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12 dicembre 2018 - Parere PENALE
249 messaggi, letto 39985 volte

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Da: Polemica 2  - 12/12/2018 15:54:12
Salvo Errori : Finalmente qualcuno con un po' di intelletto e che è capace di capire il succo dei discorsi. Veramente bravo!
È normale che chi può o è in uno stato di necessità faccia di tutto per trovare una soluzione, è umano e chi dice il contrario certamente è poco credibile.
Il punto fondamentale sta: se io posso guardare il cellulare la colpa di chi è mia o di un aula non schermata che mi permette di usarlo?
Riflettiamoci prima di sputare veleno
Rispondi

Da: ICIUCIU 1  - 12/12/2018 15:55:48
hai detto bene:i concorsi pubblici sono una cosa e l'esame di abilitazione alla professione altra. la prima ti garantisce e da'diritto ad avere un posto di lavoro e come tale ha l'urgenza di avere un sistema ferreo e stringente nei controlli,il secondo non ti da' diritto a nulla.sarà la professione a sbattere fuori chi non è in grado -anche e  non soltanto- perchè non ha le competenze necessarie. Quindi di cosa parliamo?se anche lo passassero tutti i candidati quale sarebbe il problema?bah...
Rispondi

Da: mario1212/12/2018 15:59:28
A che ora consegnano a Roma?
Rispondi

Da: .................. 12/12/2018 16:00:41
Eh bhe, giustamente essendo un esame di abilitazione tutti sono autorizzati a fottere il prossimo. Ottimo. Ricordatevi che la disonestà non paga, MAI
Rispondi

Da: Salvo Errori12/12/2018 16:03:06
@ICIUCIU ok, hai ragione... ma allora viene meno completamente il senso stesso di questo esame di abilitazione, no? Che lo facciamo a fare??? Io, da cittadino e consumatore mi sento più tutelato sapendo che l'abilitazione sia una cosa seria: se non conosco nessun avvocato e quindi mi rivolgo al primo che trovo, penso sia meglio sapere che quello a cui mi sono rivolto è uno che il lavoro dell'avvocato lo sa fare per davvero e non uno che è bravo magari solo a pubblicizzarsi, no?
Rispondi

Da: beh 1  - 12/12/2018 16:04:05
@salvo errori: "è più che normale che a chi è concesso di barare lo faccia" quindi chi ha la possibilità e non lo fa è stronzo, giusto? Poi cosa vorrebbe dire che è "concesso di barare"? in un esame del genere non è concesso
Rispondi

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Da: CIRCE 2018 1  - 12/12/2018 16:08:38
Appare opportuno, preliminarmente, procedere ad una disamina dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di procreazione medicalmente assistita analizzando i profili di legittimità costituzionale in ordine alla fecondazione eterologa, soffermandosi, altresì, sull'ammissibilità in Italia della maternità surrogata (cd. utero in affitto).

La legge del 19 febbraio 2004, n. 40 ha, per la prima volta, regolamentato la procreazione medicalmente assistita, prevedendo la possibilità di ricorrervi "qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilita" (art.4).

In particolare, inizialmente, in un contesto culturale foriero di etiche contrapposte, si è previsto un modello normativo caratterizzato da molteplici divieti, che consentiva il ricorso alla fecondazione omologa, intesa come intervento medico strumentale alla realizzazione del diritto individuale alla salute, vietando, viceversa, l'accesso alla fecondazione eterologa.

Dunque, in Italia, così come in tutti i paesi ove non si è legiferato in materia o la legislazione era rigida e minimale, l'intervento giurisprudenziale ha assunto un ruolo fondamentale ai fini del superamento dei tanti paletti previsti dalla normativa.

Invero, decisiva è stata la pronuncia della Corte costituzionale del 10 giugno 2014, n. 162 che ha dichiarato l'incostituzionalità della L. 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui vietava la fecondazione artificiale cd. eterologa. Dunque, a seguito di tale intervento costituzionale, nel nostro ordinamento non è fatto più divieto di fare ricorso all'ovodonazione ai fini della inseminazione in vitro, rendendo così possibile, anche in Italia, alla donna sterile di avere una gravidanza tramite donazione di ovocita di altra donna, fecondato con lo spermatozoo del proprio marito o partner.

A tale proposito, nel dichiarare l'incostituzionalità del divieto di procreazione medicalmente assistita eterologa per difetto di ragionevolezza, la Corte costituzionale ha rilevato come la Costituzione non presupponga una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli e come, nondimeno, il progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, "anche indipendentemente dal dato genetico", sia favorevolmente considerata dall'ordinamento giuridico, in applicazione di principi costituzionali, come dimostra la regolamentazione dell'istituto dell'adozione. Il Giudice delle leggi ha dunque evidenziato che il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa.

Tale pronuncia, era stata preceduta da un ulteriore arresto della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 151 del 2009 aveva già esteso l'ambito applicativo della disciplina in materia di procreazione medicalmente assistita.

Per contro, nel nostro ordinamento continua invece ad essere non consentita, con un divieto rafforzato da sanzione penale, la c.d. surrogazione di maternità (c.d. utero in affitto), così come previsto dall'art. 12 al comma 6 della l.40 del 2004.

Sul punto, la prima sezione della Cassazione si pronunciò con la sentenza 24001/2014, ribadendo le motivazioni di tale divieto espresso dalla legge e precisando che l'inadeguatezza ad essere genitori adottivi, non può superarsi con un accordo privato.

Invero, secondo la Suprema Corte, va osservato che l'ordinamento italiano per il quale madre è colei che partorisce (articolo 269, terzo comma Codice civile) contiene all'articolo 12 della legge sulla procreazione medicalmente assistita un espresso divieto, rafforzato da una sanzione penale, della surrogazione di maternità, cioè della pratica secondo cui una donna si presta ad avere una gravidanza e a partorire un figlio per un'altra donna.

