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Magistratura 2015
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Da: Cattivo05/10/2015 11:38:35
io suono la chitarra...
un extraterrestre mi ha insegnato come suonare
Rispondi

Da: Endymion road05/10/2015 11:39:44
Quindi Zaffiro, in camera di consiglio come funzionerà? Aspetterai un piccione viaggiatore con un rotolo di pergamena con la sentenza fra le zampette?
Rispondi

Da: Cattivo05/10/2015 11:44:05
...e all'esame di luglio ho litigato a lungo con il mio amico immaginario (il vecchio Jimmy) su come impostare il tema di civile...
Rispondi

Da: A dire il vero 05/10/2015 11:45:41
Vi prego, smettete di dare attenzioni a questa poveretta... Ma non vi rendete conto di quanto è messa male? L'unico suo obiettivo è ottenere attenzioni e suscitare le altrui reazioni rancorose: conoscete il meccanismo per cui si cerca di proiettare fuori di se' difficoltà e conflitti che non si è in grado di gestire da soli? Questo fa la poveretta, e leggere i vostri post aggressivi non fa che incoraggiarla: non vedete che i suoi post sono sempre più deliranti? Ignoratela, per il suo stesso bene.
Rispondi

Da: zaffiro7 05/10/2015 11:47:01
vi racconto anche questa:
dovevo sostenere uno scritto importante, ma non posso dirvi di cosa si trattava.
Io non avevo studiato perchè avevo fatto altri studi diversi.
Mi consulto e i colleghi mi informano che le tracce papabili sono 7. Io solo con l'ntuito mi convinco che sarebbe uscita una traccia tra le 7 elencate.
Mi vado a copiare di sana pianta un tema che avevo svolto in un precedente corso e me lo conservo in tasca.
il giorno prima un professore mi vede e mi dice, tranquilla se vuoi io durante la prova passo e vedo di aiutarti ( senza che io abbia chiesto nulla , ci provava con me )

il giorno dell'esame esce proprio quel tema, io non credevo ai miei occhi, mi sono copiata la traccia che avevo preparato, nel mentre passa il prof che si avvicina, ma io non lo degno di considerazione e gli rispondo " Prof, non ho bisogno di  nessuno che mi aiuti, se ne vada.

chi mi ha aiutato alla fine ? Il mio intuito.
Rispondi

Da: qoob 05/10/2015 11:52:50
zaf io ti sono amica, però adesso smettila
Rispondi

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Da: dorotea80. 05/10/2015 11:53:06
ricoverati
RICOVERATI
RICOVERATI
ricoverati
STAI PEGGIORANDO LA SITUAZIONE. RICOVERATI. RICOVERATI
Rispondi

Da: Diamond105/10/2015 11:53:31
senti Zaffiro, visto che sei di Roma e ci azzecchi sulle tracce, ti propongo di studiare insieme.
Rispondi

Da: Veritaaaaaaaa05/10/2015 11:56:46
Zaffiro non è di Roma. È una cretina lombarda.
Rispondi

Da: Ancora...05/10/2015 11:57:49
PARLATE DI DIRITTOOOOO !!!
ZAFFI STAI PROPRIO MALE è
Rispondi

Da: zaffiro7 05/10/2015 11:59:07
qoob, in nome dell'amicizia e per il bel rapporto che si è creato di là ti dò la mia parola che non continuerò più in questa discussione.

Sono un pò stanca e la mia mente fa questi voli.
Ti ringrazio.
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 11:59:57
bastaaa
Rispondi

Da: dorotea80. 05/10/2015 12:00:38
NO è UNA CRETINA E BASTA.
MI AUGURO CHE SU MAGISTRATURA 2013 SE NE ACCORGANO....
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:00:57
Il reato di calunnia
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Il reato di calunnia: disciplina e caratteri generali
Il reato di calunnia trova la propria disciplina nell'articolo 368 del codice penale e si configura qualora un soggetto, per mezzo di denuncia, querela, richiesta o istanza - all'autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria o alla Corte penale internazionale - incolpi di un reato una persona di cui conosce l'innocenza ovvero simuli a carico di quest'ultima le tracce di un reato.
La pena edittale prevista dal codice è compresa tra un minimo di due anni e un massimo di sei anni. Sottesa a questa disciplina si ravvisa una duplice ratio: da un lato, il legislatore ha inteso tutelare il corretto funzionamento del sistema giudiziario per evitare che l'attività investigativa e della magistratura venga paralizzata da false notizie di reato. Dall'altro lato, il codice penale è volto a tutelare il cittadino innocente che, laddove fosse calunniato, vedrebbe lesa la propria dignità e il proprio onore. Perché si concretizzi questa fattispecie di reato, il soggetto incolpato deve essere innocente o per non aver commesso il fatto o per avere agito in presenza di cause di giustificazione. La calunnia si configura sia quando il reato è stato effettivamente commesso da altri, sia quando il reato è il frutto della fantasia dell'accusatore.



