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si può fare, rirosichiamo per la Dirigenza
4152 messaggi, letto 90689 volte
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Da: Fabrizio15/01/2009 18:48:07
per brunetta: io non posso dire niente a mio figlio: non mi posso permettere di fare un figlio perchè lo stipendio è troppo basso.

Da: speranza15/01/2009 21:00:07
esagerato, io penso che comunque se uno ci crede è meglio fare qualche rinuncia, che rinunciare ad un figlio.

Da: speranza16/01/2009 16:13:42
in questo forum noto una frequenza non assidua negli ultimi tempi: cos' è stanchezza o mancanza di idee?

Da: speranza16/01/2009 18:01:00
va bene, oggi sono la volontaria di turno che mantiene a galla il forum; tornate presto.

Da: alex16/01/2009 18:33:42
ciao speranza, come tiva ? bene , credo, siamo rimasti in pochi a rosicare.
un saluto a tutti

Da: SPF16/01/2009 18:53:27
a volte non si interviene o perchè mancano nuove idee, o perchè il tempo è sempre tiranno. comunque, il giornale tira: ad ora sono state scritte 111 pagine, con più di 3000 messaggi e oltre 27000 letture. che ne dite?

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Da: speranza16/01/2009 18:54:33
ciao, siamo rimasti in pochi a rosicare, ma ,credo, ormai per poco tempo, fino ai prossimi ultimi risultati attesi.

Da: alex16/01/2009 18:59:26
si il giornale ha una buona tiratura, il livello di rosicatura cresce, l' incertezza sulla legge diriforma tra dirigenza e vice dirigenza anche,
dovremmo aprire una parte economica( rifklessioni sul contratto di categoria) del giornale, ed anche quella sportiva per attrarre piu' lettori.

propongo anche uno spezzone del giornale
lettera al direttore

Da: speranza16/01/2009 20:41:22
si, approvo le tue proposte, però ti dovrai impegnare di più.

Da: SPF16/01/2009 21:17:42
concordo. tra il serio e lo scherzo, potremmo provare ad applicare le tecniche di management al forum. fissiamo gli obiettivi della comunicazione, definiamo gli indicatori di qualità, misuriamone i risultati anche in termini di messaggi e letture. ciò non toglie che non ci sia la pagina ludica.
per quel che riguarda i prossimi ultimi risultati attesi, se tutto va secondo i miei piani, dovrebbe finire tutto in una grande grossa rosicata! e vai con la prima pagina del giornale...!!!

Da: alex17/01/2009 14:38:02
giorno a tutti-

un po di notizie che riguardano da vicino.

Il DDL Brunetta di riforma della Pubblica Amministrazione
Lâarticolo 5 del disegno di legge muove dallâesigenza di operare una revisione complessiva del dettato normativo vigente in materia di dirigenza pubblica, al fine di favorire una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro pubblico, nonché di contribuire al progressivo miglioramento del livello e della qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini ed alle imprese. In particolare, lâobiettivo dellâintervento normativo in questione è quello di traslare nellâambito del lavoro pubblico i più efficaci criteri di organizzazione, gestione e valutazione propri del lavoro privato, consentendo un costante innalzamento del livello complessivo di produttività delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, che tramite la conseguente individuazione ed eliminazione di alvei di inefficienza ed improduttività.
    Il comma 2 del predetto articolo individua, pertanto, una serie di princìpi e criteri direttivi necessari ad attuare lâobiettivo appena tratteggiato.
    In particolare, la lettera a) del citato comma si muove nellâottica di attribuire e garantire al dirigente pubblico piena autonomia nella gestione delle risorse umane, nonché la competenza esclusiva nellâorganizzazione degli uffici e dei servizi, nella valutazione del personale e nellâutilizzo dellâistituto della mobilità individuale di cui allâarticolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
    La lettera b) prevede, invece, lâintroduzione di una specifica ipotesi di responsabilità dirigenziale per omessa vigilanza sullâeffettiva produttività delle risorse allo stesso assegnate, la quale si pone nella direzione di un necessario bilanciamento tra i maggiori e più penetranti poteri di gestione conferiti a chi dirige la struttura pubblica ed il fondamentale principio di responsabilità.
    Le disposizioni di cui alla lettera c) sono finalizzate a rivedere la disciplina relativa allâaccesso alla dirigenza nellâottica di una forte valorizzazione del merito e della professionalità. In particolare, il criterio di delega in esame stabilisce che, nellâambito di una percentuale determinata di posti, lâaccesso agli incarichi dirigenziali di livello generale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche di tipo concorsuale.
    Alla lettera d) si prevede, invece, lâavvio di una ridefinizione dei criteri di conferimento, rinnovo o revoca degli incarichi dirigenziali, al fine di adeguare la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità, nonché alla recente giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori. La norma in esame introduce, inoltre, un principio di limitazione dei casi di conferimento degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione.
    La lettera e) si pone lâobiettivo di ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui allâarticolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, attribuendo al predetto Comitato specifici poteri finalizzati a verificare lâosservanza dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi dirigenziali, nonché lâeffettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione ai fini del conferimento o della mancata conferma dei citati incarichi.
    La disposizione di cui alla lettera f) è, invece, indirizzata a valorizzare le eccellenze nellâambito della dirigenza pubblica, mediante lâerogazione mirata del trattamento economico accessorio (anche nella misura massima) ad un numero limitato di dirigenti, in base ai risultati ottenuti allâesito della valutazione effettuata ai sensi dellâarticolo 3 del disegno di legge in esame.
    La lettera g) mira a riformare la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici, al fine di rafforzarne lâautonomia e lâindipendenza rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori.
    La disposizione di cui alla lettera h) introduce, infine, un criterio di delega per favorire la semplificazione della disciplina sulla mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia lâapplicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo nellâambito delle procedure per il conferimento di altri incarichi dirigenziali.
    Il criterio di delega di cui alla lettera i) pone, infine, lo specifico divieto di corrispondere ai dirigenti lâindennità di risultato qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nel disegno di legge-


dal nostro inviato:

uno dei  34 Punti Della Riforma Brunetta Della Pubblica Amministrazione

riguarda la sspa

22 RIORGANIZZAZIONE DEL CNIPA, DEL FORMEZ E DELLA SSPA (Disegno di legge)

Vengono individuati i criteri direttivi per la riorganizzazione del CNIPA, del FORMEZ e della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, attraverso la riduzione della spesa e la ridefinizione della mission, delle competenze, degli organi e delle attività istituzionali.


altro punto

33 RIFORMA DELLA DIRIGENZA (Disegno di legge delega)

La dirigenza avrà più autonomia (è previsto un accesso alla dirigenza generale di primo livello tramite concorso e non più per nomina politica) ma sarà anche più responsabile dei risultati ottenuti. Il lavoro dei dirigenti verrà valutato anche in relazione alle risorse assegnate.
Il trattamento economico accessorio dovrà essere più legato ai risultati e dovrà essere differenziato in base ai risultati raggiunti. Le Pubbliche Amministrazioni non potranno erogare le retribuzioni di risultato nel caso in cui non abbiano provveduto allâadozione dei sistemi di valutazione



