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16 dicembre 2015 - Parere PENALE
699 messaggi, letto 84016 volte

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Da: Me16/12/2015 15:39:07
Un parere definitivo della TRACCIA 1??? Grazie
Rispondi

Da: gianantonio 16/12/2015 15:39:39
tentata estorsione AGGRAVATA ai sensi del 628 n. 1 perchè sono in due riuniti direi!
Rispondi

Da: aiutante16/12/2015 15:39:53
Scusate, quali le conclusioni per la 2^ traccia?
Rispondi

Da: alex75616/12/2015 15:42:31
chi posta soluzione completa seconda traccia???
Rispondi

Da: Ale16/12/2015 15:43:21
Dai ve la posto. L'ho finita una mezz'ora fa... spero sia buona.
Il parere proposto comporta la necessaria disamina dei reati p. e p. (previsti e puniti) dagli art. 629 c.p. e 582 c.p. Ed infatti, sebbene la vicenda in oggetto tragga origine dal reato di usura, ex art. 644 c.p., lo stesso può dirsi esclusivamente ascrivibile in capo a Tizio, così come del resto evidenziato nella recente pronuncia della II sezione della Suprema Corte del 7 marzo 2014, n. 13244, nella quale si pone l'accento sul momento consumativo del delitto di usura, statuendo in particolare sul concorso di persone nel reato da parte di chi abbia posto in essere la sola attività di riscossione del credito senza tuttavia, essere riuscito ad ottenere il pagamento da parte della persona offesa (come avviene nel caso prospettato).
Secondo gli Ermellini infatti, "il reato di usura deve essere annoverato tra i cd. delitti a "condotta frazionata"o a "consumazione prolungata" e, di conseguenza, potrà concorrere nel reato solo colui il quale, ricevuto l'incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito ad ottenerne il pagamento".
Al contrario, come nel caso de quo, la mancata riscossione del credito, comporta che il momento consumativo del reato resti quello originario della pattuizione -che si verifica ovviamente in un momento anteriore a quello della data dell'incarico affidato a Mevio e Sempronio- di fatto escludendo il concorso dei due innanzi citati, meri esattori, nel reato di cui si tratta.
Occorre a questo punto soffermarsi, così come richiesto dalla traccia, sulle posizioni di Mevio e Sempronio, per il quali, come già accennato, sono però prospettabili le ipotesi delittuose del concorso nel tentativo di estorsione e nelle lesioni personali dolose.
Quanto alla prima fattispecie, p. e p. dall'art. 629 c.p., dalla traccia emergono con tutta chiarezza, i vari elementi che compongono l'ipotesi delittuosa richiamata.  Ebbene, tali elementi sono costituiti innanzitutto dalla costrizione, attuata mediante violenza o minaccia nei confronti di taluno onde fargli tenere determinati comportamenti attivi od omissivi. Violenza  e costrizione si pongono quindi in rapporto strumentale (violenza/minaccia per costringere) ed eziologico (costrizione a causa di violenza/minaccia). Ci troviamo difatti dinanzi ad un reato complesso in senso lato costituito dalla vis e da un quid pluris che non necessariamente integra un'autonoma e distinta fattispecie di reato.
Passando poi all'evento, conseguenza della condotta, lo stesso dev'essere quadruplice: deve aversi pertanto una coazione relativa (violenza e minaccia rilevano nella misura in cui sono in grado di coartare la volontà della vittima), il necessario compimento di un atto di disposizione (un dare, un facere o non facere aventi ad oggetto qualsiasi elemento attivo del patrimonio), un danno altrui ed un ingiusto profitto.
Trattandosi di reato di evento, l'estorsione si integra solo quando tutti gli eventi vengono realizzati. E invero, nella fattispecie in esame ci troviamo di fronte ad un mero tentativo di estorsione, tenuto conto del mancato verificarsi dell'evento dannoso in capo a Caio, persona offesa.
In relazione alla seconda fattispecie che si integra in capo a Mevio e Sempronio, la stessa p. e p. dagli artt. 582 e 583 c.p., esamina la condotta di chi cagiona ad altri, volontariamente, una lesione dalla quale derivi una malattia del corpo o della mente. Il nostro codice prevede quattro tipi di lesioni personali, ma nel caso in oggetto a Caio è stata procurata una lesione lieve (per le quali il tempo di guarigione stimato si aggira tra il 21 dei 40 giorni).
Entrambi i reati sono inoltre avvinti dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p, in quanto Mevio e Sempronio hanno con più azioni violato più norme di legge al fine di portare a compimento il medesimo disegno criminoso.
In conclusione, alla luce di quanto appena esposto, appare evidente dunque l'ascrivibilità in concorso in capo a Mevio e Sempronio delle ipotesi delittuose previste e punite dagli art. 56 e 629 c.p. (per la quale è prevista la pena della reclusione da 5 a 10 anni e della multa da euro 516,00 a 2.065,00) e dagli artt. 582 e 583 c.p., per le lesioni lievi (la cui pena prevista è quella della reclusione da 3 mesi a 3 anni), avvinte dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p.