La giurisprudenza sulla calunnia: la natura del reato, l'elemento materiale e l'elemento soggettivo
Se questi sono i tratti caratterizzanti del reato di calunnia, in giurisprudenza si trovano numerose pronunce che depongono proprio in questa direzione. Il delitto di calunnia ha, secondo il giudice di ultima istanza, natura plurioffensiva perché lede l'interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia ed offende l'onore dell'incolpato che è legittimato ad opporsi alla richiesta di archiviazione del relativo procedimento (Cassazione penale, n. 21789/2010). Quanto all'elemento materiale, perché si configuri il reato di calunnia non è necessario che nella denuncia siano indicati tutti gli elementi costitutivi del reato, bastando la chiara indicazione del fatto oggetto di falsa incolpazione (Cassazione penale, n. 6092/1983). Infine, passando all'elemento soggettivo, il dolo si sostanzia nella consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato e a nulla rilevano i moventi psicologici della condotta del reo (Cassazione penale, n. 3351/1989).
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Fonte: Il reato di calunnia
(www.StudioCataldi.it)
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Da: TRIS 05/10/2015 12:02:08

Il reato di ingiuria
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GUIDA DI DIRITTO PENALE
Parte generale:
+ Il reato
+ Il reo
+ La pena
+ Conseguenze civili
Vedi anche: Guida di procedura penale

Parte speciale:
+ I reati in particolare: reati di più frequente trattazione
+ Codici
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Vedi anche:
Guida di procedura penale
Guide legali di diritto civile
Il reato di ingiuria di cui all'art. 594 c.p. è commesso da chiunque offenda "l'onore o il decoro di una persona presente".

La pena prevista è la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a 516 euro, fatte salve le aggravanti di cui al terzo e al quarto comma se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato o se è stata commessa in presenza di più persone.

In questa pagina: Il bene giuridico tutelato | Soggetto attivo e passivo nel reato di ingiuria | Elemento oggettivo del reato | La condotta | Elemento soggettivo del reato di ingiuria | Ritorsione e provocazione | La querela e la prova liberatoria | Fac-simile di querela per ingiuria

Il bene giuridico tutelato
La fattispecie incriminatrice tutela i beni giuridici dell'onore, inteso come l'insieme delle qualità morali che concorrono a determinare il valore di una persona, e del decoro, concernente il rispetto (o il riguardo) di cui ciascun individuo è degno (Cass. n. 34599/2008), da ogni attacco diretto alla dignità personale e sociale dell'essere umano, che ricada sotto la sua percezione.

Considerata l'estrema variabilità dei suddetti concetti, la linea di confine tra ciò che può costituire ingiuria e ciò che, invece, non lo è (annoverandosi, ad esempio, come una semplice scortesia) è spesso molto sottile, rimanendo così affidata all'apprezzamento del giudice, il quale dovrà necessariamente contestualizzare l'offesa, "cioè rapportarla all'ambito spazio-temporale nel quale è stata pronunziata" (Cass. n. 30790/2014; n. 37105/2009), tenendo conto della sua obiettiva capacità offensiva e dei rapporti tra le parti (Cass. n. 10188/2011; n. 3931/2010; n. 37301/2013).



Soggetto attivo e passivo nel reato di ingiuria


Il soggetto attivo del reato di ingiuria può essere chiunque, considerato che si tratta di un reato comune che, pertanto, può essere commesso contro qualsiasi individuo, a prescindere dalle condizioni soggettive o dalle qualifiche possedute.

Oltre a tutte le persone fisiche, si ritiene possano diventare soggetti passivi del reato de quo anche le persone giuridiche, le associazioni, le organizzazioni, le comunità religiose (ecc.) considerati lesi nell'onore sociale, collettivo quale bene comune a tutti i membri, senza che ciò escluda la configurazione delle offese anche nei confronti dei singoli.

A lungo discusso è stato, invece, l'inserimento degli incapaci di intendere e di volere tra i soggetti passivi del reato, in ragione dell'incapacità, appunto, di una percezione soggettiva del delitto. Ma, considerato che "l'oggetto della tutela penalistica va individuato in termini più ampi, nel valore della dignità umana in quanto tale - e che non è necessario - che il soggetto a cui le espressioni offensive vengono rivolte sia in grado di percepirle e in effetti le percepisca", l'orientamento della giurisprudenza ritiene non vi sia ragione di escludere dalla protezione i soggetti incapaci (cfr. ex multis, Cass. n. 2486/1998).