report dalla trincea preso dal sito

dirigentigiustizia la doppia dirigenza

Doppia dirigenza e doppio modello di managerialità.
Di azienda giustizia si è cominciato a parlare nella seconda metà degli anni
ottanta dello scorso secolo, auspicando un processo di razionalizzazione
organizzativa che consentisse, sul piano tecnico e delle strutture, una più efficace
attività giurisdizionale.
In questa visione aziendalistica, che verosimilmente contemplava
congiuntamente lâapparato amministrativo (cancellerie e segreterie) e quello
giudiziario, cominciò anche a parlarsi di dirigente-manager, con ovvio riferimento al
magistrato capo dellâufficio, e di efficienza dellâattività giudiziaria.
La legge 353/1990, con le sue importanti innovazioni in tema di
semplificazione e razionalizzazione del processo civile, fu di stimolo ad un incontro
di studi organizzato dal C.S.M. nel 1991. E, se il Presidente del Consiglio Andreotti
aveva in precedenza suggerito che il presidente dellâIRI mettesse a disposizione del
Ministro della Giustizia i suoi manager, accadeva che, nel corso di quellâincontro, in
sintonia con il Guardasigilli Vassalli, il consigliere pretore dirigente la pretura
circondariale di Trani, con la saggezza e lâintelligenza che lo contraddistingue,
osservasse che, se per la copiatura di una sentenza civile (a Roma) âoccorrono anche
dieci mesi, per risolvere il problema non occorre una grande mente o un grande manager
dellâIRI o della Fiat; occorrono solo dattilografiâ e che âgli assistenti giudiziari previsti dal
c.p.p. stanno espletando il concorso e â gli uffici giudiziari aspettanoâ.
Si disse, anche, nel corso di quellâincontro, che i capi degli uffici giudiziari
esercitano, oltre alle funzioni proprie dei loro uffici, anche le attività di
2
amministrazione della giustizia, tra cui, in particolare, quelle relative alla formazione
delle tabelle e dei collegi. Si sottolineò, inoltre, che i principi costituzionali del buon
andamento e dellâimparzialità investono anche, come pure affermato dalla Corte
Costituzionale, gli uffici giudiziari.
Nel settore amministrativo puro, la legge 241/1990 consacrò in principi
puntuali dellâordinamento gli appena richiamati principi di rango costituzionale,
consegnando agli stessi una salutare e percettibile dose di precettività.
Accanto allo strumento tradizionalmente tipico dellâazione amministrativa,
lâatto amministrativo, il prevalere della visione aziendalistica e lâipervalutazione dei
benefici effetti del consenso rispetto allâimperatività tipica di quellâatto hanno
determinato, nel 2005, la valorizzazione dello strumento consensuale, con una
norma (contenuta nel comma 1 bis dellâart. 1 della legge 240) che sembra, nella sua
pur non felice formulazione, privilegiarne lâuso; il medesimo orientamento e la
medesima cultura giuridica condusse alla privatizzazione del rapporto di lavoro con
la pubblica amministrazione (d. lgs. 29/1993, ora d. lgs. 165/2001).
A distanza di anni, dunque, si torna a parlare con insistenza di managerialità e
a riferire il concetto anche alla figura del magistrato capo dellâufficio. Anche
riguardando la breve storia della managerialità nel settore pubblico e in quello
giudiziario in particolare, non mi sembra che ci sia da restare stupiti o preoccupati.
Io non penso, cioè, che sia sbagliato (tornare a) parlare di managerialità del
magistrato capo dellâufficio e che di essa si occupi, in qualche modo, anche una
risoluzione del C.S.M.; né penso che ciò sia foriero (o, almeno, che lo sia
necessariamente) di vulnerazioni del decreto 240/06. A parte un certo indulgere,
ormai quasi istintivo, a concetti e termini âtroppoâ privatistici, verificare che il
sistema si orienti verso la valutazione e valorizzazione specifica delle capacità
produttive dei magistrati, in generale, e delle capacità anche organizzative dei capi
degli uffici dovrebbe suscitare anche in noi dirigenti, almeno in prima battuta, un
moto di moderata approvazione.
Che, poi, le suddette capacità organizzative si dispieghino anche in direzione
dellâattività delle cancellerie e segreterie giudiziarie â" con sottrazione di fatto o, de
iure condendo, di diritto â" dei poteri riconosciuti ai dirigenti amministrativi dal
decreto 240 è circostanza che se, per un verso, trova parzialmente fatale, ma naturale
e per certi versi addirittura rassicurante, riscontro nel dato di diritto positivo
costituito dalla redazione a firma responsabile congiunta di quellâatto
amministrativo programmatico in cui si sostanzia il programma annuale delle
attività, per altro verso, se estremizzata (tale circostanza) sino a dare corpo a totale
svuotamento delle funzioni della dirigenza amministrativa, si presenta
sistematicamente disarmonica e non necessariamente gradita e incentivante per il
magistrato capo dellâufficio.
Se vogliamo continuare a parlare di managerialità (che a me sembra cosa
diversa; più corretto essendo, per quel che ci riguarda, parlare di generale potere di
organizzazione), i settori amministrativo e giudiziario ci pongono dinanzi a due
modelli distinti (di managerialità).
Con riguardo alla struttura, la managerialità del magistrato capo dellâufficio è
tipicamente di tipo organizzativo; la managerialità del dirigente amministrativo è di
organizzazione dellâapparato amministrativo e di gestione del rapporto di lavoro (ius
variandi): la gestione è funzionale allâorganizzazione, sino a prestarsi ad essere
3
costruita concettualmente come un aspetto di questâultima, ma ha una propria
evidenziabile conformazione ed una incisività sulla vita lavorativa del dipendente che
per il magistrato restano escluse dalla sua indipendenza e autonomia. Se âi giudici
sono soggetti soltanto alla leggeâ (art. 101 Cost.) e sono gestiti, in definitiva, dal C.S.M.,
che ne garantisce le prerogative, âi pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della
Nazioneâ (art. 98 Cost.) e restano soggetti al potere tipicamente datoriale (quale che
sia: pubblico o privato, del magistrato capo o del dirigente amministrativo).
Il potere organizzativo è, poi, puntuale, estemporaneo e di spessore
problematico tendenzialmente costante per il magistrato capo (variazioni tabellari e
formazione dei collegi, negli uffici giudicanti); diffuso, costante e concettualmente
estremamente variabile in relazione ai temi e ai problemi da affrontare (dalla
ristrutturazione di unâintera articolazione amministrativa alla individuazione del
dipendente che deve portare una pratica da una stanza ad unâaltra) per il dirigente
amministrativo.
Con riguardo alla natura dei poteri, la managerialità del magistrato capo si
esprime esclusivamente per atti amministrativi, quella del dirigente amministrativo
quasi esclusivamente per atti, a motivazione non necessaria, di diritto privato.
Quanto alla finalizzazione del potere manageriale, quella del magistrato capo
sembra esaurirsi nellâapprontamento di razionale distribuzione del lavoro giudiziario
in vista di unâadeguata produttività (giudiziaria) complessiva dellâufficio; il potere del
dirigente amministrativo si presta molto più agevolmente ad essere impostato,
controllato e misurato attraverso la auto/etero - fissazione di obiettivi e programmi.
In tal senso, può intuirsi come il buon andamento e lâimparzialità tendano ad
essere i binari lungo i quali va sviluppata lâattività di organizzazione del lavoro dei
magistrati, per astenersi, successivamente, dal porsi come strumento di verifica
dellâintero percorso dellâattività giudiziaria â" per effetto indotto dai principi di
autonomia e indipendenza e salvo situazioni di reale patologia â" e problematizzare
infine la verifica dei risultati sul piano della mera produttività quantitativamente e
statisticamente rilevante. Gli stessi principi impregnano, invece, ogni momento
dellâattività di organizzazione e di gestione propria del dirigente amministrativo:
attività che, pur svolta secondo moduli formalmente privatistici, resta pur sempre
attività di un soggetto pubblico.
Io credo che decidere se le differenze appena enucleate debbano avere una
valenza meramente descrittiva, oppure, al contrario, siano significative di
connotazioni di sostanza e di sistema, spetti alla nostra volontà e capacità di
caratterizzare e valorizzare tecnicamente le modalità esplicative e i momenti
espressivi dei nostri poteri organizzativi e gestionali e, contemporaneamente, alla
comunicante (alla nostra volontà e capacità) volontà-disponibilità del magistrato capo
di prendere serenamente atto della rilevante utilità di noi dirigenti come
fondamentali risorse strategiche per lâufficio.
E non credo che la volontà-disponibilità del magistrato capo dellâufficio trovi,
o possa trovare, motivo di remora nella presunta esigenza di tutela dellâindipendenza
della magistratura. Sono altri gli aspetti della posizione e dellâattività dei magistrati
che riconducono alle garanzie opportunamente previste dallâordinamento per
tutelarne lâindipendenza e lâautonomia; e la vitalità di tali garanzie, nel sistema, è
assicurata dal C.S.M..
4
Del resto, appare rispondere a logica e coerenza di sistema â" in linea con il
dettato dellâart. 110 Cost. e con le garanzie esterne (che garantiscono soggetti altri