Tale divieto non è stato colpito dalla declaratoria d'illegittimità costituzionale parziale, dell'analogo divieto di fecondazione eterologa.

Infine, la Cassazione ha sottolineato, con uno dei passaggi più rilevanti dell'intera sentenza, che l'esistenza dell'istituto dell'adozione e delle norme regolatrici di questa, siano in contrasto totale con l'ipotesi di una maternità surrogata perché soltanto a tale istituto, governato da regole particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori e non al mero accordo delle parti, l'ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità, priva di legami biologici con il nato.

Tuttavia, non tutti gli Stati vietano il ricorso alla maternità surrogata. Invero, tale pratica è lecita e largamente diffusa in altri Paesi europei ed extraeuropei.

A prescindere dai delicati interrogativi di ordine etico posti dal ricorso alla procedura di fecondazione artificiale eterologa, la circostanza che tale procedimento sia vietato dalla normativa italiana, ma ammesso in altri ordinamenti è foriera di diverse problematiche di ordine giuridico, in ambito amministrativo, civile e penale.

Si pensi al tema controverso della possibilità o meno di iscrivere nei registri di stato civile l'atto di nascita di bambino nato all'estero facendo ricorso a tale metodologia nonché al nodo ermeneutico, che appunto qui viene in rilievo, circa la sussistenza o meno in detto caso dei presupposti del delitto di alterazione di stato ex articolo 567 c.p., comma 2, piuttosto che di quello di falsa dichiarazione ad un pubblico ufficiale circa l'identità o qualità personali ex articolo 495 c.p..

Dunque, ai fini di una corretta risoluzione del caso in esame, occorre verificare se la condotta di Tizio e Caia possa integrare il reato di cui all'art.567co2 c.p. o il reato ex art. 495 c.p., ovvero se siffatta condotta non sia ascrivile ad alcuna delle dette fattispecie criminose.

In particolare, l'articolo 567 c.p., comma 2, punisce chiunque, nella formazione di un atto di nascita, alteri lo stato civile di un neonato mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. L'incriminazione è volta a proteggere l'interesse giuridico facente capo al minore alla verità dell'attestazione ufficiale della propria ascendenza.

Nell'impostazione originaria del codice penale, la norma era volta a tutelare il diritto del minore a vedersi riconosciuta una discendenza secondo natura, cioè fondata sul rapporto di procreazione. L'ambito di tutela ed i presupposti per l'incriminazione sono mutati con l'evolversi nel tempo del concetto di stato di filiazione, non più legato ad una relazione necessariamente biologica, ma sempre più considerato quale legame giuridico.

Si pensi, in particolare, alle situazioni, sempre più attuali nella prassi, nelle quali il neonato sia figlio di una coppia che abbia fatto ricorso alle diverse tecniche di fecondazione artificiale offerte dalla medicina moderna.

Chiariti i termini in merito alla fattispecie delittuosa di cui all'art.567co2 c.p., appare opportuno analizzare, altresì, l'art.495 c.p.

Tale norma incriminatrice punisce chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona.

I due reati hanno in comune l'elemento del falso ideologico documentale mentre il reato di cui all'art. 567co2 c.p. ha in più l'elemento dell'alterazione di stato, atteggiandosi come reato complesso (Cass. Pen. n. 9938 del 1994).

Orbene, occorre rilevare, che nel caso in esame non ricorrano i presupposti per ritenere integrata, sotto il profilo materiale, la condotta sanzionata dall'articolo 567 c.p., comma 2.

Invero, come si è già evidenziato, siffatta fattispecie si realizza ogni volta in cui un soggetto, al fine di formare un atto di nascita, alteri lo stato civile di un neonato mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.

Per contro, nel caso di specie, la legislazione straniera ammette la c.d. surrogazione di maternità eterologa, sicché al termine della procedura prevista dalla legge, il nato viene considerato figlio della coppia contraente anche se uno solo dei due componenti ne sia il genitore naturale, con la conseguenza che il certificato di nascita di Sempronio non può considerarsi ideologicamente falso.

Peraltro, non sussiste l'elemento psicologico del delitto, avendo i genitori agito nella consapevolezza che la c.d. surrogazione di maternità eterologa, sebbene non consentita in Italia, nello stato straniero fosse pienamente lecita e che le certificazioni loro rilasciate fossero, pertanto, del tutto regolari, rimanendo estranea all'ambito penalistico la questione controversa, di diritto internazionale privato.

Dunque, l'atto di nascita di Sempronio è stato formato nel rispetto della legge del luogo ove il bambino è nato, all'esito di una c.d. maternità surrogata eterologa consentita dalla lex loci.

Sul punto la Suprema Corte di Cassazione, ha rilevato, più volte, che, per un verso, la legislazione straniera consenta di fare ricorso alla cd. maternità surrogata eterologa, cioè con impianto e gestazione da parte di una donna terza rispetto alla coppia (c.d. utero in affitto) di ovuli conferiti da una donatrice, anch'essa terza rispetto alla coppia, e fecondati in vitro; dall'altro lato, in tale caso, il nato sia considerato dalla legge figlio dei coniugi committenti, con conseguente indicazione, nel certificato (straniero) di nascita, quale genitrice della madre c.d. sociale, seppure non biologica.

Dunque, non sussiste il dolo del delitto di cui all'articolo 567 c.p., comma 2, atteso che i genitori hanno agito nella convinzione che la certificazione di nascita di Sempronio, loro rilasciata nello Stato straniero, e presentate all'Ambasciata per l'inoltro in Italia, fosse del tutto regolare e, dunque, senza consapevolezza di commettere un'alterazione di stato.