Elemento oggettivo del reato
Secondo il disposto dell'art. 594 c.p., l'ingiuria deve essere commessa in presenza del soggetto passivo del reato; viceversa, si dovrebbe ritenere sussistente la diversa fattispecie incriminatrice della diffamazione.

Il requisito della presenza, tuttavia, per la giurisprudenza pacifica, non va inteso come una "contiguità fisico-spaziale" tra la vittima e l'autore del reato, potendo configurarsi la fattispecie anche quando "la vittima delle espressioni offensive non possa dirsi effettivamente presente", essendo sufficiente, per la consumazione del reato che l'ingiuria, pur non proferita direttamente alla persona interessata, sia divulgata a terze persone, in modo che venga comunicata all'offeso. Risponde, infatti, del reato, anche colui il quale si serva di un intermediario, con la consapevolezza "che l'ingiuria sarà comunicata all'offeso e che questi ne abbia effettiva comunicazione" (Cass. n. 29221/2014; n. 2781/1962).

La condotta
Il delitto di ingiuria è a forma libera, per cui può configurarsi mediante una varietà di condotte e con qualsiasi mezzo.

Potrà, pertanto, ritenersi sussistente il reato in presenza di ingiuria verbale, commessa quindi con l'uso della parola, così come, secondo l'espresso disposto dell'art. 594, 2° comma, c.p., potrà configurarsi la fattispecie incriminatrice se l'offesa è manifestata "mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa".

Possono integrare la fattispecie de qua, anche i comportamenti materiali (ingiuria reale), che costituiscono una manifestazione di disprezzo nei confronti di colui al quale sono diretti (Cass. n. 37301/2013; n. 4845/1990), con l'obiettivo di causare una sofferenza morale e non fisica (si pensi ad es. ad uno sputo, ad uno schiaffo, ecc.). 



Elemento soggettivo del reato di ingiuria
Secondo l'orientamento giurisprudenziale dominante, in materia di delitto di ingiuria, non è richiesta la presenza del dolo intenzionale, essendo sufficiente la sussistenza della volontà dell'autore del reato di utilizzare espressioni ingiuriose con la consapevolezza di offendere l'altrui onore e decoro.

Il reato di ingiuria è, infatti, "figura giuridica caratterizzata dal dolo generico e riguarda ogni espressione lesiva della dignità e dell'onore della persona" (Cass. n. 26936/2014).

Ritorsione e provocazione
La punibilità del reato di ingiuria è limitata o esclusa nelle ipotesi espressamente previste dall'art. 599 c.p.

Nel primo caso,  la c.d. "ritorsione" è causa di limitazione "se le offese sono reciproche", giacchè il giudice può dichiarare non punibili "uno o entrambi gli offensori".

Nel secondo caso, la c.d. "provocazione", laddove le offese siano arrecate "nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso", vale come causa di esclusione della colpevolezza.



La querela e la prova liberatoria
Secondo il disposto dell'art. 597 c.p., il reato di ingiuria è perseguibile a querela della persona offesa.

Qualora, la persona offesa deceda prima della presentazione della querela e non sia ancora decorso il termine (tre mesi da quando il defunto ha avuto notizia del fatto che costituisce reato), questa può essere proposta dai prossimi congiunti, dall'adottante e dall'adottato; analogamente si procede nell'ipotesi in cui la persona offesa muoia successivamente alla proposizione della querela di parte.

Per quanto concerne il regime probatorio, ai sensi dell'art. 596 c.p., l'autore dell'ingiuria non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa (c.d. esclusione della prova liberatoria), se non nei casi previsti espressamente dalla stessa norma.



Fonte: Il reato di ingiuria
(www.StudioCataldi.it)
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Da: Endymion road05/10/2015 12:03:19
Fortuna, bellezza tale da far pentire i gay e opus dei.

!!!
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:03:27
La associazione di stampo mafioso dal punto di vista normativo e criminologico
Pubblicato in Diritto straniero il 29/01/2009

Autore:
46407 Allegria Angela     Vai alla scheda dell'autore
Ico_a+  Ico_a-   Stampa   Invia   0 commenti
Pagina: 1 2 3 4 di 4  Dx