rispetto allâamministrazione) offerte dallâart. 97 â" ritenere che lâautonomia e
lâindipendenza di un ordine implichi che le funzioni presidiate dalle suddette
garanzie esauriscano lâambito delle attività esplicabili dai componenti dellâordine
stesso; il quale, come non tollera ingerenze esterne, così non sconfinerebbe oltre il
limite delle attività ad esso riservate. E appare logico ritenere che il criterio debba
orientare, pur con carattere non assolutamente rigido, anche la identificazione dei
compiti del magistrato che è preposto allâufficio ed è investito, quindi, anche di
funzioni amministrative.
Né la firma, da parte del capo dellâufficio e insieme al dirigente
amministrativo, del programma annuale delle attività smentisce dette conclusioni,
atteso che la stessa non mira a preservare lâindipendenza e lâautonomia dei
magistrati (che non trovano nel capo dellâufficio la garanzia di indipendenza e
autonomia di ciascuno di essi e di tutti, allo stesso tempo), ma esprime contributo
essenziale alla funzionalità complessiva dellâufficio, che lâordinamento continua a
considerare unico per via del legame inestricabile tra lâattività giudiziaria dei
magistrati e quella paragiudiziaria dei cancellieri e segretari, nonché a causa della
inevitabile condivisione di molte risorse strumentali.
3 â" La managerialità sostenibile.
Il riconoscimento a livello normativo delle funzioni proprie della dirigenza,
pur con lâesclusione della direzione dellâufficio, dovrebbe, a mio avviso, in questo
momento storico, avviarci non a logiche di contrapposizione precostituita â" fermo
restando che vi sono certo situazioni che rendono necessario (o predispongono a) un
tale orientamento â" ma a dinamica consapevolezza dellâesigenza stringente di
coltivare e gestire la posizione, il ruolo dirigenziale.
Quella managerialità precaria che la legge ci riconosce (a mio avviso, ripeto, la
managerialità piena è comunque improbabile nel settore pubblico) andrebbe
coltivata a livello singolo e a livello associativo. Mi sembra che questo, in buona
parte, si stia verificando.
Si tratta, dunque, di proseguire su questa strada, rafforzando lâimpegno a
verificare la scarto esistente tra lâefficienza reale e lâefficienza sostenibile osservando le
regole che oggi disciplinano i nostri poteri di organizzazione e gestione, nonché lo
scarto tra lâefficienza sostenibile e lâefficienza adeguata, secondo ragionevolezza, alle
esigenze poste dal sistema, nel quadro di una società in continua evoluzione anche
sotto la spinta dellâordinamento comunitario.
Mentre lo scarto tra lâefficienza reale e quella sostenibile va considerato in
relazione al singolo ufficio, e presenta apprezzabile possibilità di essere
neutralizzato, lo scarto esistente tra lâefficienza sostenibile e lâefficienza adeguata è
una questione di ordine generale che può essere risolta radicalmente, secondo me,
soltanto con importanti modifiche del sistema normativo.
Andrebbe presa in serissima e particolare considerazione, a mio avviso, la
possibilità di un maggiore sostegno finanziario in favore dellâamministrazione
giudiziaria: non sembri una banalità. Non tanto, o non solo, perché finanziamenti più
cospicui si traducano in nuove assunzioni â" che, comunque, non possono tardare
ancora per molto tempo, pena la compromissione di servizi essenziali â" o in più
5
cospicui stanziamenti per il lavoro straordinario â" che spesso restano meri rattoppi
di sdruciture solitamente di vaste proporzioni - o per lâacquisto di attrezzature
informatiche â" che, scelta la via obbligata dellâinformatizzazione, non dovrebbero
naturalmente mai essere carenti. Ma perché, attraverso una saggia amministrazione,
costituiscano il motore con il quale far funzionare nuove regole, di cui
lâamministrazione pubblica ha urgente bisogno e sulle quali andrebbe fortemente
focalizzata lâattenzione. E, senza le quali, continueremo a ritrovarci con una
managerialità zoppa, fortemente zoppa.
In sintesi - ogni punto, invero, meriterebbe ampio approfondimento â" segnalo
quelle che, a mio giudizio, sono le regole e i principi per i quali lâassociazione,
interloquendo di volta in volta con i soggetti istituzionali interessati e continuando
del resto a muoversi in un solco che appare in parte già tracciato, dovrebbe
impegnarsi per conseguirne lâ introduzione nel sistema normativo:
1) â" occorre prevedere reali meccanismi, economici e di carriera, per incentivare
il personale, agganciando una parte della retribuzione alla assunzione di ben
individuate e più delicate responsabilità e al conseguimento di positivi
risultati lavorativi;
2) â" abolita lâindennità di missione, per ragioni finanziarie, andrebbe seriamente
valutata la possibilità di introdurre, per ragioni di produttività della macchina
amministrativa e in vista di unâutilizzazione più flessibile e razionale del
personale sul territorio (il circondario), un indennità per incarico in
applicazione, adeguatamente incentivando i dipendenti che accettino di
assumere responsabilità in relazione a servizi propri di strutture site in
Comune diverso da quello ove ha sede lâufficio di appartenenza;
3) â" è necessario procedere tempestivamente ad una revisione radicale delle
piante organiche e, ove non sia realizzabile lâaccorpamento di talune strutture
molto periferiche, incrementare, sulla base dei noti dati statistici, gli organici
degli uffici più oberati, senza lasciare, in questa particolare fase storica, che i
pensionamenti determinino una distribuzione dei carichi di lavoro tra gli uffici
ispirata semplicemente al caso;
4) â" sottoscrivere norma di contratto nazionale integrativo che attribuisca al
Presidente del tribunale e al dirigente amministrativo il potere di applicare
personale nellâambito del circondario, in un circuito di uffici e strutture che
includa le organizzazioni governate dai giudici di pace; ove rimanesse in
vigore lâattuale normativa, dovrebbe essere adeguatamente chiarito quali
siano in concreto (sulla base di valutazioni fondate sui dati statistici) le
âesigenzeâ degli uffici che il contratto 27.3.2007 prevede quale presupposto per
lâesplicazione del potere di applicazione da parte del magistrato (giudicante o
requirente) capo del distretto (potere finalizzato ad assicurare la âfunzionalitàâ
degli uffici stessi);
5) â" prevedere misure atte ad aumentare le presenze giornaliere in ufficio;
6) â" tenuto conto che disposizioni di carattere disciplinare appaiono essere
connaturate a ogni tipo di organizzazione minimamente gerarchizzata,
occorrerebbe, a mio avviso, ridurre drasticamente le fattispecie di illecito
disciplinare e assicurare, nel contempo, la certezza della sanzione.
6
Se queste regole e questi principi dovessero apparire a taluno in qualche modo
rivoluzionari o troppo innovativi, basterebbe porre mente ad altre regole e altri
principi tipici del sistema pubblicistico (la natura pubblica del datore di lavoro non
ne consentirebbe oggi la soppressione) che non esistono nel mondo aziendale
privato1 (e la cui inesistenza contribuisce sensibilmente a favorirne quella tanto
invidiata e decantata maggiore produttività):
a) â" i vincoli procedimentali alla contrattazione collettiva derivanti dal
rispetto delle limitate disponibilità finanziarie delle pubbliche amministrazioni (art.
40 e ss. D.lgs. 165/2001;
b) - lâobbligo di parità di trattamento contrattuale (art. 45, c. 2);
c) â" lâesclusione, per via dellâobbligo di assunzione mediante procedure
selettive, della promozione automatica per esercizio di fatto di mansioni superiori;
d) â" i limiti di spesa per i contratti a termine e le collaborazioni continuative,
finalizzate a salvaguardare i bilanci pubblici;
e) - la necessità, al medesimo fine, di un decreto del Presidente del Consiglio
per lâavvio delle procedure concorsuali (art. 35, c. 4).
Da quanto appena detto, emerge la spiegazione dellâattuale inevitabilità di una
cospicua dose di pessimismo della ragione in relazione alla concreta possibilità che il
potere di organizzare e gestire nellâamministrazione pubblica raggiunga presto
livelli adeguati alle aspettative dei cittadini. Lâaziendalismo e la managerialità dei
dirigenti della pubblica amministrazione rischiano seriamente di restare
prevalentemente volenterosi eccessi di zelo del vocabolario della scienza
dellâamministrazione pubblica, che non riempiono di alcun convincente contenuto
una norma come quella sancita dallâart. 5, c. 2 d.lgs.165/01 che, nellâascrivere
magicamente e fittiziamente al datore di lavoro pubblico la capacità e i poteri del
datore di lavoro privato, mostra di ritenere che privatizzazione eminentemente
formale e nominale del lavoro pubblico, attraverso mere connotazioni privatistiche
di superficie dei poteri gestionali e la contrattualizzazione di molti tratti della
disciplina del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione (i più neutri
rispetto al fine-produttività, invero), possa allineare lâefficienza del settore pubblico
allâefficienza del settore privato.
Bari-Trani, 30.4.2008
Giulio Bruno
1 ) come rilevato da A. Vallebona, âIstituzioni di diritto del lavoro IIâ, Padova, 2005, pag. 553 e ss..