Invero, il delitto di alterazione di stato richiede il dolo generico e cioè la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione non rispondente alla realtà con specifico riguardo allo "stato civile di un neonato".

Tuttavia, i genitori non hanno inteso consapevolmente rendere una dichiarazione tesa ad alterare lo stato civile di Sempronio nato nello stato estero a seguito di maternità surrogata con fecondazione eterologa.

Difatti, il minore figurava nel certificato di nascita, in aderenza alla lex loci, quale figlio della coppia, con indicazione di Caia quale madre, seppure solo sociale e non biologica.

È, dunque, ragionevole osservare che i genitori abbiano, in buona fede, ritenuto di essere legittimati ad avviare le procedure di trascrizione in Italia del certificato di nascita, sul quale i medesimi figuravano entrambi quali "genitori" del neonato.

Orbene, nel caso di specie, il certificato di nascita di Sempronio che Tizio e Caia hanno consegnato all'Autorità Consolare per la successiva trascrizione nei registri di stato civile non integra una "falsa" certificazione o attestazione, laddove risulta, di contro, legittimi secondo la lex loci.

Quindi, il certificato non costituisce il frutto di un'attività decettiva né può ritenersi comunque ideologicamente falso, in quanto risulta essere stato validamente formato nel rispetto della legge del Paese di nascita di Sempronio.

Pertanto, stante la legittimità della maternità surrogata nello stato straniero ove è stata praticata da Tizio e Caia, ai fini del rilascio dei certificati di nascita in tale Paese, i genitori non avevano bisogno di porre in essere alcun artificio o raggiro.

Ne discende che il certificato di nascita di Sempronio, non può ritenersi ideologicamente falso. Il che esclude la materialità del reato previsto e punito dall'art.567co2 c.p.

Per le medesime ragioni, non v'è spazio per la riqualificazione giuridica del fatto ai sensi dell'articolo 495 c.p..

Conclusivamente, va dunque ribadito il principio di recente affermato dalla Suprema Corte in casi analoghi a quello in esame, alla stregua del quale va esclusa l'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 567 c.p., comma 2, nel caso di dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 15, in ordine a cittadini italiani nati all'estero e rese all'autorità consolare sulla base di certificato redatto dalle autorità straniere che li indichi come genitori, in conformità alle norme stabilite dalla legge del luogo (Cass. Pen. n. 48696 del 2016; Cass. Pen. Sez. 5, n. 13525 del 10/03/2016; Cass. Pen. Sez. 6 n. 8060 del 11/11/2015, dep. 2016).

Alla luce delle superiori enunciazioni giurisprudenziali, non può ritenersi integrato il delitto di alterazione di stato né tantomeno il reato di cui all'art. 495 c.p., nella richiesta di registrazione dell'atto di nascita di un figlio avuto da una coppia di coniugi facendo ricorso a tali pratiche, seppure in assenza di un rapporto di discendenza strettamente genetica con il minore.
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Da: Pinco pallinooooo  2  - 12/12/2018 16:09:37
Addirittura... Siamo arrivati a dire che é giusto barare se vengo messo in condizione di farlo. Ma non vi vergognate nemmeno un po' di scrivere queste bestialità? Auguro la bocciatura a tutti i copioni
Rispondi

Da: Salvo Errori 1  - 12/12/2018 16:12:30
@beh quel che intendo dire è che i commissari dovrebbero dire molto chiaramente all'inizio della prova che chi verrà sorpreso ad utilizzare dispositivi o parlare con altri candidati sarà espulso.... e dovrebbero poi mantenere questo proposito.... ma non avviene questo perciò tutti copiano spingendosi fino al livello di tolleranza consentito dalla commissione che in alcuni casi può spingersi fino al far consultare ai candidati questo forum e in altri semplicemente al chiacchierare fra di loro
Rispondi

Da: any8112/12/2018 16:13:11
senti ma perche non vai un poco a cag... com'è il papi non Ti ha lasciato nulla da fare...
Rispondi

Da: Salvo Errori12/12/2018 16:14:18
@Pinco pallinooooo ho scritto che è normale che ciò avvenga, non che è giusto
Rispondi

Da: Traccia 2 12/12/2018 16:19:25
494 c.p. perché tizia non si limita alla dichiarazione ma sostituisce la sorella (il riferimento agi orecchini aiuta anche rispetto al tema del profitto ricbiesto dal 494 e non dal 495).
La giurisprudenza di riferimwnto è del 2014 e precisa che quando ci sono più condotte ci si trova in ipotesi di concorso. (Caso concreto trattato da giurisp è di carta identità falsa e partecipazione a concorso pubblico.. risolto come 494 c.p. e non come 495 c.p.)D'altra parte per casistica comune la sostituzione in sede di concorso è sempre 494 c.p.
La cassazione 2017 sull assorbimento si riferisce a condotta diversa e non mi appare applicabile al caso di specie.
483 c.p. rispetto alla certificazione di presenza
640 c.p. discussione aperta. Se ha natura pluriofdensiva allora ci potrebbe essere (caringella se non ricordo male lo sosteneva in relazione alla truffa contrattuale), ma c'è giurisp 2018 che afferma che il danno allo stato deve essere effettivo e non virtuale.
Nel caso specifico
Rispondi

Da: MicheleRo  1  - 12/12/2018 16:45:15
Soluzione proposta - Parere Penale Nr. 1
Il caso sottoposto all'attenzione dello scrivente richiede di valutare la penale responsabilità dei coniugi Tizio e Caia per avere questi fatto ricorso alla maternità surrogata all'estero ed aver presentano all'ambasciata i documenti necessari per registrare l'atto di nascita del figlio Sempronio.