L'espressione "criminalità organizzata" è stata introdotta intorno alla metà degli anni Settanta, in relazione ai fenomeni dei sequestri di persona e di diffusione degli stupefacenti ed alla com parsa dei primi gruppi terroristici.
In tale contesto sono state introdotte nel nostro codice penale le figure dell' "Associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico", prevista dall'art. 270 bis c.p., e della "Associazione di tipo mafioso",  prevista dall'art. 416 bis c.p.
L'introduzione dell'art. 416 bis c.p. all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, avvenuta a seguito della Legge 13 dicembre 1982 n. 646, esprime il tentativo di dare una definizione giuri dica all'organizzazione mafiosa,fissando in esso una categoria criminologica abbastanza com plessa, categoria che, fino al 1982 godeva di ampi spazi di impunità.
Il legislatore del 1982 è partito  da un concetto metagiuridico, quello di mafia, per farne una categoria giuridica,qual'è quella di associazione di tipo mafioso, la cui estensione viene addirti tura dilatata, in base alla statuizione contenuta nell'ultimo comma, introdotto, per ricom prendere le altre associazioni comunque denominate, ma che presentino i caratteri di quella mafiosa.
Prima del 1982, le posizioni all'interno della dottrina erano diverse ed opposte.
Una parte della dottrina riteneva che, di per se stessa, nel caso della mafia non si realizzassero gli estremi del delitto di associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p. poiché, per poter ravvisare tale delitto, occorreva che fra le finalità dell'associazione vi fosse quella di realizzare determinate fattispecie criminose (Antolisei).
Altra parte della dottrina, invece, considerava la mafia associazione per delinquere (Manzini).
Secondo un altro orientamento,manifestato da molti membri della Prima Commissione Parla mentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, per sconfiggere la mafia era necessario far ricorso alle misure di prevenzione.
Per contro,la tesi dell'applicabilità della fattispecie di cui all'art. 416 c.p. era stata recepita da tempo da gran parte della giurisprudenza sebbene,dinanzi ai numerosi insuccessi giudiziari e all'intensificarsi dell'attività criminosa (basti pensare ad esempio al processo di Catanzaro), il legislatore italiano avesse
emanato la Legge 31 maggio 1965, n. 575, nella quale privilegiava le misure di prevenzione.
Il termine "mafia" fa ingresso in un testo normativo della Repubblica ad opera del legislatore del 1975 il quale, per la prima volta, introduce il concetto di  "associazione mafiosa", pur non chiarendo il significato di tale definizione.
Tanto era avvenuto in ambito giurisprudenziale da parte della Suprema Corte un anno prima, con l'ordinanza del 12 novembre 1974, nella quale l'associazione mafiosa veniva definita "ogni raggruppamento di persone che, con mezzi criminosi, si proponga di assumere o mantenere il controllo di zone, gruppi o attività produttive, attraverso l'intimidazione sistematica e l'infiltra zione di propri membri in modo da creare una situazione di assoggettamento e di omertà che renda impossibili o altamente difficili le normali forme di intervento punitivo dello Stato".
L'affermazione del principio di non regionalità del fenomeno mafioso, unitamente alla fissazione dei parametri dell'intimidazione, dell'assoggettamento e dell'omertà, ed all'individuazione di scopi anche economici dell'associazione, fa sì che si possa riconoscere all'ordinanza 12 novembre 1974 la presenza in nuce di tutti gli elementi essenziali del futuro art. 416 bis c.p.
L'atto di iniziativa da cui è scaturito l'art. 416 bis c.p. è costituito dalla proposta di legge n. 1581, presentata il 31 marzo 1980, la c.d. "proposta La Torre". In essa si prospetta un nuovo metodo di analisi del fenomeno mafioso il quale considera non una macro-organizzazione mafiosa, ma ogni micro -organizzazione di quel tipo. Tale visione risulta chiara a causa del fatto che si ritiene sufficiente un gruppo di tre persone a costituire un'associazione mafiosa.
Nella relazione alla proposta La Torre si sostiene la necessità di misure che colpiscano la mafia nel patrimonio, essendo il lucro e l'arricchimento l'obbiettivo di questa forma di criminalità, che ben si distingue per origini e funzione storico-politica dalla criminalità comune e dalla crimina lità politica strettamente intesa.
Siamo però sempre nell'ambito delle associazioni mafiose tradizionali; non si parla ancora delle associazioni di tipo mafioso.
[...]
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Da: TRIS 05/10/2015 12:04:48
L'interesse legittimo
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L'interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva che è stata, per la prima volta,  individuata, anche se non espressamente "nominata", dalla l. n. 5992/1889 istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato.

Tuttavia, nè la norma dianzi citata, nè quelle contenute all'interno della Costituzione che battezzano la posizione soggettiva in termini di interesse legittimo (cfr. gli artt. 24, 103 e 113) forniscono una definizione di interesse legittimo presupponendone, quindi, la nozione e fondando, sulla distinzione tra tale posizione soggettiva e quella di diritto soggettivo, il criterio di riparto della giurisdizione tra il GO e il GA.

In effetti il dibattito sulla natura dell'interesse legittimo e sulla differenza tra l'interesse legittimo e il diritto soggettivo è stato particolarmente corposo.