Da: alex17/01/2009 14:38:03
giorno a tutti-

un po di notizie che riguardano da vicino.

Il DDL Brunetta di riforma della Pubblica Amministrazione
Lâarticolo 5 del disegno di legge muove dallâesigenza di operare una revisione complessiva del dettato normativo vigente in materia di dirigenza pubblica, al fine di favorire una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro pubblico, nonché di contribuire al progressivo miglioramento del livello e della qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini ed alle imprese. In particolare, lâobiettivo dellâintervento normativo in questione è quello di traslare nellâambito del lavoro pubblico i più efficaci criteri di organizzazione, gestione e valutazione propri del lavoro privato, consentendo un costante innalzamento del livello complessivo di produttività delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, che tramite la conseguente individuazione ed eliminazione di alvei di inefficienza ed improduttività.
    Il comma 2 del predetto articolo individua, pertanto, una serie di princìpi e criteri direttivi necessari ad attuare lâobiettivo appena tratteggiato.
    In particolare, la lettera a) del citato comma si muove nellâottica di attribuire e garantire al dirigente pubblico piena autonomia nella gestione delle risorse umane, nonché la competenza esclusiva nellâorganizzazione degli uffici e dei servizi, nella valutazione del personale e nellâutilizzo dellâistituto della mobilità individuale di cui allâarticolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
    La lettera b) prevede, invece, lâintroduzione di una specifica ipotesi di responsabilità dirigenziale per omessa vigilanza sullâeffettiva produttività delle risorse allo stesso assegnate, la quale si pone nella direzione di un necessario bilanciamento tra i maggiori e più penetranti poteri di gestione conferiti a chi dirige la struttura pubblica ed il fondamentale principio di responsabilità.
    Le disposizioni di cui alla lettera c) sono finalizzate a rivedere la disciplina relativa allâaccesso alla dirigenza nellâottica di una forte valorizzazione del merito e della professionalità. In particolare, il criterio di delega in esame stabilisce che, nellâambito di una percentuale determinata di posti, lâaccesso agli incarichi dirigenziali di livello generale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche di tipo concorsuale.
    Alla lettera d) si prevede, invece, lâavvio di una ridefinizione dei criteri di conferimento, rinnovo o revoca degli incarichi dirigenziali, al fine di adeguare la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità, nonché alla recente giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori. La norma in esame introduce, inoltre, un principio di limitazione dei casi di conferimento degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione.
    La lettera e) si pone lâobiettivo di ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui allâarticolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, attribuendo al predetto Comitato specifici poteri finalizzati a verificare lâosservanza dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi dirigenziali, nonché lâeffettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione ai fini del conferimento o della mancata conferma dei citati incarichi.
    La disposizione di cui alla lettera f) è, invece, indirizzata a valorizzare le eccellenze nellâambito della dirigenza pubblica, mediante lâerogazione mirata del trattamento economico accessorio (anche nella misura massima) ad un numero limitato di dirigenti, in base ai risultati ottenuti allâesito della valutazione effettuata ai sensi dellâarticolo 3 del disegno di legge in esame.
    La lettera g) mira a riformare la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici, al fine di rafforzarne lâautonomia e lâindipendenza rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori.
    La disposizione di cui alla lettera h) introduce, infine, un criterio di delega per favorire la semplificazione della disciplina sulla mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia lâapplicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo nellâambito delle procedure per il conferimento di altri incarichi dirigenziali.
    Il criterio di delega di cui alla lettera i) pone, infine, lo specifico divieto di corrispondere ai dirigenti lâindennità di risultato qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nel disegno di legge-


dal nostro inviato:

uno dei  34 Punti Della Riforma Brunetta Della Pubblica Amministrazione

riguarda la sspa

22 RIORGANIZZAZIONE DEL CNIPA, DEL FORMEZ E DELLA SSPA (Disegno di legge)

Vengono individuati i criteri direttivi per la riorganizzazione del CNIPA, del FORMEZ e della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, attraverso la riduzione della spesa e la ridefinizione della mission, delle competenze, degli organi e delle attività istituzionali.


altro punto

33 RIFORMA DELLA DIRIGENZA (Disegno di legge delega)

La dirigenza avrà più autonomia (è previsto un accesso alla dirigenza generale di primo livello tramite concorso e non più per nomina politica) ma sarà anche più responsabile dei risultati ottenuti. Il lavoro dei dirigenti verrà valutato anche in relazione alle risorse assegnate.
Il trattamento economico accessorio dovrà essere più legato ai risultati e dovrà essere differenziato in base ai risultati raggiunti. Le Pubbliche Amministrazioni non potranno erogare le retribuzioni di risultato nel caso in cui non abbiano provveduto allâadozione dei sistemi di valutazione