Rispondi

Da: gianantonio 16/12/2015 15:44:33
SECONDA TRACCIA: secondo me le lesioni sono aggravate dalla MINORATA DIFESA perchè lo mazzano in "aperta campagna" ex 61 n. 5, guardate c'è giurisprudenza
Rispondi

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Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 15:44:58
grazie SIMONE
Rispondi

Da: rispondete16/12/2015 15:45:11
lesioni lievi????
Rispondi

Da: Ale16/12/2015 15:46:40
sì le lesioni sono lievi (guaribili da 21 a 40 giorni).
Rispondi

Da: losparta 16/12/2015 15:46:48
RIFERIMENTI    NORMATIVI    PRIMA    TRACCIA
art.    40    cp
Nessuno    può    essere    punito    per    un    fatto    preveduto    dalla    legge    come    reato,    se   
l'evento        dannoso        o    pericoloso,    da    cui    dipende    la    esistenza    del reato,    non    è   
conseguenza    della    sua azione od omissione..
Non    impedire    un    evento,    che    si    ha    l'obbligo    giuridico    di    impedire,    equivale    a   
cagionarlo.
art.    41    cp
Il concorso    di    cause preesistenti    o    simultanee    o    sopravvenute,    anche    se   
indipendenti    dall'azione    od    omissione    del    colpevole,    non    esclude    il rapporto    di   
causalità fra    la azione od omissione e    l'evento.
Le    cause    sopravvenute    escludono    il    rapporto    di    causalità    quando    sono    state    da   
sole    sufficienti    a    determinare    l'evento.    In    tal    caso,    se    l'azione    od    omissione   
precedentemente    commessa    costituisce    per    sé    un reato,    si    applica    la pena per   
questo    stabilita.
Le    disposizioni    precedenti    si    applicano    anche    quando    la    causa    preesistente    o   
simultanea    o    sopravvenuta    consiste    nel    fatto    illecito    altrui.
Cassazione    penale     Sez.    IV    Sent.    28-07-2015,    n.    33329
L'approccio     fondato     sulla     comparazione     dei     rischi     consente     di     escludere   
l'imputazione    al     primo    agente     quando    le    lesioni     originarie     non    avevano     creato   
un    pericolo    per    la    vita,    ma    l'errore    del    medico    attiva    un    decorso    mortale    che    si   
innesta    sulle    lesioni    di    base    e    le    conduce    a    processi    nuovi    e    letali:    viene    creato    un   
pericolo    inesistente    che    si    realizza    nell'evento.    Discorso    analogo    può    esser    fatto   
quando    la    condotta    colposa    del    medico    interviene    dopo    che    il    pericolo    originario   
era     stato     debellato     da     precedenti     cure:     anche     qui     viene     prodotto     un     rischio   
mortale     nuovo. La     teoria     del     rischio     spiega     bene     l'esclusione     dell'imputazione   
del     fatto     nel     caso     dell'emotrasfusione     sbagliata:     vi     è     una     tragica   
incommensurabilità     tra     la     situazione     non     grave     di     pericolo     determinata   
dall'incidente,     che     aveva     comportato     la     rottura     del     femore,     e     l'esito     mortale   
determinato    dal    macroscopico    errore    nell'individuazione    del    gruppo    sanguigno.