Si è passati da una serie di tesi incentrate sull'interesse alla legittimità dell'azione amministrativa,  con la sottovalutazione più o meno marcata dell'interesse sostanziale del privato, alla concezione dell'interesse legittimo in termini di interesse ad un bene della vita il cui conseguimento discende dall'esercizio legittimo del potere amministrativo. Tra le tesi aderenti al primo filone, posono individuarsi:

la teoria dell'interesse occasionalmente protetto, protetto solo, cioè, nella misura in cui la sua lesione si accompagni ad una lesione del pubblico interesse (tesi, peraltro, criticata in quanto non sempre l'interesse pubblico è garantito dalla legittimità dell'azione amministrativa essendovi casi in cui la conservazione di un provvedimento illegittimo può garantire un'utilità pubblica maggiore della sua rimozione);

la teoria dell'interesse legittimo come posizione legittimante al ricorso giudiziale (tesi criticata in quanto confonde il piano processuale da quello sostanziale, viene, peraltro, sottolineato come il titolare dell'interesse legittimo debba pur sempre, ai fini dell'esperimento dell'azione giudiziale, dimostrare il proprio interesse a ricorrere);

la teoria dell'interesse legittimo come interesse alla legittimità dell'azione amministrativa. Tale tesi omette la considerazione dell'interesse individuale connesso all'esercizio legittimo dell'azione amministrativa che, invece, secondo la moderna dottrina costituisce il dato saliente dell'interesse legittimo.

Prevale, oggi, in dottrina la tesi per la quale l'interesse legittimo è l'interesse soggettivo sostanziale ad una determinata utilità della vita connesso all'esercizio legittimo dell'azione amministrativa, che, nel suo esplicarsi, deve tenere conto dell'interesse pubblico primario e degli interessi privati coinvolti dall'esercizio del potere. L'utilità sostanziale che costituisce l'oggetto dell'interesse legittimo, dunque, non si realizza se non attraverso l'interesse strumentale a che la PA agisca legittimamente. La tutela dell'interesse alla legittimità dell'atto amministrativo comporta contestualmente la realizzazione dell'interesse legittimo sostanziale ed individuale che la legittimità dell'azione amministrativa (intesa come legittimo ed equo contemperamento dell'interesse pubblico primario con gli interessi privati cc.dd. secondari) garantisce. La natura anche sostanziale dell'interesse legittimo è confermata dall'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo introdotto di recente dalla L. n. 15/2005 a mente del quale l'annullamento dell'atto per vizi del procedimento e per carenza della motivazione non è ammesso qualora, per la natura vincolata dell'atto, debba escludersi che il suo contenuto potesse essere diverso. Secondo la dottrina e la giurisprudenza recenti, l'art. 21 octies deve essere letto in un'ottica generale come diretto ad estendere la cognizione del GA, in materia di attività provvedimentale della PA, alla spettanza sostanziale della pretesa, non limitandosi ad un giudizio sulla legittimità formale del provvedimento.

L'interesse legittimo può essere pretensivo e, cioè, diretto al conseguimento di uno specifico provvedimento amministrativo e della relativa e connessa utilità sostanziale o, al contrario, si può trattare di un interesse legittimo oppositivo, volto, cioè, ad impedire provvedimenti amministrativi lesivi delle proprie situazioni soggettive e ciò sia in via preventiva sia, in via successiva, con ricorsi amministrativi o giudiziali volti alla rimozione del provvedimento amministrativo illegittimamente adottato. La differenza tra interessi pretensivi ed oppositivi non più essenziale ai fini del risarcimento del danno riconosciuto, in via astratta, successivamente alla storica sentenza n. 500 del 1999 delle SS.UU della Suprema Corte di Cassazione, per entrambe le tipologie di interesse, mantiene una particolare rilevanza in tema di quantificazione del danno in quanto, in relazione agli interessi oppositivi, esso può agevolmente calcolarsi sulla base dell'originaria posizione sostanziale incisa dal provvedimento mentre, con riferimento agli interessi pretensivi, è necessario un complicato giudizio prognostico sulla spettanza del bene.

L'interesse legittimo può anche configurarsi come interesse partecipativo, inteso ad esprimere il proprio contributo già all'interno del procedimento volto all'adozione del provvedimento amministrativo e come interesse procedimentale acchè il procedimento amministrativo si concluda nella tempistica prestabilita.Con riferimento all'interesse partecipativo, parte della dottrina afferma trattarsi di un vero e proprio diritto soggettivo e, tuttavia, nell'affermarne la strumentalità ai fini della tutela della posizione soggettiva eventualmente incisa dal provvedimento finale, si tratta di tesi che non conduce a modifiche in tema di riparto di giurisdizione.