Per una più compiuta risoluzione della questione sottesa alla traccia, sarà necessario svolgere brevi cenni sulla punibilità in Italia del reato commesso all'estero per poi approfondire le diverse ipotesi delittuose previste dall'art. 567 c.p., 495 c.p. e 12, comma 6, legge 40/04.

Viene in rilievo, con riguardo alla prima tematica, anzitutto l'art. 3 c.p. il quale prevede che "1. la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovino nel territorio dello stato salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale. 2. La legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri si trovano all'estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale".

Secondo quanto previsto dal legislatore, dunque, la legge penale nazionale trova applicazione con riferimento a tutti i fatti criminosi commessi nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla circostanza che a commetterli e a subirli sia un cittadino italiano, ovvero uno straniero: si tratta del c.d. principio di territorialità, che fissa entro i confini del territorio dello Stato l'ambito di efficacia spaziale della legge penale.

Il suddetto principio non può qualificarsi però come assoluto, soffrendo tutta una serie di limitazioni e deroghe in corrispondenza di fattispecie caratterizzate da elementi di internazionalità, rispetto alle quali vengono in rilievo specifiche esigenze repressive, che esso, per il suo contenuto non è in grado di soddisfare.

Deroghe a tale principio si rinvengono agli artt. 3, comma 2, 7, 8, 9, e 10 c.p. relativamente a determinate tipologie di reati commessi all'estero dal cittadino italiano o dallo straniero, esse trovano la loro ratio giustificatrice nel: principio di universalità della legge penale, secondo il quale la legge dello Stato dovrebbe trovare applicazione nei confronti di tutti gli uomini, ovunque si trovino (ad es. art. 7 c.p.); nel principio di personalità attiva, nella cui ottica l'autore del reato deve sottostare alla legge penale del proprio stato di appartenenza (ad es. art. 9 - norma che assumerà particolare rilievo nel caso in esame); nel principio di tutela o difesa, per il quale deve sempre farsi applicazione della legge dello Stato cui appartiene il soggetto passivo del reato.

Proprio per la presenza di tutte queste eccezioni, l'orientamento prevalente ritiene che vi sia un c.d. principio di territorialità temperato.

Esaurita brevemente questa prima questione, giova soffermarsi sulle fattispecie incriminatrici sopra indicate.

Con riferimento al delitto di alterazione di stato, questi è punito dall'art. 567 c.p. il quale prevede che "chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tra a dieci anni. Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità".

La norma in esame introduce due distinte ipotesi di reato: alterazione di stato mediante sostituzione e alterazione di stato mediante falsificazione.

Al fine che qui rileva si analizzerà il secondo comma dell'art. 567 c.p.

Più in particolare, tale norma prevede l'ipotesi di alterazione dello stato civile del neonato mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. Nello specifico, l'illecito in parola ricorre quando, all'atto della compilazione dell'originale dell'atto di nascita da parte del pubblico ufficiale, a causa delle predette falsità, viene attribuito al neonato uno status diverso da quello che gli dovrebbe spettare secondo natura (Cass. Pen. Sez. VI, 03/10/1995, n. 11425).

L'interesse giuridico tutelato dalla norma è rappresentato dalla verità dell'attestazione ufficiale della propria ascendenza.

Il reato si realizza dunque quando si verifica una sostituzione ideologica e non uno scambio materiale di neonati.

L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico, che consiste nella coscienza e nella volontà di causare l'alterazione di stato mediante la condotta tipica sopra descritta.

Per quanto attiene al soggetto attivo del reato, mentre minoritaria dottrina ritiene che sia un'ipotesi di reato proprio, l'orientamento prevalente ritiene che si tratti di un reato comune, posto che la falsa dichiarazione all'ufficiale di stato civile potrebbe essere resa anche da un terzo estraneo che assuma di essere genitore del neonato.

La condotta attiva consiste nel fare false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.

In sostanza, l'ipotesi di reato prevista dall'art. 567, comma 2, c.p. si realizza ogni volta che, in un atto di nascita, venga attribuito ad un infante lo stato di figlio, non importa se legittimo o naturale, di una persona che non lo abbia realmente generato, poiché, con questa norma, il legislatore ha inteso tutelare l'interesse del minore alla verità dell'attestazione ufficiale della propria ascendenza.

Proprio con riferimento alla condotta esplicitata, quindi, pare opportuno chiedersi se, l'attribuzione - nell'atto di nascita - dello stato di figlio quale figlio di Tizio e Caia costituisca alterazione di stato ai sensi del 567, comma 2: tale quesito è giustificato dal fatto che Sempronio è nato a seguito di surrogazione di parto, con formazione in vitro di un embrione con metà del patrimonio genetico di Tizio e l'altra metà proveniente da una donna ovo-donatrice. Embrione poi impiantato nell'utero di un'altra donna.

Sul punto, viene in rilievo una recente sentenza della Corte di Cassazione la quale, in un caso analogo, ha rilevato come in una simile ipotesi difetti tanto l'elemento oggettivo quanto l'elemento soggettivo.

Ed invero, la Cassazione ha evidenziato che se la legislazione straniera consente di fare ricorso alla c.d. maternità surrogata eterologa, cioè con un impianto e gestazione da parte di una donna terza rispetto alla coppia di ovuli conferiti da una donatrice, anch'essa terza rispetto alla coppia, e fecondati in vitro e dall'altro lato, il nato sia considerato dalla legge figlio dei coniugi committenti, con conseguente indicazione quale genitrice, nel certificato straniero, della madre c.d. sociale, seppure non biologica, difetti tanto l'elemento oggettivo quanto l'elemento soggettivo.