RIFERIMENTI NORMATIVI II TRACCIA
art.    644    cp
Chiunque,    fuori    dei    casi    previsti    dall'articolo    643,    si    fa    dare    o    promettere,    sotto   
qualsiasi    forma,    per    sé    o    per    altri,    in    corrispettivo    di    una    prestazione    di    denaro    o   
di    altra    utilità,    interessi    o    altri    vantaggi    usurari,    è    punito    con    la    reclusione    da    due   
a    dieci    anni    e    con    la    multa    da    euro    5.000    a    euro    30.000    (2).
Alla    stessa    pena    soggiace    chi,    fuori    del    caso    di    concorso    nel    delitto    previsto    dal   
primo    comma,    procura    a    taluno    una    somma    di    denaro    od    altra    utilità    facendo   
dare    o    promettere,    a    sé    o    ad    altri,    per la    mediazione,    un    compenso    usurario.
Art.    629    cp
Chiunque,    mediante    violenza    o    minaccia,    costringendo    taluno    a    fare    o    ad   
omettere    qualche    cosa,    procura    a    sé    o    ad    altri    un    ingiusto    profitto    con    altrui   
danno,    è    punito    con    la    reclusione    da    cinque    a    dieci    anni    e    con    la    multa    da    euro   
1.000    a    euro    4.000.
La    pena    è    della    reclusione    da    sei    a    venti    anni    e    della    multa    da    euro    5.000    a    euro   
15.000,    se    concorre    taluna    delle    circostanze    indicate    nell'ultimo    capoverso   
dell'articolo    precedente.
582.    Lesione    personale.
Chiunque    cagiona    ad    alcuno    una    lesione    personale     dalla    quale    deriva    una   
malattia    nel    corpo    o    nella    mente,    è    punito    con    la    reclusione    da    tre    mesi    a    tre   
anni.
Se    la    malattia    ha    una    durata    non    superiore    ai    venti    giorni    e    non    concorre    alcuna   
delle    circostanze    aggravanti    previste    negli    articoli    583    e    585,    ad    eccezione    di   
quelle    indicate    nel    numero    1    e    nell'ultima    parte    dell'articolo    577,    il    delitto    è   
punibile    a    querela    della    persona    offesa
Cassazione    Penale,    Sez.    II,    21    marzo    2014    (ud.    7    marzo    2014),    n.    13244
Il    reato    di    usura    è    annoverabile    tra    i    cd.    delitti    a    "condotta    frazionata"    o    a   
"consumazione    prolungata"    e,    dunque,    può    concorrere    nel    reato    solo    colui    il   
quale,    ricevuto    l'incarico    di    recuperare    il    credito    usurario,    sia    riuscito    a   
ottenerne    il    pagamento.
Rispondi

Da: rispondete16/12/2015 15:49:33
grazie... lesioni lievi
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 15:51:16
Ragazzi napoli consegnano alle 18 giusto?
Finiscon prima per la partita?
Rispondi

Da: Lecce16/12/2015 15:52:03
X Berne....proprio perché ho letto il cod penale e altro
"Il delitto di lesioni colpose, per effetto dell'art. 92 della legge 24 novembre 1981 n. 689, è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale. Di conseguenza, in mancanza di querela, non può essere iniziata l'azione penale per lesioni colpose conseguenti ad incidente stradale, neppure nel caso in cui si proceda d'ufficio per il delitto di omicidio colposo, in danno di altra parte offesa, seguito allo stesso incidente.

Sent. n. 14199 del 26-10-1990 (cc. del 25-05-1990)

e ancora

In tema di reato di lesioni personali colpose, la deroga alla regola generale della procedibilità a querela di parte, con conseguente procedibilità d'ufficio, riguarda esclusivamente i fatti di lesioni colpose gravi e gravissime, e solo se si tratta di fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale: ne deriva che solo per le lesioni cagionate con violazione delle norme sulla circolazione stradale è sempre richiesta ai fini della procedibilità, a prescindere dall'entità delle lesioni, la querela.

Rispondi

Da: Sara16/12/2015 15:52:55
c'è il concorso di colpa tra Mevio e Sempronio?
X tutti e due è omicidio colposo?
Oppure Sempronio la spunta con lesioni colpose....
Rispondi

Da: Lecce16/12/2015 15:53:15
tu Berne cosa leggi solo Topolino????
Rispondi

Da: cristina abale16/12/2015 15:54:30
anche io condivido la tua opinione, l'avevo scritto due ore fa sul forum ma non avevo ricevuto risposte,
Rispondi

Da: Sara vi prego AIUTATEMIIIIII16/12/2015 15:55:30
c'è il concorso di colpa tra Mevio e Sempronio?
X tutti e due è omicidio colposo?
Oppure Sempronio la spunta con lesioni colpose....
Rispondi

Da: Professo Kranz16/12/2015 15:57:54
ma sei tesa saraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa????

certo che che c'è il concorso di colpa!
Rispondi

Da: aiutiamoMaNonSo16/12/2015 15:58:04
PRIMA TRACCIA
SOLUZIONE DA GIURDA....


Ecco una possibile e veloce soluzione alla 1° traccia (Qui il testo) proposta dalla nostra redazione. Per i riferimenti normativi clicca qui.

Vi ricordiamo che durante gli esami non è consentito l'uso di apparecchi elettronici e quindi non è possibile collegarsi ad internet. Le nostre soluzioni potranno essere visualizzate al termine delle prove.  La redazione degli articoli con i riferimenti normativi e le soluzioni è finalizzata all'esercitazione e rientra nell'attività scientifica della rivista.

***

La questione sottoposta alla nostra attenzione riguarda l'accertamento della posizione di responsabilità di Tizio, conducente di un autoveicolo che ha provocato, a causa dell'eccessiva velocità, un incidente stradale nel quale Caio, suo passeggero, ha riportato delle lesioni. A seguito di queste è stato ricoverato in ospedale, ha subito un intervento chirurgico e delle trasfusioni , non privi di errori medici, a seguito dei quali è deceduto.