L'interesse legittimo si distingue dal diritto soggettivo innanzitutto in quanto, ai fini della sua realizzazione, è necessaria l'intermediazione della PA mentre il diritto soggettivo può realizzarsi direttamente o attraverso il comportamento del soggetto creditore.

Sotto il profilo delle forme di protezione, poi, il diritto soggettivo conosce solo le azioni risarcitorie e quelle reintegratorie mentre l'interesse legittimo può condurre ad esperire azioni di annullamento del provvedimento lesivo o ricorsi in via amministrativa. Inoltre l'interesse legittimo consente di avviare il procedimento amministrativo e di parteciparvi.

Deve, peraltro, sottolinearsi come sia stata abbandonata la teoria dei diritti condizionati, secondo la quale un diritto soggettivo, dinanzi all'esercizio del potere autoritativo, subiva un affievolimento trasformando la propria consistenza sostanziale in interesse legittimo da far valere in sede giurisdizionale amministrativa. Secondo la più moderna dottrina, infatti, la posizione di diritto soggettivo, nel rapporto con l'esercizio del potere, è suscettibile subire limitazioni più o meno incisive ma non si trasforma in interesse legittimo in quanto, piuttosto, convive con tale ultima situazione soggettiva che consente la partecipazione al procedimento amministrativo e la reazione giudiziale avverso un provvedimento che sia stato illegittimamente adottato.

A seguito della pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 500/1999, inoltre, la lesione di un interesse legittimo consente la tutela risarcitoria di cui all'art. 2043 cc e, secondo la più recente giurisprudenza di Cassazione in tema di pregiudiziale amministrativa, anche laddove il provvedimento amministrativo non sia stato impugnato nel termine di decadenza (si vedano anche la sentenza n. 19200 del 24 settembre 2004 delle SS.UU. della Suprema Corte nonchè, più in generale sul tema, la sentenza n. 2348 del 11 maggio 2007 della Sezione V del Consiglio di Stato). 



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Da: Endymion road05/10/2015 12:05:28
Ha scritto anche le materie dell'orale... rintracciarla praticamente è una bazzecola. Non tanto perché abbia commesso reati, quanto per riderle in faccia quando, ahimé, la incontrerò al concorso.
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:06:13
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Gli strumenti finanziari costituiscono l'insieme dei mezzi di investimento di natura finanziaria.
Essi sono elencati nel Testo Unico della Finanza[1] all'articolo 1, comma 2 e sono:

a) valori mobiliari, con i quali si intendono tutte le categorie di valori negoziati nel mercato dei capitali. Si tratta quindi di:

- azioni (o altri titoli equivalenti) e certificati di deposito azionario;
- obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
- qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i
valori mobiliari indicati alle precedenti lettere;
- qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con
riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a
rendimenti, a merci, a indici o a misure.

b) strumenti del mercato monetario, con i quali si intendono le categorie di strumenti
normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di
deposito e le carte commerciali;
c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap»,
accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari,
valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure
finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento
di differenziali in contanti;
e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap»,
accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui
regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo
a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento
o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;
f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e
altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del
sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di
negoziazione;
g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap»,
contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può
avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che
non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati,
considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione
riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;
h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;
i) contratti finanziari differenziali;
j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap»,
contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche,
tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il
cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal
modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a
inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti
derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere
precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro,
se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari
richiami di margini.
Non sono invece strumenti finanziari tutti i mezzi di pagamento.

Note.
[1] Si faccia riferimento al TUF del novembre 2007, Aggiornato con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 164 del 17.9.2007 (MiFID) e dal .lgs. n. 195 del 6.11.2007 (Trasparency).



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Da: resettiamo05/10/2015 12:06:57
Dai cambiamo argomento. E' uscito il numero mensile della rivista di Bellomo. Poco spazio ai romanticismi questa volta. Una breve introduzione e poi un articolo sulla teoria dei giochi della sua ricercatrice. Dev'essere geniale, quando avrò capito come funziona..
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:07:13
LE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI

Risparmio
I CONTRATTI DERIVATI
I prodotti derivati sono strumenti complessi, destinati ad investitori professionali o comunque sofisticati ed in grado di affrontare rischi particolari.
Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore e i cui diritti incorporati "derivano" dalle dinamiche dei prezzi delle attività sottostanti oggetto del contratto quali la quotazione di un titolo, il valore di una determinata merce, il valore di cambio di una valuta, i tassi di interesse.
La stima del valore dei prodotti derivati, ad un certo momen­to, richiede la capacità di simulare i possibili scenari futuri del sottostante al fine di determinare, per ciascuno scenario, il con­seguente valore.
Le principali categorie di contratti derivati sono i contratti a ter­mine, i future, gli swap.Il funzionamento di questi strumenti è estremamente complesso sia nella parte contrattuale che in quella matematico-finanziaria; molto spesso tali prodotti prevedono l' effetto leva ovvero la pos­sibilità di accusare una perdita superiore al capitale investito.