L'ambito di tutela e i presupposti per l'incriminazione sono mutati con l'evolversi nel tempo del concetto di stato di filiazione, non più legato ad una relazione necessariamente biologica, ma sempre più considerato quale legame giuridico.

Nel quadro legislativo attuale, il concetto di discendenza non ha, dunque, riguardo soltanto ad un fatto genetico, ma assume una connotazione giuridico-sociale, dal momento che, oltre al legame biologico tra genitore e figlio, viene conferita dignità anche a un legame di genitorialità in assenza di una relazione genetica, in quanto conseguente alle tecniche di fecondazione artificiale, secondo la disciplina fissata dalla citata legge n. 40/04.

A tal proposito, inoltre, nel dichiarare l'incostituzionalità del divieto di procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa per difetto di ragionevolezza, la Corte Costituzionale ha rilevato come la Costituzione non presupponga una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico, sia favorevolmente considerata dall'ordinamento giuridico, in applicazione dei principi costituzionali, come dimostra la regolamentazione dell'istituto dell'adozione (Corte. Cost. 162/2014).

Di conseguenza, non è possibile ritenere integrato l'elemento oggettivo del reato in esame.

A tal riguardo, giova sottolineare come la suprema Corte affermi che "secondo la normativa nazionale, è infatti considerato figlio di una coppia tanto il neonato generato con almeno l'uno o l'altro dei gameti (ovociti o spermatozoi) provenienti da uno dei due componenti della coppia quanto il neonato generato con entrambi i gameti donati da terzi persone." (Cass. pen. 11/10/2016, n. 48696).

Altresì, un eventuale rifiuto della trascrizione del certificato di nascita si porrebbe in contrasto con quanto affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, con particolare riferimento all'art. 8 CEDU, in quanto nocivo della vita familiare, dell'identità delle persone e del diritto al rispetto della vita privata del minore.

Ma vieppiù.

Anche con riferimento all'elemento soggettivo, in ogni caso, si deve ritenere che difetti il dolo generico e cioè la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione non rispondente alla realtà con specifico riguardo allo stato civile di un neonato.

Nel caso di specie, infatti, i coniugi non hanno avuto la volontà di rendere consapevolmente una dichiarazione tesa ad alterare lo stato civile del figlio Sempronio, atteso che, nell'atto di nascita in aderenza alla lex soci, il minore risultava quale figlio della coppia e dunque con indicazione di Caia quale madre, seppure solo sociale e non biologica (Cass. pen. 11/10/2016 n. 48696).

Svolta la trattazione di questa prima fattispecie diviene quindi necessario svolgere una breve disamina della fattispecie di cui all'art. 495 c.p., al fine di escluderne l'integrazione.

Tale norma, rubricata falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, dispone che "chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni. La reclusione non è inferiore a due anni: 1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile; 2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all'autorità giudiziaria […]".

Il bene giuridico tutelato è la fede pubblica mentre il soggetto attivo può essere chiunque, trattandosi di reato comune.

La condotta consiste in una falsa dichiarazione o attestazione, sia scritta che orale.

L'elemento soggettivo del reato è il dolo generico costituito dalla coscienza e volontà di alterare un contrassegno personale, non essendo rilevante il fine perseguito dall'autore della falsità personale.

Ebbene, nel caso in esame, analoghe considerazioni possono essere svolte circa la mancata integrazione sia dell'elemento oggettivo che dell'elemento soggettivo.

Più in particolare, non si può considerare integrata la condotta di falso, atteso che la condotta posta in essere dai coniugi all'estero era consentita dalla lex soci; per di più, è proprio la legislazione straniera ad attribuire la qualifica di madre sociale a Caia, escludendo dunque la sussistenza di una falsa dichiarazione.

Analogamente, non può ritenersi integrato l'elemento soggettivo del dolo generico, posto che la norma richiede la coscienza e volontà di rendere una falsa dichiarazione: coscienza e volontà che, nel caso di specie, difettano essendo i coniugi convinti di aver posto in essere una condotta lecita secondo l'ordinamento straniero.

Da ultimo, alla luce della problematizzazione sopra resa, viene in rilievo l'art. 12, comma 6, legge 40/04 ove il legislatore punisce "chiunque, in qualsiasi forma, realizza organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro".

A ben vedere, dunque, i coniugi che si recano all'estero per ricorrere ad una tecnica di surrogazione di parto, pongono in essere il reato previsto dalla disposizione in esame di cui all'art. 12, comma 6, della legge n. 40/04.

Tuttavia, essendo tale reato commesso all'estero, si deve ritenere che trovi applicazione l'art. 9 c.p., comma 1, rubricato "delitto comune del cittadino all'estero", il quale prevede che "il cittadino che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima sempre che si trovi nel territorio dello Stato".

Invero, il reato di surrogazione di parto commesso all'estero dai coniugi - che prevede quale pena la reclusione da tre mesi a due anni, oltre multa - non può ritenersi punibile, non essendo integrata la soglia di punibilità di cui all'art. 9 c.p.

Concludendo, dunque, si deve ritenere che i coniugi Tizio e Caia non debbano essere considerati penalmente responsabili ai sensi degli agli artt. 567, 495 c.p., non essendo integrato l'elemento oggettivo delle fattispecie menzionate.

Più precisamente, non sussiste l'alterazione di stato allorquando vi siano dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi del d.p.r. n. 396 del 2000, art. 15, in ordine ai cittadini italiani nati all'estero e rese all'autorità consolare sulla base del certificato redatto dalle autorità straniere che li indichi come genitori, in conformità alle norme stabilite dalla legge del luogo. (Così anche Cass. Pen., 10/03/2013 n. 13525; Cass. Pen. 11/11/2015 n. 8060).