Non è possibile prescindere dall'analisi delle posizioni di responsabilità dei medici Mevio e Sempronio ai fini di definire la posizione di Tizio.

Le posizioni di Sempronio e Mevio possono essere ricostruite secondo due diverse impostazioni: da un lato, possono essere considerati membri di un'equipe medica, e dunque il loro rapporto può essere ricostruito secondo lo schema capo equipe - sottoposto; dall'altro, le loro posizioni possono essere considerate del tutto autonome, dal momento che non è ancora stato accertato il tipo di rapporto che intercorre tra i due sanitari.

Se si analizza la questione secondo la prima impostazione, risulta necessario specificare in cosa consista il lavoro d'equipe e cosa comporti, in termini di responsabilità penale, tale rapporto.

In relazione a ciò, la sentenza Cass. Pen. 33329/2015 ha affermato che il lavoro in equipe è caratterizzato dalla cooperazione di diversi soggetti, coordinati dal capo-equipe, che non può disinteressarsi del lavoro degli altri terapeuti, seppure competenti in altra materia. Il capo-equipe è titolare di una posizione di garanzia verso il paziente, che gli impone di dirigere e coordinare l'attività degli altri medici, eventualmente ponendo rimedio ad errori altrui evidenti o rientranti nella sua sfera di competenza. Tale posizione di garanzia si estende, quindi, ad un a sfera di conoscenza che non sia settoriale, bensì rientri nel comune sapere scientifico del professionista medico, o in una sfera di conoscenze interdisciplinari; di conseguenza, laddove l'errore del terapeuta componente l'equipe sia banale o di competenza, anche, del capo, quest'ultimo ha il dovere di vigilare e dirigere l'azione, avvalendosi della sua autorità.

Ciò premesso, nel caso considerato, nonostante l'azione del sottoposto Mevio sia direttamente causativa della morte di Caio, si deve ritenere che la responsabilità per la morte di Caio ricada anche su Sempronio, quale capo dell'equipe e responsabile di vigilare sull'azione di Mevio, che non è espressione di una competenza settoriale, bensì rientra nel sapere comune di ogni accorto terapeuta . Sia nei confronti di Sempronio che di Mevio è ipotizzabile, quindi, un'imputazione per omicidio colposo ex art. 589 c.p, per avere cagionato la morte di una persona con colpa, e quindi, secondo la definizione dell'art 43 c.p. "a causa di negligenza o imprudenza o imperizia".

La posizione di Sempronio potrebbe configurarsi diversamente dalla soluzione sopra proposta se fosse accertato che i due medici non sono in rapporto di equipe, cosi come descritto dalla sent. 33329/2015.

Infatti secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza della Cassazione n. 7346/2014, la condotta dei due medici Sempronio e Mevio potrebbe configurarsi come intervento sanitario concorrente non omologabile, per il quale la Suprema Corte prevede che non si possa trattare di una responsabilità di gruppo dei sanitari, e che anzi le loro condotte devono essere analizzate separatamente e il nesso causale deve essere accertato in capo a ciascuna delle condotte dei due medici, non potendosi configurare una responsabilità di équipe in via aprioristica solo perché i medici lavorano insieme.

Accogliendo questa soluzione, la posizione di Sempronio, in seguito all'accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento e dell'elemento della colpa ex art. 43 c.p. si configura come reato di lesioni personali colpose gravissime ex art. 582, 583 e 590 c.p., per il fatto di avere, nell'espletamento della propria attività professionale, disatteso i principi di prudenza, diligenza e perizia, che hanno causato all'offeso le lesioni gravissime.

La intervenuta condotta di Mevio, negligente ed imperita ha invece causato la morte di Caio: la sua azione infatti, è da sola idonea a cagionare l'evento morte, ed è interruttiva del nesso di causalità tra la condotta di Sempronio e l'evento secondo quanto previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.. Mevio è responsabile della morte del paziente a causa di una trasfusione di sangue del gruppo diverso da quello dell'offeso; si configura, pertanto a suo carico il reato di omicidio colposo, ai sensi dell'art. 589 c.p. Inoltre il giudice in sede di commisurazione della pena potrebbe avvalersi del disposto dell'art. 133 c.p. laddove prevede che il giudice, nell'esercizio discrezionale del potere di applicazione della pena deve tenere conto della gravità del reato desunta dal grado della colpa cosi come previsto dal comma 1 n. 3.