report dalla trincea preso dal sito

dirigentigiustizia la doppia dirigenza

Doppia dirigenza e doppio modello di managerialità.
Di azienda giustizia si è cominciato a parlare nella seconda metà degli anni
ottanta dello scorso secolo, auspicando un processo di razionalizzazione
organizzativa che consentisse, sul piano tecnico e delle strutture, una più efficace
attività giurisdizionale.
In questa visione aziendalistica, che verosimilmente contemplava
congiuntamente lâapparato amministrativo (cancellerie e segreterie) e quello
giudiziario, cominciò anche a parlarsi di dirigente-manager, con ovvio riferimento al
magistrato capo dellâufficio, e di efficienza dellâattività giudiziaria.
La legge 353/1990, con le sue importanti innovazioni in tema di
semplificazione e razionalizzazione del processo civile, fu di stimolo ad un incontro
di studi organizzato dal C.S.M. nel 1991. E, se il Presidente del Consiglio Andreotti
aveva in precedenza suggerito che il presidente dellâIRI mettesse a disposizione del
Ministro della Giustizia i suoi manager, accadeva che, nel corso di quellâincontro, in
sintonia con il Guardasigilli Vassalli, il consigliere pretore dirigente la pretura
circondariale di Trani, con la saggezza e lâintelligenza che lo contraddistingue,
osservasse che, se per la copiatura di una sentenza civile (a Roma) âoccorrono anche
dieci mesi, per risolvere il problema non occorre una grande mente o un grande manager
dellâIRI o della Fiat; occorrono solo dattilografiâ e che âgli assistenti giudiziari previsti dal
c.p.p. stanno espletando il concorso e â gli uffici giudiziari aspettanoâ.
Si disse, anche, nel corso di quellâincontro, che i capi degli uffici giudiziari
esercitano, oltre alle funzioni proprie dei loro uffici, anche le attività di
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amministrazione della giustizia, tra cui, in particolare, quelle relative alla formazione
delle tabelle e dei collegi. Si sottolineò, inoltre, che i principi costituzionali del buon
andamento e dellâimparzialità investono anche, come pure affermato dalla Corte
Costituzionale, gli uffici giudiziari.
Nel settore amministrativo puro, la legge 241/1990 consacrò in principi
puntuali dellâordinamento gli appena richiamati principi di rango costituzionale,
consegnando agli stessi una salutare e percettibile dose di precettività.
Accanto allo strumento tradizionalmente tipico dellâazione amministrativa,
lâatto amministrativo, il prevalere della visione aziendalistica e lâipervalutazione dei
benefici effetti del consenso rispetto allâimperatività tipica di quellâatto hanno
determinato, nel 2005, la valorizzazione dello strumento consensuale, con una
norma (contenuta nel comma 1 bis dellâart. 1 della legge 240) che sembra, nella sua
pur non felice formulazione, privilegiarne lâuso; il medesimo orientamento e la
medesima cultura giuridica condusse alla privatizzazione del rapporto di lavoro con
la pubblica amministrazione (d. lgs. 29/1993, ora d. lgs. 165/2001).
A distanza di anni, dunque, si torna a parlare con insistenza di managerialità e
a riferire il concetto anche alla figura del magistrato capo dellâufficio. Anche
riguardando la breve storia della managerialità nel settore pubblico e in quello
giudiziario in particolare, non mi sembra che ci sia da restare stupiti o preoccupati.
Io non penso, cioè, che sia sbagliato (tornare a) parlare di managerialità del
magistrato capo dellâufficio e che di essa si occupi, in qualche modo, anche una
risoluzione del C.S.M.; né penso che ciò sia foriero (o, almeno, che lo sia
necessariamente) di vulnerazioni del decreto 240/06. A parte un certo indulgere,
ormai quasi istintivo, a concetti e termini âtroppoâ privatistici, verificare che il
sistema si orienti verso la valutazione e valorizzazione specifica delle capacità
produttive dei magistrati, in generale, e delle capacità anche organizzative dei capi
degli uffici dovrebbe suscitare anche in noi dirigenti, almeno in prima battuta, un
moto di moderata approvazione.
Che, poi, le suddette capacità organizzative si dispieghino anche in direzione
dellâattività delle cancellerie e segreterie giudiziarie â" con sottrazione di fatto o, de
iure condendo, di diritto â" dei poteri riconosciuti ai dirigenti amministrativi dal
decreto 240 è circostanza che se, per un verso, trova parzialmente fatale, ma naturale
e per certi versi addirittura rassicurante, riscontro nel dato di diritto positivo
costituito dalla redazione a firma responsabile congiunta di quellâatto
amministrativo programmatico in cui si sostanzia il programma annuale delle
attività, per altro verso, se estremizzata (tale circostanza) sino a dare corpo a totale
svuotamento delle funzioni della dirigenza amministrativa, si presenta
sistematicamente disarmonica e non necessariamente gradita e incentivante per il
magistrato capo dellâufficio.
Se vogliamo continuare a parlare di managerialità (che a me sembra cosa
diversa; più corretto essendo, per quel che ci riguarda, parlare di generale potere di
organizzazione), i settori amministrativo e giudiziario ci pongono dinanzi a due
modelli distinti (di managerialità).
Con riguardo alla struttura, la managerialità del magistrato capo dellâufficio è
tipicamente di tipo organizzativo; la managerialità del dirigente amministrativo è di
organizzazione dellâapparato amministrativo e di gestione del rapporto di lavoro (ius
variandi): la gestione è funzionale allâorganizzazione, sino a prestarsi ad essere
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costruita concettualmente come un aspetto di questâultima, ma ha una propria
evidenziabile conformazione ed una incisività sulla vita lavorativa del dipendente che
per il magistrato restano escluse dalla sua indipendenza e autonomia. Se âi giudici
sono soggetti soltanto alla leggeâ (art. 101 Cost.) e sono gestiti, in definitiva, dal C.S.M.,
che ne garantisce le prerogative, âi pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della
Nazioneâ (art. 98 Cost.) e restano soggetti al potere tipicamente datoriale (quale che
sia: pubblico o privato, del magistrato capo o del dirigente amministrativo).
Il potere organizzativo è, poi, puntuale, estemporaneo e di spessore
problematico tendenzialmente costante per il magistrato capo (variazioni tabellari e
formazione dei collegi, negli uffici giudicanti); diffuso, costante e concettualmente
estremamente variabile in relazione ai temi e ai problemi da affrontare (dalla
ristrutturazione di unâintera articolazione amministrativa alla individuazione del
dipendente che deve portare una pratica da una stanza ad unâaltra) per il dirigente
amministrativo.
Con riguardo alla natura dei poteri, la managerialità del magistrato capo si
esprime esclusivamente per atti amministrativi, quella del dirigente amministrativo
quasi esclusivamente per atti, a motivazione non necessaria, di diritto privato.
Quanto alla finalizzazione del potere manageriale, quella del magistrato capo
sembra esaurirsi nellâapprontamento di razionale distribuzione del lavoro giudiziario
in vista di unâadeguata produttività (giudiziaria) complessiva dellâufficio; il potere del
dirigente amministrativo si presta molto più agevolmente ad essere impostato,
controllato e misurato attraverso la auto/etero - fissazione di obiettivi e programmi.
In tal senso, può intuirsi come il buon andamento e lâimparzialità tendano ad
essere i binari lungo i quali va sviluppata lâattività di organizzazione del lavoro dei
magistrati, per astenersi, successivamente, dal porsi come strumento di verifica
dellâintero percorso dellâattività giudiziaria â" per effetto indotto dai principi di
autonomia e indipendenza e salvo situazioni di reale patologia â" e problematizzare
infine la verifica dei risultati sul piano della mera produttività quantitativamente e
statisticamente rilevante. Gli stessi principi impregnano, invece, ogni momento
dellâattività di organizzazione e di gestione propria del dirigente amministrativo:
attività che, pur svolta secondo moduli formalmente privatistici, resta pur sempre
attività di un soggetto pubblico.
Io credo che decidere se le differenze appena enucleate debbano avere una
valenza meramente descrittiva, oppure, al contrario, siano significative di
connotazioni di sostanza e di sistema, spetti alla nostra volontà e capacità di
caratterizzare e valorizzare tecnicamente le modalità esplicative e i momenti
espressivi dei nostri poteri organizzativi e gestionali e, contemporaneamente, alla
comunicante (alla nostra volontà e capacità) volontà-disponibilità del magistrato capo
di prendere serenamente atto della rilevante utilità di noi dirigenti come
fondamentali risorse strategiche per lâufficio.
E non credo che la volontà-disponibilità del magistrato capo dellâufficio trovi,
o possa trovare, motivo di remora nella presunta esigenza di tutela dellâindipendenza
della magistratura. Sono altri gli aspetti della posizione e dellâattività dei magistrati
che riconducono alle garanzie opportunamente previste dallâordinamento per
tutelarne lâindipendenza e lâautonomia; e la vitalità di tali garanzie, nel sistema, è
assicurata dal C.S.M..
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Del resto, appare rispondere a logica e coerenza di sistema â" in linea con il