I TITOLI DI STATO
I titoli di Stato sono strumenti finanziari di debito, emessi dagli Stati sovrani.
Il rendimento ed il livello di rischio dei titoli di Stato dipende dalle caratteristiche dell'emittente: i titoli di stato emessi da Paesi Emergenti (ad esempio i bond argentini), presentano rendimenti e rischi maggiori di quelli emessi da Stati con un economia più solida quali i titoli di Stato americani o tedeschi.
I titoli di Stato italiani possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:
BOT (Buoni ordinari del Tesoro)
Sono titoli a breve termine emessi con scadenze ugua­li o inferiori all'anno; sono ammessi alla quotazione sui mercati regolamentati quali il MOT, (mercato telemati­co delle obbligazioni e dei titoli di Stato) per quantita­tivi limitati (da 1.000 euro ) e sono particolarmente liquidi
(è possibile venderli anche prima della scadenza);
sono titoli zero-coupon: il rendimento dell'investimento non è dato dall'interesse periodico, ma dalla differenza tra il prezzo d'acquisto ed il valore nominale di rimborso, dedotta la ritenuta fiscale del 12,5% e le eventuali com­missioni di negoziazione.9
BTP (Buoni poliennali del Tesoro)
Sono titoli obbligazionari a reddito fisso con durata medio lunga (3, 5, 7, 10, 30 anni), con un taglio minimo di 1.00 euro  ; corrispondono una cedola semestrale costante e prede­terminata all'emissione soggetta ad una ritenuta fiscale del 12,50%; sono titoli molto diffusi, quotati sul MOT, e quindi mol­to liquidi, ovvero facilmente vendibili.
CCT (Certificati di credito del Tesoro)
I CCT sono titoli con durata di 7 anni;
sono a tasso variabile in quanto corrispondono interessi periodici parametrati ai rendimenti dei BOT in emissione nel mese precedente alla data di maturazione della cedola. I CCT consentono quindi di adeguare la cedola ai tassi di mercato e di garantire, quindi, in occasione di eventuale negoziazione prima della scadenza, un capitale verosimil­mente uguale a quello inizialmente investito;
le commissioni di collocamento previste per i CCT am­montano allo 0,30% e sono retrocesse dal Te­soro agli intermediari finanziari al momen­to della sottoscrizione. Conseguentemente, gli intermediari sono tenuti ad applicare alla clientela il prezzo d'asta, senza ag­gravio di commissioni.
Le commissioni di negoziazione non possono superare lo 0,05% per i titoli con durata residua uguale o inferiore agli 80 giorni; lo 0,10% per i titoli con durata residua compre­sa tra gli 81 ed i 170 giorni; lo 0,20% per quelli con durata residua tra i 171 ed i 330 giorni e lo 0,30% per i titoli con durata residua pari o superiore a 331 giorni.
LE OBBLIGAZIONI
Sono, come i titoli di Stato, strumenti di debito che però vengo­no emessi dalle banche, da società private o da enti sopranazio­nali come la BEI (Banca Europea per gli Investimenti), la BIRS (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo).
Di regola le obbligazioni incorporano due diritti:
una cedola periodica (il tasso di interessi promesso dal­l'emittente) che può essere fisso o variabile e quindi mu­tare con i tassi di interesse;
la restituzione del capitale alla scadenza fissata dall'emit­tente (possono quindi essere titoli a medio, lungo, o breve termine a seconda dei casi).
Il livello di rischio delle obbligazioni può variare sensibilmen­te a seconda delle caratteristiche dello strumento finanziario e dell'emittente. In linea di massima se l'emittente è una banca o un ente soprannazionale il tasso di interesse ed il rischio sono in­feriori a quelli di un'obbligazione emessa da una società privata (corporate bond).