Passando a considerare la posizione del nostro assistito Tizio, occorre considerare il disposto dell'art. 41 comma 2 c.p., che prevede l'interruzione del nesso di causalità laddove le cause sopravvenute siano state da sole sufficienti a determinare l'evento. Nel caso di specie, la condotta di Tizio non può essere causa dell'evento morte: da un lato le lesioni provocate dall'incidente non sono tali da lasciare presagire la successiva morte dell'offeso, dall'altro la condotta di Tizio, conformemente all'orientamento della Suprema Corte,sent. n. 33329/2015, si configura non come fattore causale ma come semplice occasione dell'evento letale, dal momento che sono successivamente intervenuti eventi interruttivi del nesso di causalità, da soli sufficienti a provocare la morte di Caio. La condotta di Tizio integra invece la fattispecie di lesioni personali colpose (art. 582 c.p.), quali la frattura del bacino e del femore, aggravate dall'aver posto in essere una condotta colposa in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale( art. 590 terzo comma c.p.).

Rispondi

Da: Sara vi prego AIUTATEMIIIIII16/12/2015 16:03:36
Professo Kranz si sono tesaaaa mi spiegheresti perchè pensi che ci sia per favore???
Rispondi

Da: Perett16/12/2015 16:10:10
A Roma a che ora consegnano?
Rispondi

Da: Abc 16/12/2015 16:10:30
L'ora di consegna a Roma... Per favore!!!
Rispondi

Da: goldenbrunnen8916/12/2015 16:20:19
finalmente è ARRIVATA la soluzione a penale!!!! non ci speravo quasi più!!!!
Rispondi