In ogni caso, anche nell'ipotesi dovesse ritenersi sussistente l'elemento oggettivo, i coniugi Tizio e Caia dovranno essere assolti, difettando l'elemento soggettivo del dolo generico in punto di coscienza e volontà, essendo i coniugi convinti di aver posto in essere una condotta lecita secondo l'ordinamento straniero.

Infine, con riferimento al reato di cui all'art. 12, comma 6, legge n. 40/04, sebbene tale fattispecie possa ritenersi astrattamente sussistente sul piano della rilevanza concreta del fatto tipico, i coniugi non potranno essere puniti ai sensi dell'art. 9 c.p. dacché trattasi di un reato commesso all'estero che non raggiunge la soglia di punibilità ivi prevista.
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Da: Cri860  1  - 12/12/2018 16:46:02
Vi auguro davvero l'ennesima bocciatura e non perché io non voglia concorrenza ma perché rispetto tutti i colleghi che stanno sostenendo l'esame in corti d'appello serie e NON È GIUSTO che a Napoli e dintorni ci si possa spingere fino al punto di passare tutta la giornata sul forum, mentre a Roma o Milano si viene addirittura perquisiti e seguiti in bagno! Siete ridicoli!!!!! E ancora più ridicoli sono i commissari che non intervengono, ma cosa ci si può aspettare da cittadini di città abituate a fare come vogliono e a fregare sempre il prossimo!?
Fortunatamente Napoli verrà corretta da Roma e vi assicuro che la commissione romana capisce benissimo chi copia e chi no!
Rispondi

Da: MicheleRo  1  - 12/12/2018 16:47:25
Soluzione proposta - Parere Penale Nr. 2
Il caso sottoposto all'attenzione dello scrivente richiede di valutare la penale responsabilità di Tizia per essersi questa sostituita alla sorella gemella Caia durante un concorso per l'accesso alla carriera diplomatica nel tentativo di farle conseguire un illecito profitto derivante dal superamento del concorso.

Per una compiuta risoluzione del quesito proposto, sarà, in primo luogo, necessario volgere l'attenzione ai reati contro la fede pubblica, al fine di individuare a quale fattispecie criminosa possa ricondursi la condotta posta in essere da Tizia, prestando particolare attenzione ai reati descritti dagli artt. 494 c.p. e 495 e al rapporto intercorrente tra gli stessi.

Sarà poi opportuno analizzare il dettato di cui all'art. 640 c.p., sì da verificare la sussistenza di una penale responsabilità di Tizia anche in ordine al delitto di truffa.

Si renderà da ultimo necessario vagliare il rapporto sussistente tra l'eventuale fattispecie di truffa e quella di falso, al fine di chiarire se le due figure criminose integrino un concorso formale di reati o, viceversa, un concorso apparente di norme.

Procedendo nell'ordine logico proposto, è opportuno prendere le mosse dall'art. 494 c.p., il quale, collocato nel titolo VII tra i delitti di falsità personale, punisce chiunque, al fine di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica.

Secondo l'orientamento prevalente, l'interesse giuridico tutelato dalla norma si specifica nella pubblica fede, riguardando l'essenza, l'identità, lo stato e le altre qualità giuridicamente rilevanti della persona, nei rapporti pubblici e privati.

Soggetto attivo del reato può essere chiunque, quindi anche il pubblico ufficiale o altro soggetto qualificato; si tratta, dunque, di un reato comune.

Quanto all'elemento oggettivo, il reato in esame è costituito dal fatto di indurre taluno in errore sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona o attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato, ovvero una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici: il reato, quindi, presuppone che il falso abbia indotto in errore un altro soggetto, con la conseguenza che la disposizione in esame delinea un reato a forma vincolata commissiva, non convertibile in fattispecie omissiva, posto che l'altrui induzione in errore, in cui si estrinseca l'evento, è punibile soltanto se prodotta con una delle modalità tassativamente elencate.

La norma prevede un'ipotesi di delitto a dolo specifico, caratterizzato dalla finalità ulteriore, rispetto alla condotta di sostituzione, di procurare a sé o ad altri un vantaggio o arrecare ad altri un danno.

Ai fini della risoluzione del quesito proposto giova evidenziare come la disposizione in esame prevede una clausola di sussidiarietà espressa, per la quale si esclude l'applicabilità del delitto in questione ogni qualvolta lo stesso fatto integri anche una diversa fattispecie lesiva del bene giuridico della pubblica fede.

Viene quindi in rilievo la fattispecie criminosa di cui all'art. 495 c.p., il quale punisce chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona.

A seguito dell'intervento normativo intervenuto con legge n. 125/2008, che ha eliminato la necessità che la falsa attestazione venga resa in un atto pubblico, il bene giuridico tutelato viene comunque individuato nella fede pubblica.

Il reato può essere commesso da chiunque: si è dunque al cospetto di un reato comune.

La condotta incriminata si specifica nel fatto di dichiarare o attestare, oralmente o in forma scritta, una cosa non vera circa l'identità, lo stato o altre qualità precipue della propria o dell'altrui persona. Il delitto è istantaneo e si consuma nel momento in cui l'agente rende al pubblico ufficiale la dichiarazione/attestazione sulla propria identità.

La norma non richiede che la falsa dichiarazione o attestazione produca un evento di vantaggio per l'autore della falsità o di danno per altri, giustificandosi per questo motivo la sua qualificazione quale mero reato di pericolo.

Il reato, altresì, è punito a titolo di dolo generico, consistente nella volontà di alterare una qualità della propria persona con la rappresentazione che la dichiarazione o attestazione viene resa a un pubblico ufficiale.