dettato dellâart. 110 Cost. e con le garanzie esterne (che garantiscono soggetti altri
rispetto allâamministrazione) offerte dallâart. 97 â" ritenere che lâautonomia e
lâindipendenza di un ordine implichi che le funzioni presidiate dalle suddette
garanzie esauriscano lâambito delle attività esplicabili dai componenti dellâordine
stesso; il quale, come non tollera ingerenze esterne, così non sconfinerebbe oltre il
limite delle attività ad esso riservate. E appare logico ritenere che il criterio debba
orientare, pur con carattere non assolutamente rigido, anche la identificazione dei
compiti del magistrato che è preposto allâufficio ed è investito, quindi, anche di
funzioni amministrative.
Né la firma, da parte del capo dellâufficio e insieme al dirigente
amministrativo, del programma annuale delle attività smentisce dette conclusioni,
atteso che la stessa non mira a preservare lâindipendenza e lâautonomia dei
magistrati (che non trovano nel capo dellâufficio la garanzia di indipendenza e
autonomia di ciascuno di essi e di tutti, allo stesso tempo), ma esprime contributo
essenziale alla funzionalità complessiva dellâufficio, che lâordinamento continua a
considerare unico per via del legame inestricabile tra lâattività giudiziaria dei
magistrati e quella paragiudiziaria dei cancellieri e segretari, nonché a causa della
inevitabile condivisione di molte risorse strumentali.
3 â" La managerialità sostenibile.
Il riconoscimento a livello normativo delle funzioni proprie della dirigenza,
pur con lâesclusione della direzione dellâufficio, dovrebbe, a mio avviso, in questo
momento storico, avviarci non a logiche di contrapposizione precostituita â" fermo
restando che vi sono certo situazioni che rendono necessario (o predispongono a) un
tale orientamento â" ma a dinamica consapevolezza dellâesigenza stringente di
coltivare e gestire la posizione, il ruolo dirigenziale.
Quella managerialità precaria che la legge ci riconosce (a mio avviso, ripeto, la
managerialità piena è comunque improbabile nel settore pubblico) andrebbe
coltivata a livello singolo e a livello associativo. Mi sembra che questo, in buona
parte, si stia verificando.
Si tratta, dunque, di proseguire su questa strada, rafforzando lâimpegno a
verificare la scarto esistente tra lâefficienza reale e lâefficienza sostenibile osservando le
regole che oggi disciplinano i nostri poteri di organizzazione e gestione, nonché lo
scarto tra lâefficienza sostenibile e lâefficienza adeguata, secondo ragionevolezza, alle
esigenze poste dal sistema, nel quadro di una società in continua evoluzione anche
sotto la spinta dellâordinamento comunitario.
Mentre lo scarto tra lâefficienza reale e quella sostenibile va considerato in
relazione al singolo ufficio, e presenta apprezzabile possibilità di essere
neutralizzato, lo scarto esistente tra lâefficienza sostenibile e lâefficienza adeguata è
una questione di ordine generale che può essere risolta radicalmente, secondo me,
soltanto con importanti modifiche del sistema normativo.
Andrebbe presa in serissima e particolare considerazione, a mio avviso, la
possibilità di un maggiore sostegno finanziario in favore dellâamministrazione
giudiziaria: non sembri una banalità. Non tanto, o non solo, perché finanziamenti più
cospicui si traducano in nuove assunzioni â" che, comunque, non possono tardare
ancora per molto tempo, pena la compromissione di servizi essenziali â" o in più
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cospicui stanziamenti per il lavoro straordinario â" che spesso restano meri rattoppi
di sdruciture solitamente di vaste proporzioni - o per lâacquisto di attrezzature
informatiche â" che, scelta la via obbligata dellâinformatizzazione, non dovrebbero
naturalmente mai essere carenti. Ma perché, attraverso una saggia amministrazione,
costituiscano il motore con il quale far funzionare nuove regole, di cui
lâamministrazione pubblica ha urgente bisogno e sulle quali andrebbe fortemente
focalizzata lâattenzione. E, senza le quali, continueremo a ritrovarci con una
managerialità zoppa, fortemente zoppa.
In sintesi - ogni punto, invero, meriterebbe ampio approfondimento â" segnalo
quelle che, a mio giudizio, sono le regole e i principi per i quali lâassociazione,
interloquendo di volta in volta con i soggetti istituzionali interessati e continuando
del resto a muoversi in un solco che appare in parte già tracciato, dovrebbe
impegnarsi per conseguirne lâ introduzione nel sistema normativo:
1) â" occorre prevedere reali meccanismi, economici e di carriera, per incentivare
il personale, agganciando una parte della retribuzione alla assunzione di ben
individuate e più delicate responsabilità e al conseguimento di positivi
risultati lavorativi;
2) â" abolita lâindennità di missione, per ragioni finanziarie, andrebbe seriamente
valutata la possibilità di introdurre, per ragioni di produttività della macchina
amministrativa e in vista di unâutilizzazione più flessibile e razionale del
personale sul territorio (il circondario), un indennità per incarico in
applicazione, adeguatamente incentivando i dipendenti che accettino di
assumere responsabilità in relazione a servizi propri di strutture site in
Comune diverso da quello ove ha sede lâufficio di appartenenza;
3) â" è necessario procedere tempestivamente ad una revisione radicale delle
piante organiche e, ove non sia realizzabile lâaccorpamento di talune strutture
molto periferiche, incrementare, sulla base dei noti dati statistici, gli organici
degli uffici più oberati, senza lasciare, in questa particolare fase storica, che i
pensionamenti determinino una distribuzione dei carichi di lavoro tra gli uffici
ispirata semplicemente al caso;
4) â" sottoscrivere norma di contratto nazionale integrativo che attribuisca al
Presidente del tribunale e al dirigente amministrativo il potere di applicare
personale nellâambito del circondario, in un circuito di uffici e strutture che
includa le organizzazioni governate dai giudici di pace; ove rimanesse in
vigore lâattuale normativa, dovrebbe essere adeguatamente chiarito quali
siano in concreto (sulla base di valutazioni fondate sui dati statistici) le
âesigenzeâ degli uffici che il contratto 27.3.2007 prevede quale presupposto per
lâesplicazione del potere di applicazione da parte del magistrato (giudicante o
requirente) capo del distretto (potere finalizzato ad assicurare la âfunzionalitàâ
degli uffici stessi);
5) â" prevedere misure atte ad aumentare le presenze giornaliere in ufficio;
6) â" tenuto conto che disposizioni di carattere disciplinare appaiono essere
connaturate a ogni tipo di organizzazione minimamente gerarchizzata,
occorrerebbe, a mio avviso, ridurre drasticamente le fattispecie di illecito
disciplinare e assicurare, nel contempo, la certezza della sanzione.
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Se queste regole e questi principi dovessero apparire a taluno in qualche modo
rivoluzionari o troppo innovativi, basterebbe porre mente ad altre regole e altri
principi tipici del sistema pubblicistico (la natura pubblica del datore di lavoro non
ne consentirebbe oggi la soppressione) che non esistono nel mondo aziendale
privato1 (e la cui inesistenza contribuisce sensibilmente a favorirne quella tanto
invidiata e decantata maggiore produttività):
a) â" i vincoli procedimentali alla contrattazione collettiva derivanti dal
rispetto delle limitate disponibilità finanziarie delle pubbliche amministrazioni (art.
40 e ss. D.lgs. 165/2001;
b) - lâobbligo di parità di trattamento contrattuale (art. 45, c. 2);
c) â" lâesclusione, per via dellâobbligo di assunzione mediante procedure
selettive, della promozione automatica per esercizio di fatto di mansioni superiori;
d) â" i limiti di spesa per i contratti a termine e le collaborazioni continuative,
finalizzate a salvaguardare i bilanci pubblici;
e) - la necessità, al medesimo fine, di un decreto del Presidente del Consiglio
per lâavvio delle procedure concorsuali (art. 35, c. 4).
Da quanto appena detto, emerge la spiegazione dellâattuale inevitabilità di una
cospicua dose di pessimismo della ragione in relazione alla concreta possibilità che il
potere di organizzare e gestire nellâamministrazione pubblica raggiunga presto
livelli adeguati alle aspettative dei cittadini. Lâaziendalismo e la managerialità dei
dirigenti della pubblica amministrazione rischiano seriamente di restare
prevalentemente volenterosi eccessi di zelo del vocabolario della scienza
dellâamministrazione pubblica, che non riempiono di alcun convincente contenuto
una norma come quella sancita dallâart. 5, c. 2 d.lgs.165/01 che, nellâascrivere
magicamente e fittiziamente al datore di lavoro pubblico la capacità e i poteri del
datore di lavoro privato, mostra di ritenere che privatizzazione eminentemente
formale e nominale del lavoro pubblico, attraverso mere connotazioni privatistiche
di superficie dei poteri gestionali e la contrattualizzazione di molti tratti della
disciplina del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione (i più neutri
rispetto al fine-produttività, invero), possa allineare lâefficienza del settore pubblico
allâefficienza del settore privato.
Bari-Trani, 30.4.2008
Giulio Bruno
1 ) come rilevato da A. Vallebona, âIstituzioni di diritto del lavoro IIâ, Padova, 2005, pag. 553 e ss..