Da: Gipsd16/12/2015 16:25:41
dove??
Rispondi

Da: kopulos 16/12/2015 16:26:17
seconda traccia
Dall'esame della traccia, è possibile evidenziare una serie di fattispecie di reato contestabili a Tizio da una parte e Mevio e Sempronio, dall'altra.
In particolare, la condotta posta in essere da Tizio, consistendo nel farsi promettere  - a fronte del prestito di una somma di denaro - quale corrispettivo la restituzione della stessa somma di denaro e di interessi usurari integra, senza dubbio, il reato di usura ex art. 644 c.p, reato che il nostro legislatore colloca fra i delitti contro il patrimonio mediante frode.
La citata norma prevede che: "Chiunque….si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000". L'usura si configura in presenza di uno scambio di prestazioni alternative tipicamente realizzato mediante la conclusione di un contratto sinallagmatico in cui il soggetto attivo del reato presta denaro o altra utilità facendosi dare o promettere a titolo di corrispettivo, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, interessi o altri vantaggi usurari.
La norma precisa che alla stessa pena soggiace chi opera in funzione di mediatore, circostanza che occorre sicuramente escludere nel caso che ci occupa
Occorre, invece, soffermarsi sull'effettiva condotta posta in essere dai nostri assistiti Mevio e Sempronio, al fine di individuare la corretta linea difensiva da adottare nei loro confronti.
Bisogna, cioè, interrogarsi sui possibili profili di responsabilità penale di colui o coloro che, pur non avendo partecipato alla determinazione contrattuale di interessi usurari, esegua in un momento successivo l'incarico di recuperare crediti usurari. Orbene, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, partendo dal presupposto che il reato di usura debba essere annoverato tra i delitti a condotta frazionata o a consumazione prolungata, concorre nel reato previsto dall'articolo 644 c.p. solo colui il quale, ricevuto l'incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito a ottenerne il pagamento.
Più precisamente, è da escludere il concorso nel reato di cui all'art. 644 c.p. da parte di chi, come Mevio e Sempronio, non sia riuscito a riscuotere il credito usurario; ed infatti - come evidenziato da plurime sentenze della Suprema Corte ( fra le varie, si veda, Sez. V, 24.06.2014 n. 42849), "Risponde del delitto di concorso in usura - reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata -, il soggetto che, in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l'incarico di recuperare il credito, riesce ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l'incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che in tali casi il momento consumativo dell'usura rimane quello originario della pattuizione." (Così anche Cassazione Penale, Sez. II, 21 marzo 2014 (ud. 7 marzo 2014), n. 13244 Presidente Petti, Relatore Gallo, P.G. Galasso
il concorso di persone nel reato non riguarderebbe chi abbia posto in essere la sola attività di "riscossione" del credito senza essere riuscito, tuttavia, ad ottenere il pagamento da parte della persona offesa.
Come anticipato innanzi, il fatto che reato di usura sia annoverato tra i cd. delitti a "condotta frazionata" o a "consumazione prolungata" comporta, di conseguenza, che possa concorrere nel reato solo colui il quale, ricevuto l'incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito a ottenerne il pagamento.
Al contrario, in caso di mancata riscossione del credito, il momento consumativo del reato rimarrà quello originario della pattuizione - anteriore alla data dell'incarico - di guisa che il reato sarebbe stato posto in essere dal solo Tizio (il quale ha - per l'appunto - concordato interessi usurari), con esclusione di concorso nel reato da parte di Mevio e Sempronio, che non sono riusciti nella materiale riscossione del credito usurario. La mancata riscossione determina, infatti, secondo la giurisprudenza quasi monolitica della Corte di Cassazione  il venir meno di quell'approfondimento dell'offesa tipica che nel primo caso giustifica lo spostamento in avanti del momento consumativo e, di conseguenza, gli atti posti in essere dal soggetto agente, nel nostro caso (Mevio e Sempronio) potranno integrare il reato di favoreggiamento personale o, nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, la tentata estorsione.
Come appena chiarito, la citata sentenza della S.C. ha evidenziato, quindi, che Mevio e Sempronio non rispondono a titolo di concorso in usura, ma rispondono, invece, del reato di tentata estorsione; ciò in quanto la condotta di Mevio e Sempronio risulta caratterizzata dai due requisiti richiesti dall'art. 56 c.p. : idoneità ed univocità degli atti a commettere il delitto; non essendosi, però, verificato l'evento inteso come recupero della somma di denaro, Mevio e Sempronio rispondono solo di tentata estorsione.
Occorre, poi, esaminare la condotta successiva posta in essere da Mevio e Sempronio consistente nel costringere Caio a salire su un'autovettura a bordo della quale viene condotto in aperta campagna. Appare evidente che ricorrono tutti gli elementi strutturali del reato p- e p- dall'art. 605 c.p.: sequestro di persona.
Tale reato si configura allorquando ci si trova di fronte alla privazione della libertà a danno del soggetto passivo nel caso di specie, Mevio e Sempronio "costringono" Caio a salire sulla loro autovettura per essere condotto in campagna.
Si realizza, quindi, la privazione della libertà di Caio   intesa come sua libertà spaziale.
Già la dottrina - nel caso, Antolisei - evidenzia che il concetto di libertà personale tutelato dall'art. 605 c.p. sia da interpretarsi quale libertà di locomozione quale libertà fisico motoria di muoversi nello spazio. Diversamente, ove si facesse riferimento ad un concetto di libertà morale del soggetto passivo, ci si troverebbe - e non è questo il caso, si ribadisce - di fronte al reato di cui all'art. 610 c.p.
Tale differenziazione tra costrizione morale o fisica - tra le molte - è ravvisabile nella recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sez. V, n. 44548, 08.05.2015.
Ancora, sull'esame della condotta di Mevio e Sempronio, rileva quanto da loro posto in essere successivamente e cioè le lesioni cagionate a Caio in seguito al pestaggio.
Ci si trova, quindi, di fronte al reato di cui all'art. 582 c.p. ossia "lesioni personali" che si realizza allorquando si cagionino lesioni intese quali - come nel caso di specie - malattia nel corpo.
Dovendo, altresì, assumere le vesti del legale di Mevio e Sempronio, proprio in un'ottica difensiva, è da porre particolare attenzione a quanto dettagliato nel testo della traccia proposta.
In particolare, la circostanza che Caio, in seguito al pestaggio abbia subito lesioni giudicate guaribili in 40 giorni esclude la configurabilità dell'aggravante indicata dal successivo art. 583 c.p. che prevede, appunto, il superamento di prognosi di 40 giorni quale "limite" per la contestazione della citata aggravante.
Pertanto, la stessa, sarà contestabile solo allorquando ci dovesse essere un superamento del limite temporale dei citati "40 giorni" e tanto rileva ai fini della concreta applicazione della pena. 
Occorre, infine, esaminare la sussistenza del reato continuato nel caso di specie.
La fattispecie della continuazione ricorre quando una medesima persona compie, con più azioni od omissioni, una pluralità di violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, anche in tempi diversi, in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
E'evidente che, nel caso che ci occupa, la ricostruzione fattuale delle azioni poste in essere da Mevio e da Sempronio è avvenuta "in esecuzione del medesimo disegno criminoso".
Per il reato continuato è prevista l'applicazione del cumulo giuridico, nel senso che è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi - come nel caso che ci occupa - "con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge" (articolo 81 c.p.).
In conclusione, quindi, Mevio e Sempronio, in seguito alle loro condotte, risponderanno dei reati p. e p. dagli artt. 110, 56, 629 c.p. (concorso in tentata estorsione), 605 c.p. (sequestro di persona), 582 c.p. (lesioni personali) con esclusione, quindi, di un loro coinvolgimento a titolo di concorso nel reato di usura ex art. 644 c.p.

Rispondi

Da: I traccia16/12/2015 16:26:43
La questione sottoposta alla nostra attenzione riguarda l'accertamento della posizione di responsabilità di Tizio, conducente di un autoveicolo che ha provocato, a causa dell'eccessiva velocità, un incidente stradale nel quale Caio, suo passeggero, ha riportato delle lesioni. A seguito di queste è stato ricoverato in ospedale, ha subito un intervento chirurgico e delle trasfusioni , non privi di errori medici, a seguito dei quali è deceduto.