Tanto premesso con riferimento ai reati contro la fede pubblica, si reputa opportuno analizzare altresì il reato di cui all'art. 640 c.p., il quale punisce chiunque, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Il secondo comma della disposizione in esame, peraltro, prevede un aumento di pena se il fatto è commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico. L'ipotesi delittuosa de qua richiede pertanto la sussistenza dei seguenti elementi costitutivi: l'artificio o il raggiro, l'induzione in errore, l'atto di disposizione patrimoniale e l'ingiusto profitto con altrui danno.

Per quel che concerne l'artificio, si ritiene pacificamente che sia tale quella simulazione di circostanze inesistenti o quella dissimulazione di circostanze esistenti che genera una trasfigurazione del vero, camuffandolo, e che crea, di fatto, una falsa apparenza materiale nella realtà esterna. Il raggiro, invece, è comunemente riconosciuto nell'avvolgimento subdolo ed ingegnoso di parole destinate a convincere la persona offesa, orientandola in modo fuorviante nelle sue decisioni.

Sia l'artificio che il raggiro, poi, devono essere idonei ad indurre in errore il soggetto passivo e, pertanto, a determinare lo stesso alla realizzazione di un atto di disposizione patrimoniale (elemento non espressamente previsto dalla norma incriminatrice, ma implicitamente supposto).

In ordine al danno arrecato alla persona offesa, per giurisprudenza consolidata, si ritiene che lo stesso debba avere necessariamente natura patrimoniale ed economica, laddove invece l'ingiusto profitto può avere anche natura diversa (dovendo pur sempre mantenere un carattere di ingiustizia che deve essere valutata in relazione al momento in cui il soggetto attivo consegue la disponibilità della cosa altrui).

Ai fini della consumazione del delitto, altresì, preme precisare come lo stesso possa dirsi consumato allorché sia realizzata l'effettiva diminutio patrimoniiin capo alla persona offesa.

Per quanto più rileva nel caso sottoposto alla nostra attenzione, giova anche evidenziare come, con particolare riferimento all'ipotesi di truffa volta al superamento di un pubblico concorso, la più recente giurisprudenza ritiene necessaria la prova di un danno immediato ed effettivo, di contenuto economico-patrimoniale, subito dall'amministrazione al momento e in conseguenza della costituzione del rapporto impiegatizio, non essendo rilevanti ai fini della consumazione del reato, l'aver arrecato all'amministrazione un danno meramente virtuale (così anche Cass. Pen., n. 49382/2016).

Da ultimo, l'elemento soggettivo richiesto per l'integrazione del delitto p. e p. dall'art. 640 c.p. è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà del fatto tipico, in ognuno dei suoi elementi costitutivi.

Quanto infine alla terza ed ultima questione posta in punto di problematizzazione si rende opportuno pure analizzare i rapporti sussistenti tra il reato di falso e il reato di cui all'art. 640 c.p.: in tal senso, occorre premettere alcuni cenni in materia di concorso apparente di norme.

Nel dettaglio, il fenomeno del concorso apparente di norme ricorre quando più norme sembrano prima facie disciplinare un medesimo fatto, ma una sola di esse è effettivamente applicabile al caso concreto.

I presupposti perché possa ravvisarsi il concorso apparente di norme sono dunque: la pluralità di norme penali incriminatrici, tra loro non antinomiche; l'identità del fatto incriminato; la circostanza, infine, per cui una sola di queste norme è almeno prima facie concretamente applicabile, sicché si ha unicità e non pluralità di reati.

Il concorso apparente di norme si pone quindi in alternativa logica rispetto al concorso effettivo di reati: se nel primo caso la pluralità di norme incriminatrici è solo apparente essendo unica in realtà la norma concretamente applicabile, nel concorso effettivo di reati, invece, alla pluralità delle fattispecie incriminatrici applicabili corrisponde la pluralità dei reati, anche se posti in essere con un'unica azione o omissione (concorso formale di reati). I criteri per l'individuazione del concorso apparente di norme, dunque, sono gli stessi che consentono di distinguerlo dal concorso effettivo di reati.

Il primo punto di riferimento di ordine logico-sistematico, ai fini dell'identificazione dell'apparenza del concorso e della relativa distinzione dal concorso effettivo di reati, è l'art. 15 c.p., a tenore del quale "quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito".

La disposizione, pertanto, ravvisa nella specialità il criterio da applicare nel delimitare l'ambito riservato al fenomeno del concorso apparente di norme. La specialità sussiste allorché una norma (speciale) contenga tutti gli elementi costitutivi di un'altra disposizione (generale) con l'aggiunta di un contenuto ulteriore cd. specializzante, sul presupposto indefettibile che entrambe le prescrizioni regolamentino la 'stessa materia'.

Giova, peraltro, evidenziare come la Suprema Corte, con un recente arresto a Sezioni Unite ha stabilito che "Nella materia del concorso apparente di norme non operano criteri valutativi diversi da quello di specialità previsto dall'art.15 c.p.., che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, al fine di apprezzare l'implicita valutazione di correlazione tra le norme, effettuata dal legislatore" (Così Cass. pen., Sez., Un., 23/02/2017 n. 20664)

Tanto premesso, in merito al rapporto intercorrente tra concorso formale di reati e concorso apparente di norme, è possibile evidenziare come la giurisprudenza tende ad affermare la sussistenza di un concorso eterogeneo di reati tra il reato di falso e la truffa, non solo perché il conseguimento dell'ingiusto profitto con contestuale danno costituisce un quid pluris rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 495 c.p., ma anche per la diversità dei beni giuridici tutelati: la fede pubblica nel primo caso e il patrimonio nel secondo caso. Il criterio del diverso bene giuridico quale elemento di differenziazione fra le due fattispecie, in quanto tale preclusivo dell'operatività del concorso apparente di norme, è stato più volte ribadito di recente dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "il reato di sostituzione di persona può concorrere formalmente con quello di truffa, per la diversità dei beni giuridici tutelati" (Cass. Pen., Sez. V, 20 gennaio 2016,n. 11918).