Da: SPF17/01/2009 16:03:38
grazie alex

Da: alex17/01/2009 19:54:42
questo e' solo il giornale del mattino, poi uscira' anche l'edizione serale, sempre con notizie attinenti alla dirigenza ed alla rosicazione--

novita' di pianificazione strategica:
obiettivi di sensibilizzazione agli utenti

mission come dovrebbe essere il rosicatore ideale:

uscira' presto una sezione usi costumi, comportamenti e sentite sentite..............la dieta del rosicone ideale, che cosa dovrebbe mangiare, quando mangiare tutto nei prossimi numeri.
ciao

saluto particolare a e quando , ed a si uo' fare.
senza trsascurare speranza e funzionario ribelle.

Da: speranza17/01/2009 21:28:57
ciao, grazie, confesso che devo ancora leggere il giornale, mi scoraggia un pò la lunghezza; oggi è stata una giornataccia passata in gran parte ad eliminare virus dal computer e sono rimasta anche isolata per un pò... devo capire un pò meglio questa storia del giornale, io sarei per lanciare il titolo di una notizia e poi sollecitare i commenti dei lettori.

Da: SPF17/01/2009 23:33:52
la pagina del diritto (sulla pregiudiziale amministrativa):
Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili - sentenza 23 dicembre 2008 n. 30254.
Scusandomi per eventuali inesattezze:
Le SS.UU. affermano, con argomentazioni complesse e articolate, che il rifiuto da parte del giudice amministrativo di esaminare la domanda risarcitoria del privato, sul presupposto che la dichiarazione di illegittimità e conseguente annullamento dell'atto amministrativo sia condizione di procedibilità per l'autonoma richiesta di risarcimento, è viziato da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetto a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione.

Da: speranza18/01/2009 12:49:44
ok, se non c'è commento ( forse perchè non siamo in grado di aggiungere niente di significativo ), si può continuare con la segnalazione di notizie considerate rilevanti, preferibilmente nella forma di comunicato ANSA, cioè brevissime. Ciò non toglie che una notizia precedente possa poi essere ripresa ed approfondita, dopo che siamo riusciti a documentarci un pò. Io procederei così, se per voi va bene.

Da: Mary Poppins18/01/2009 13:44:45
Buona Domenica a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!
Siete i migliori!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Da: speranza18/01/2009 13:52:41
anche tu, per questo dovresti stare di più con noi.

Da: alex18/01/2009 19:23:03
Barzelletta del giorno: La triste verità degli impiegati dipendenti
pubblicato:

Due vecchi amici si incontrano dopo tanto tempo.
Dopo un festoso abbraccio e i convenevoli di rito, uno chiede allâaltro:
âSenti, ma sei ancora vicepresidente di quella grossa ditta?â
âSi, certo, perchè??â
âEcco, vedi, mio figlio si eâ appena diplomato e vorrei che si forgiasse e cominciasse a guadagnarsi
qualche soldino. Te lo raccomando, vedi che puoi fareâ
âBehâpotrei farlo entrare nel Consiglio di amministrazione. Non deve sapere nulla di particolare,
basta che sia presente quando lo chiamo e dica un paio di cazzate, 10.000 Euro mensili più le spese. Andrebbe bene?â
âUhmânon soâtroppi soldi, e un posto troppo elevato. Non avresti qualcosa di più semplice, per cominciare?â
âRevisore dei conti! Deve solo trovare errori ai rapporti che gli passano e qualche altra stupidaggine. 7.000 Euro mensili piuâ vittoâ
âSei matto? Qualcosa di più umile. Sta appena iniziandoâ
âUhmâVediamoâDirettore! Un paio di ordini al giorno e rompere le scatole ai dipendenti. 4.000 Euro mensili più viaggiâ
âNo, no, troppo troppo..â
âAllora Direttore Marketing. 2.500 Euro mensili e non deve fare assolutamente niente: dare quello che gli chiedono e passare le carte che gli arrivanoâ
âMa non câeâ niente di piuâ basico, un gradino più basso da cui iniziare la gavetta?â

Da: alex18/01/2009 19:25:42

Super stipendi ai dirigenti degli enti locali
di ........-.........SI
NON HANNO battuto ciglio quando lâex capo del settore ambiente Tolmino Giunchi nâè andato in pensione. Ma in cuor loro hanno esultato di sicuro i dirigenti della Provincia di Forlì-Cesena. Lâaddio precipitoso di Giunchi, incappato nellâinchiesta sugli smaltimenti illegali di fanghi pericolosi, ha allargato infatti la loro fetta di torta. Una torta da mezzo milione di euro allâanno (il vecchio miliardo di lire, che fa più effetto). Eâ il fondo di incentivazione che ogni anno viene spartito tra i quindici dirigenti della Provincia. Un âpremioâ in aggiunta allo stipendio che non diminuisce neanche se qualcuno va in pensione. E così chi resta guadagna di di più. Anche trentamila euro oltre alla paga base. Tutto regolare, tutto lecito, tutto previsto dal contratto nazionale di lavoro. Ma quanto rosicamento per gli impiegati âcomuniâ che faticano a portare a casa 1.200 euro al mese...
Quando si parla di costi della politica e di casta, si sorvola sulla giungla dei compensi degli alti dirigenti degli enti pubblici. Per molti vale ancora lo stereotipo del dipendente pubblico che lavora poco e guadagna poco. Mica vero. Almeno in quanto a retribuzione, alcuni dirigenti di Comune e Provincia non hanno nulla da invidiare ai manager delle società private. Ma la valutazione della loro produttività è alquanto nebulosa e risente di meccanismi che, in un modo o nellâaltro, fanno sempre riferimento alla politica.
Lo stipendio dei dirigenti pubblici è un organismo complesso. Eâ formato da tre parti: la paga base (40 mila euro annui); una retribuzione di posizione che varia in virtù del ruolo ricoperto

Da: speranza18/01/2009 21:30:00
bravo alex per i tuoi pezzi, sono riuscita a leggerti piacevolmente.

Da: funzionario ribelle19/01/2009 07:12:13
buongiorno a tutti

Da: Carla19/01/2009 07:41:49
Per quanto riguarda la sentenza della Cass.Sez.Un. del 23 dicembre 2008, credo di avere compreso che la richiesta autonoma di risarcimento non preclude al G.A. di dichiarare la illegittimità del provvedimento amministrativo lesivo della situzazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio; questa apertura della giurisprudenza di legittimità si pone in linea con l'evoluzione legislativa,; si veda in questo senso soprattutto l'art. 2, comma 5, della legge 241/1990, alla cui stregua, laddove sia proposto ricorso avverso il silenzio inadempimento della amministrazione pubblica, il giudice "può cooscere della fondatezza della istanza".
Credo che per sommi capi questo sia il significato della sentenza della Cassazione.
PER SPERANZA
A volte mi perito, perché indubbiamente non ho le vostre competenze, sia per anni di impiego nella P.A., sia per il fatto di concorrere per la dirigenza (al momento, infatti, desidero lasciare l'attuale occupazione-educatrice di asilo nido-per mettere a frutto la laurea in giurisprudenza; peraltro, a breve, ho l'orale di un concorso -area C-).
Buona giornata a tutti.

Da: Stella19/01/2009 11:29:58
Buon giorno a tutti
una sola parola UP

Da: speranza19/01/2009 19:54:50
oggi siamo un pò fiacchi....

Da: speranza19/01/2009 21:17:20
Oggi ho letto qualcosa sul change management, accennato da Alex qualche giorno fa; mi è sembrato che è qualcosa che ha a che fare con la teoria del cambiamento continuo, o meglio è un qualcosa di radicato nello spirito del manager, che non deve essere solo pronto a cambiare, ma è lui stesso che cambia a seconda della situazione da affrontare in modo da adottare sempre la soluzione migliore;
si parlava poi della formazione intervento, che secondo me ha a che fare con il coinvolgimento diretto, non solo del personale interessato al progetto formativo, ma è un coinvolgimento che riguarda l' intera struttura organizzativa, perchè è importante che siano soprattutto le oreganizzazioni ad apprendere il cambiamento, perchè ci sia vera innovazione.
Avete letto le news, edizione serale- testi liberamente adattati a cura di speranza
prossima edizione: non si sa.

Da: alex20/01/2009 09:07:42
notizie dal fronte
Sui concorsi pubblici è scontro tra T.A.R. e Cassazione. 




Quanti di noi hanno partecipato ad una concorso pubblico, magari classificandosi al secondo posto,  e quanti ancora aspettano il tanto agognato âscorrimento della graduatoriaâ?



Da oggi ci sono ben poche speranze di poter vedere realizzato questo sogno.