Non è possibile prescindere dall'analisi delle posizioni di responsabilità dei medici Mevio e Sempronio ai fini di definire la posizione di Tizio.

Le posizioni di Sempronio e Mevio possono essere ricostruite secondo due diverse impostazioni: da un lato, possono essere considerati membri di un'equipe medica, e dunque il loro rapporto può essere ricostruito secondo lo schema capo equipe - sottoposto; dall'altro, le loro posizioni possono essere considerate del tutto autonome, dal momento che non è ancora stato accertato il tipo di rapporto che intercorre tra i due sanitari.

Se si analizza la questione secondo la prima impostazione, risulta necessario specificare in cosa consista il lavoro d'equipe e cosa comporti, in termini di responsabilità penale, tale rapporto.

In relazione a ciò, la sentenza Cass. Pen. 33329/2015 ha affermato che il lavoro in equipe è caratterizzato dalla cooperazione di diversi soggetti, coordinati dal capo-equipe, che non può disinteressarsi del lavoro degli altri terapeuti, seppure competenti in altra materia. Il capo-equipe è titolare di una posizione di garanzia verso il paziente, che gli impone di dirigere e coordinare l'attività degli altri medici, eventualmente ponendo rimedio ad errori altrui evidenti o rientranti nella sua sfera di competenza. Tale posizione di garanzia si estende, quindi, ad un a sfera di conoscenza che non sia settoriale, bensì rientri nel comune sapere scientifico del professionista medico, o in una sfera di conoscenze interdisciplinari; di conseguenza, laddove l'errore del terapeuta componente l'equipe sia banale o di competenza, anche, del capo, quest'ultimo ha il dovere di vigilare e dirigere l'azione, avvalendosi della sua autorità.

Ciò premesso, nel caso considerato, nonostante l'azione del sottoposto Mevio sia direttamente causativa della morte di Caio, si deve ritenere che la responsabilità per la morte di Caio ricada anche su Sempronio, quale capo dell'equipe e responsabile di vigilare sull'azione di Mevio, che non è espressione di una competenza settoriale, bensì rientra nel sapere comune di ogni accorto terapeuta . Sia nei confronti di Sempronio che di Mevio è ipotizzabile, quindi, un'imputazione per omicidio colposo ex art. 589 c.p, per avere cagionato la morte di una persona con colpa, e quindi, secondo la definizione dell'art 43 c.p. "a causa di negligenza o imprudenza o imperizia".

La posizione di Sempronio potrebbe configurarsi diversamente dalla soluzione sopra proposta se fosse accertato che i due medici non sono in rapporto di equipe, cosi come descritto dalla sent. 33329/2015.

Infatti secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza della Cassazione n. 7346/2014, la condotta dei due medici Sempronio e Mevio potrebbe configurarsi come intervento sanitario concorrente non omologabile, per il quale la Suprema Corte prevede che non si possa trattare di una responsabilità di gruppo dei sanitari, e che anzi le loro condotte devono essere analizzate separatamente e il nesso causale deve essere accertato in capo a ciascuna delle condotte dei due medici, non potendosi configurare una responsabilità di équipe in via aprioristica solo perché i medici lavorano insieme.

Accogliendo questa soluzione, la posizione di Sempronio, in seguito all'accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento e dell'elemento della colpa ex art. 43 c.p. si configura come reato di lesioni personali colpose gravissime ex art. 582, 583 e 590 c.p., per il fatto di avere, nell'espletamento della propria attività professionale, disatteso i principi di prudenza, diligenza e perizia, che hanno causato all'offeso le lesioni gravissime.

La intervenuta condotta di Mevio, negligente ed imperita ha invece causato la morte di Caio: la sua azione infatti, è da sola idonea a cagionare l'evento morte, ed è interruttiva del nesso di causalità tra la condotta di Sempronio e l'evento secondo quanto previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.. Mevio è responsabile della morte del paziente a causa di una trasfusione di sangue del gruppo diverso da quello dell'offeso; si configura, pertanto a suo carico il reato di omicidio colposo, ai sensi dell'art. 589 c.p. Inoltre il giudice in sede di commisurazione della pena potrebbe avvalersi del disposto dell'art. 133 c.p. laddove prevede che il giudice, nell'esercizio discrezionale del potere di applicazione della pena deve tenere conto della gravità del reato desunta dal grado della colpa cosi come previsto dal comma 1 n. 3.

