore, ma non conosco l'opera. Conosco, invece, l'opera del citato cons. la cui ricostruzione teorica del reato mi sembra non poco rispecchiata nella tua analisi. Come pure l'assunto - in vero indiscutibile - che ogni disquisizione sull'inesigibilità della condotta lecita segua l'accertamento in ordine all'esistenza del dolo.
Mi pare di cogliere anche un'assonanza circa il ruolo del giudice nel nostro sistema. Che applica la legge, non i precedenti giurisprudenziali, talvolta addirittura fuorvianti.
Rispondi

Da: @Teorico del diritto30/05/2016 12:33:09
Non per ossequio matematico, ma il calcolo è semplice:
30 anni (data indicativa di pubblicazione opera citata) - 45 (età presunta di altro asserito teorico)= -15 (età che il secondo teorico avrebbe avuto in epoca di elaborazione e pubblicazione della riferita teoria).
Se la matematica non è un'opinione (e non lo è), il successivo si richiama ed ispira al precedente. Non viceversa.
La formulazione corretta (dal punto di vista logico e sintattico) della tua affermazione avrebbe dovuto essere:
"Conosco, invece, l'opera di un altro soggetto che nella propria ricostruzione teorica del reato mi sembra non poco rispecchiare l'opera da te riferita come fonte di riferimento della tua analisi".
Tanto vi dovevamo, per amore di precisione.
Rispondi

Da: x Anonimo30/05/2016 12:45:45
Ma sì! Ho capito di chi stai parlando!!!!!! Vediamo se ho indovinato: nel 2006 ha rifiutato la nomina a giudice costituzionale...... giusto?????? e il suo libro ha influenzato alcune riforme penali in america latina.......... C'ho azzeccato????????? Perchè credo proprio sia stato il mio prof all'uni!!!
Rispondi

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