A turbare desideri ed ambizioni, infatti, interviene una recente pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale di Milano (15 settembre 2008, sentenza n. 4073/2008) che, tra lâaltro, si pone in netto contrasto con quanto già affermato dai supremi Giudici della legittimità (Cassazione  5 marzo 2003, sentenza n. 3252): âè illegittimo, per contrasto con lâart. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il provvedimento con il quale lâEnte locale, invece di utilizzare la graduatoria degli idonei di una precedente procedura concorsuale, ancora valida ed efficace, per la copertura di posti di nuova istituzione, immotivatamente opta per lâindizione di un nuovo concorsoâ.



Nella fattispecie, un Ente locale, al termine di una procedura selettiva interna per lâaccesso alla qualifica superiore, stila la graduatoria relativa ed individua il vincitore e gli idonei: di seguito lâAmministrazione, per coprire altre vacanze in organico, anziché utilizzare per scorrimento la preesistente graduatoria, ancora valida, indice un nuovo concorso interno; ma tale iniziativa proprio non va giù ai dipendenti già dichiarati âidoneiâ  (ma non vincitori) i quali propongono ricorso al Tar, ritenendo che lâAmministrazione non ha un tale potere autoritativo, atto a disciplinare, al proprio interno, la progressione verticale dei suoi dipendenti da un area allâaltra.



Il Tar dichiara fondata la censura posta dai lavoratori, ma in termini assai diversi: cioè, non perché lâAmministrazione non sia astrattamente titolare di potere autoritativo interno, bensì perché è vincolata, sempre e comunque, a rispettare il principio di buona ed efficiente amministrazione sancito dallâart. 97 della Carta Costituzionale.



âLe norme di ultrattività delle graduatorieâ â" cioè quelle norme che ne regolano la durata nel tempo â" ânon creano di per sé un obbligo dellâAmministrazione di coprire i posti liberi e un corrispondente diritto degli idonei in graduatoria allâassunzioneâ; infatti âlâAmministrazione non può avere lâobbligo di assumere personale del quale non ritiene di avere bisogno e, reciprocamente, non può esistere un diritto allâassunzione nel pubblico impiego di chi non sia vincitore a pieno titolo di un concorso, solo per il fatto che ci sono dei posti liberiâ. Diversamente, le norme sullâultrattività delle graduatorie di concorso contrasterebbero con lâarticolo 97 della Costituzione, poiché âle Amministrazioni pubbliche devono essere organizzate prima di tutto in funzione del servizio pubblico ad esse affidato, che deve essere svolto al minor costo compatibile col miglior risultato; e non già in funzione dei posti dâimpiego che ne derivano, da ricoprire anche se non ve ne siano il bisogno e la possibilità finanziariaâ.



Ma se lâAmministrazione è libera di indire un nuovo concorso pubblico (anziché far scorrere una precedente graduatoria ancora valida) tale potere di decisione non è incondizionato, dovendo sempre e comunque rispettare i principi di imparzialità e buon andamento: infatti âla possibilità di utilizzare le graduatorie anche oltre i termini e le modalità prefissate nella singola procedura concorsuale dà concreta attuazione al principio costituzionale del buon andamento della P.A. (art. 97) e risponde a finalità ed esigenze che prescindono dallâinteresse dellâaspirante risultato idoneo in soprannumero alla copertura effettiva del posto involgendo anche lâinteresse pubblico alla corretta gestione della finanza pubblicaâ.



Eâ chiarissimo il principio che ne deriva, e cioè che se pur spetta solo allâAmministrazione di decidere âse ovviare alla vacanza sopravvenuta  di posti in organico avvalendosi della graduatoria di un precedente concorso ovvero espletando una nuova selezione, i principi generali che informano il procedimento amministrativo impongono una congrua e puntuale motivazione al riguardoâ.



Il Giudice amministrativo riserva una espressa menzione ad una precedente pronuncia  dei supremi Giudici della legittimità,  e ne ribalta completamente la decisione: ânon è condivisibile Cassazione 5 marzo 2003, n. 3252 laddove sembra ritenere che, sempre e comunque, sussisterebbe un vero e proprio diritto soggettivo allâassunzione nel caso in cui lâAmministrazione avesse deciso di coprire il posto vacante  con reclutamento dallâesterno in presenza di una graduatoria ancora validaâ.



Come dire, lâimportante non è partecipare, ma vincere.


Da: alex20/01/2009 09:17:35
qui e' riportato il riparto di giurisdizione:


Pubblico impiego : La giurisdizione in tema di scorrimento delle graduatorie e annullamento di nuove procedure concorsuali


In tema di riparto della giurisdizione in materia di procedure concorsuali, è oramai consolidata la regola secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo non solo sussiste per le controversie relative a concorsi aperti a candidati esterni , ma si estende ai concorsi per soli candidati interni indetti per il passaggio da un´area funzionale ad un´altra .

Di conseguenza, la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie concorsuali si atteggia come residuale ed è relativa ai concorsi per soli interni che comportino progressione nell´ambito della medesima area professionale .) con la precisazione che la competenza residuale della giurisdizione ordinaria deve ravvisarsi non soltanto nelle progressioni meramente economiche ovvero meramente orizzontali, ma anche nei casi di acquisizione di qualifiche più elevate, attribuendosi decisivo rilievo ai nuovi sistemi di inquadramento (previsti dalla contrattazione collettiva) per aree professionali comprendenti una pluralità di profili professionali verticalmente ordinati (per il comparto ministeri, ad esempio, aree A, B e C, ciascuna delle quali suddivisa in tre diverse posizioni, definite retributive ma in realtà funzionali, ordinate per livello di profili professionali).

In definitiva, il discrimen tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, per le controversie inerenti a concorsi interni, è dato dalla permanenza dei vincitori nella stessa area professionale oppure dal loro passaggio ad aree diverse e superiori, compresa, ovviamente l´area della dirigenza ; resta riservato all´ambito dell´attività autoritativa soltanto il mutamento dello status professionale, non le progressioni meramente economiche, nè quelle che comportano sì il conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese tuttavia nella stessa area, categoria, o fascia di inquadramento, e caratterizzate, di conseguenza, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo.

Conclusivamente, in base al criterio del petitum sostanziale, la contestazione della decisione di bandire un concorso interno per la copertura di posti inerenti ad area professionale alla quale già appartengono i partecipanti, è inerente ai poteri di cui l´amministrazione è titolare nell´esercizio della capacità di diritto privato quale parte del contratto di lavoro con giurisdizione del giudice ordinario giacché deve escludersi ogni correlazione con l´attività autoritativa dell´amministrazione datrice di lavoro. Diversamente quando, come nel caso di specie, viene contestata la conformità a legge del potere di indizione di nuovo concorso di progressione per passaggio da una area funzionale all´altra, in presenza della graduatoria di uno precedente ancora efficace, l´interessato chiede tutela nei confronti dell´esercizio del potere amministrativo, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, con la conseguenza che la tutela deve essere accordata dal giudice amministrativo, restando escluso che possa essere concessa mediante disapplicazione della decisione di bandire il concorso nel giudizio ordinario, atteso che il potere di disapplicazione presuppone proprio che la controversia cada su un diritto soggettivo sul quale incide un atto amministrativo oggetto di cognizione "incidenter tantum" .


Si tratta, piuttosto, di un caso di doppia tutela. L´aspirante candidato, infatti, dovrà rivolgersi al Giudice Ordinario del Lavoro per ottenere la declaratoria del suo diritto all´assunzione; tuttavia, qualora contestualmente venga bandita una nuova selezione per la copertura del medesimo posto per il quale si intende far scorrere la graduatoria e si voglia scongiurare il rischio che la pronuncia di accoglimento del Giudice Ordinario rimanga insuscettibile di tutela specifica per sopravvenuta copertura integrale dei posti in organico, l´interessato dovrà rivolgersi anche al Giudice Amministrativo per ottenere la caducazione degli atti di procedura onde assicurarsi la soddisfazione dell´interesse strumentale alla conservazione del posto libero in organico.-

Da: stella20/01/2009 14:46:20
bella roba da digerire
perdete ogni speranza voi che non entrate immediatamente

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