Passando a considerare la posizione del nostro assistito Tizio, occorre considerare il disposto dell'art. 41 comma 2 c.p., che prevede l'interruzione del nesso di causalità laddove le cause sopravvenute siano state da sole sufficienti a determinare l'evento. Nel caso di specie, la condotta di Tizio non può essere causa dell'evento morte: da un lato le lesioni provocate dall'incidente non sono tali da lasciare presagire la successiva morte dell'offeso, dall'altro la condotta di Tizio, conformemente all'orientamento della Suprema Corte,sent. n. 33329/2015, si configura non come fattore causale ma come semplice occasione dell'evento letale, dal momento che sono successivamente intervenuti eventi interruttivi del nesso di causalità, da soli sufficienti a provocare la morte di Caio. La condotta di Tizio integra invece la fattispecie di lesioni personali colpose (art. 582 c.p.), quali la frattura del bacino e del femore, aggravate dall'aver posto in essere una condotta colposa in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale( art. 590 terzo comma c.p.).
Rispondi

Da: xxxxxxxxxxxxx16/12/2015 16:29:19
Scusate sapete dirmi a che ora consegnano a Messina?
Rispondi

Da: A messina16/12/2015 16:41:15
a Messina dovrebbero consegnare per le 18
Rispondi

Da: Buona Fortuna16/12/2015 16:49:36
Per una approfondita analisi del parere richiesto occorre individuare preliminarmente le fattispecie penali rilevanti imputabili ai soggetti Mevio e Sempronio.

In particolare la condotta in questione coinvolge più fattispecie di reato penalmente perseguibili.

Un primo aspetto penale concernente l'incarico di riscuotere consapevolmente un credito di natura usuraria, richiede una preliminare analisi della fattispecie del delitto di usura, in combinato disposto con l'articolo 110 c.p., disciplinante il concorso di persone nel reato. Ai sensi dell'articolo 644, comma 1, del c.p., si configura il reato di usura qualora un soggetto "…si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sè o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o anche vantaggi usurari". Occorre individuare il momento consumativo del suddetto reato. La giurisprudenza precedente alla riforma del 1996 attribuiva all'usura natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti. Il successivo orientamento giurisprudenziale post riforma ha rovesciato questa impostazione affermando che "in tema di usura, qualora alla promessa segua […] la dazione effettiva degli interessi convenuti, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna,[…], il momento consumativo sostanziale del reato…" (cass. Pen. Sez.II, n. 41045/2005). La stessa Corte ha successivamente specificato che "risponde del delitto di concorso in usura il soggetto che in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l'incarico di recuperare il credito riesce ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l'incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che in tali casi il momento consumativo dell'usura rimane quello originario della pattuizione." (Cass. Pen. Sez. V, n. 42849/2014). Da tale pronuncia può ragionevolmente escludersi la configurabilità del reato di concorso in usura, venendo piuttosto ad integrarsi una fattispecie penale di concorso di persone in tentata estorsione ai sensi del combinato disposto degli artt. 110, 56 e 629, comma 1 c.p. Infatti, si può ritenere consumato il reato di estorsione solo qualora sia presente, tra gli altri, anche l'elemento oggettivo dell'ottenimento dell'ingiusto profitto con l'altrui danno, non ricorrente nel caso di specie, dato il mancato pagamento della somma pretesa. Si aggiunga che le minacce susseguitesi nel tempo risultano assorbite all'interno della fattispecie estorsiva, la quale prevede la pena della reclusione da cinque a dieci anni e la multa da euro 1.000 a euro 4.000.

Sotto un secondo profilo la condotta riguardante la costrizione ai danni di Caio di salire a bordo di un'autovettura per essere rilasciato in aperta campagna potrebbe integrare il reato di concorso in sequestro di persona, disciplinato dall'articolo 605, comma 1, c.p. In particolare la giurisprudenza ha analizzato il requisito temporale della privazione della libertà personale. La Suprema Corte di Cassazione ha sancito che la configurabilità di tale reato prescinde dalla durata dello stato di privazione della libertà, che può esser limitato anche ad un tempo breve (Sent. Cass. Pen 26 maggio 2014, n. 21314).

Sotto un terzo profilo, le lesioni riportate dal Caio a causa dei colpi ricevuti integrano l'ipotesi di reato disciplinata dall'articolo 582, comma 1 del c.p. ai sensi del quale "chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni". Si aggiunga che la prognosi di giorni 40 esclude l'applicazione delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 583, comma 1 c.p.

In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, la condotta descritta preliminarmente appare ascrivibile alle diverse ipotesi di reato previste e punite dagli art. 56 e 629 c.p., dagli artt. 582, e 605, comma 1 c.p. unite dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p. ai sensi del quale "è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge".
Rispondi

Da: Karen10 16/12/2015 16:50:11
Scusate sapete a che ora è prevista la consegna a Roma? Grazie mille
Rispondi

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