Inoltre, l'operatività del principio di specialità in favore della sola applicazione del delitto di truffa è esclusa dal fatto che anche il delitto di sostituzione di persona presenta elementi a sua volta specializzanti: infatti, le varie modalità della condotta rappresentano tante ipotesi speciali di induzione in errore. Di conseguenza, ci si troverebbe comunque al cospetto di un caso di specialità reciproca: in particolare, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, nei casi di c.d. specialità bilaterale o reciproca, si registrerebbe un fenomeno non già di concorso apparente, ma di concorso reale di norme e reati.

Procedendo ora alla sussunzione di quanto osservato in astratto nello specifico caso concreto, si osserva come Tizia appaia penalmente responsabile per i reati di cui agli artt. 495 c.p. e art. 56 c.p. in relazione al reato di cui all'art. 640, comma 2, n.1 c.p., in concorso con la gemella Caia.

Nel dettaglio, esibendo il documento di identità della sorella nonché firmando la richiesta di attestato di presenza, Tizia ha integrato la fattispecie criminosa tratteggiata dall'art. 495 c.p., la quale in sé assorbe il reato sussidiario di cui all'art. 494 c.p.

In tal senso, considerata la lacunosità degli elementi fattuali forniti dalla traccia, non è dato conoscere quali provvedimenti abbia conseguentemente assunto il pubblico ufficiale ricevente la falsa attestazione e pertanto non è possibile esprimersi in ordine ad un'eventuale responsabilità ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 48 e 479 c.p., dacché dagli elementi in possesso si evince solo che Tizia ha firmato "la richiesta di attestato di presenza necessario per giustificare l'assenza dal lavoro di Caia" e non anche che il pubblico ufficiale abbia conseguentemente realizzato alcuna attestazione.

Con riferimento, poi, alla truffa aggravata di cui all'art. 640 c.p., comma 2, facendo buon governo dei più recenti arresti giurisprudenziali, pare doversi escludere la consumazione del reato: nel semplice superamento del concorso, infatti, non si ravvisa quel danno immediato ed effettivo di contenuto economico-patrimoniale richiesto ai fini della configurabilità del delitto di truffa, atteggiandosi lo stesso quale danno meramente virtuale.

Come ribadito dalla Suprema Corte, infatti, "ai fini della configurabilità del delitto di truffa finalizzata all'assunzione ad un pubblico impiego è necessaria la prova di un danno immediato ed effettivo, di contenuto economico-patrimoniale, subito dall'amministrazione al momento e in conseguenza della costituzione del rapporto impiegatizio, non essendo, invece, rilevanti, ai fini della consumazione del reato, l'aver arrecato all'amministrazione un danno meramente virtuale […]" (Cass. Pen. n. 22973/18).

Residua, tuttavia, la possibilità di addebitare a Tizia la fattispecie tentata di cui agli artt. 56 e 640, comma 2, n. 1 c.p., fermo restando che la stessa ha posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a conseguire il superamento del concorso pubblico sostituendosi alla sorella Caia, senza però essere addivenuta al conseguimento effettivo e concreto di alcuna erogazione da parte dell'ente pubblico.

Di qui, alla luce delle considerazioni sopra svolte in merito al rapporto tra i due reati, la configurabilità di un'ipotesi di concorso effettivo di reati tra le due figure di cui agli artt. 495 c.p. e 56, 640, comma 2 n. 1 c.p.
Rispondi

Da: Ciccio88@gmail.com 12/12/2018 17:07:32
Con le aule schermate ci saranno un sacco di asini bocciati
🤣
Rispondi

Da: reewee12/12/2018 17:18:24
troppo articolata maestro, e il 48-479 c è
Rispondi

Da: Bety92 12/12/2018 17:43:58
hanno consegnato?
Rispondi

Da: Mah 12/12/2018 17:46:46
A che ora consegna Roma, please!!??
Rispondi

Da: Mah 12/12/2018 17:50:05
Qualcuno sa l'ora di consegna di Roma per favore?
Rispondi

Da: Eee 12/12/2018 17:51:45
Ora consegna a Bari??
Rispondi

Da: FFIO12/12/2018 17:52:00
QUALCUNO SA ORARIO CONSEGNA CATANIA?????
Rispondi

Da: Eee 12/12/2018 17:52:43
Ora consegna a Bari??
Rispondi

Da: Mah 12/12/2018 17:58:31
È possibile che si sappia solo l'ora di Napoli e non degli altri posti?
Rispondi

Da: Cri860 12/12/2018 18:03:21
Si sa solo quella di Napoli perché lì non esistono regole! Nelle Corti d'Appello SERIE l'orario di consegna non si può sapere perché i cellulari vengono SEQUESTRATI dopo la perquisizione della polizia!
Rispondi

Da: Bety92 12/12/2018 18:03:43
a che ora Napoli?
Rispondi

Da: dico solo cazzate12/12/2018 18:07:37

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: per micheleRp 12/12/2018 18:11:29
avrei solo aggiunto l'81 c2 medesimezza disegno criminoso..per il resto perfetto
Rispondi

Da: Cri860 12/12/2018 18:12:48
Si sa solo quella di Napoli perché lì non esistono regole! Nelle Corti d'Appello SERIE l'orario di consegna non si può sapere perché i cellulari vengono SEQUESTRATI dopo la perquisizione della polizia!
Rispondi

Da: ..................12/12/2018 20:09:10

- Messaggio eliminato -

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