In alcuni casi il rischio del titolo può essere segnalato dal giudi­zio di rating espresso dalle agenzie specializzate (il rating va da AAA a CCC ed è suddiviso in due fasce "investment grade" e "speculative grade").
Per valutare il rendimento di un'obbligazione si può tenere in considerazione anche il prezzo d'acquisto. Quando si acquista un'obbligazione al di sotto del valore nominale o di rimborso (ex a 98), il rendimento complessivo è dato anche dallo scarto tra prezzo d'acquisto e di rimborso. Quando il titolo è negoziato in misura sensibilmente inferiore alla pari significa che il mercato avverte un rischio di insolvenza maggiore.
Obbligazioni "zero coupon": non prevedono la correspon­sione delle cedole, ma sono acquistabili ad un prezzo inferio­re al valore di rimborso (la differenza tra il valore d'acquisto e quello di rimborso rappresenta il rendimento del titolo).11
Le obbligazioni strutturate: sono obbligazioni particolar­mente complesse (e spesso rischiose) in quanto le cedole o la restituzione del capitale possono essere ancorate ad indici di borsa o ai risultati dell'emittente o di società terze.
Le obbligazioni reali sono obbligazioni indicizzate al tas­so d'inflazione che permettono al risparmiatore di difen­dere il capitale investito dall'erosione dovuta all'aumento dei prezzi che si può verificare prima del rimborso.
I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO
La funzione e la struttura
I fondi comuni di investimento sono organismi di investimento collettivo del risparmio.
I fondi, sono suddivisi in tante parti unitarie, dette quote, che vengono sottoscritte dai risparmiatori e garantiscono uguali diritti. La somma delle quote sottoscritte dal risparmiatore dà la misura della sua partecipazione al fondo.
Per garantire la correttezza e la trasparenza della gestione collet­tiva del risparmio il fondo di investimento deve essere gestito da una società di gestione del risparmio (s.g.r.) che si avvale di una banca depositaria. Il gestore del fondo deve diversificare gli inve­stimenti in modo da attenuare i rischi dei risparmiatori.
Il titolare di una quota del fondo comune di investimento può in ogni momento uscire dal fondo e richiedere la liquidazione della propria quota, anche se non ha mai la certezza di ottenere un risultato sicuro e di non accusare una perdita del capitale investito.

Le caratteristiche dei fondi comuni
Per scegliere in quale fondo investire occorre leggere attentamen­te il prospetto informativo che deve essere consegnato prima della sottoscrizione. Nel prospetto informativo sono contenute infor­mazioni molto importanti quali quelle relative alle caratteristiche del fondo, alla politica di gestione del risparmio scelta dalla s.g.r., alla tipologia di strumenti finanziari nei quali può essere investito il fondo, nonché il livello di rischio del prodotto.
I fondi di investimento possono essere raggruppati nelle seguen­ti principali categorie, anche in considerazione del loro livello di rischio:
liquidità o monetari il fondo è investito in titoli obbliga­zionari a brevissimo termine (massimo 6 mesi);
obbligazionari il fondo è investito esclusivamente in titoli obbligazionari; questi fondi possono distinguersi in base alla valuta dei titoli in portafoglio, al tipo di emittente (ti­toli di stato o obbligazioni di società) e alla loro durata;
azionari: il fondo è investito in titoli azionari e può ul­teriormente caratterizzarsi in base all'ambito geografico (italiani, americani, globali, ecc.) e/o al settore in cui ope­rano (finanziario, farmaceutico, nuove tecnologie, ecc.);
bilanciati, suddividono gli investimenti in azioni e ob­bligazioni;
flessibili: la politica di investimento può variare con­tinuamente a discrezione del gestore nel tentati­vo di cogliere le opportunità dei mercati finanziari.
LE AZIONI
Le azioni, a differenza delle obbligazioni sono titoli di capitale.
Acquistando un'azione l'investitore diviene socio della società emittente, partecipando per intero al rischio economico della medesima.
Chi investe in titoli azionari ha diritto a percepire annualmente il dividendo sugli utili conseguiti nel periodo di riferimento che l'assemblea dei soci deciderà di distribuire. L'assemblea dei soci può comunque stabilire di non distribuire alcun dividendo.
Quando la società emittente aumenta il proprio capitale sociale l'azionista di regola ha il diritto d'opzione, ovvero può sottoscri­vere un quantitativo di azioni proporzionale alla sua partecipa­zione. Il diritto d'opzione può essere alienato.
Le azioni quotate sui mercati regolamentati italiani ed esteri sono titoli liquidi che l'investitore può vendere in ogni momento alle quotazioni di borsa. Le azioni non quotate nei mercati regola­mentati (che di regola non devono essere offerte agli investitori) sono titoli non liquidi e quindi molto difficili da vendere.
Le azioni sono titoli rischiosi in quanto l'investitore può anche perdere interamente il capitale investito; sono sempre sottoposte ad un rischio sistemico conseguente alle oscillazioni delle borse e ad un rischio specifico connesso alle caratteristiche ed alle pro­spettive della società emittente.12

RISCHIO E RENDIMENTO
Non esistono strumenti finanziari buoni o meno buoni per definizione; la scelta di un certo tipo di investimento può essere adatta agli obiettivi perseguiti dall'investitore oppure inadatta (es. acquisto dell'abitazione di proprietà, previdenza integrativa, impiego temporaneo di liquidità, risparmio previdenziale o di lungo periodo);
Non esistono strumenti finanziari privi di rischio, anche se per alcuni investimenti la probabilità che il rischio si avveri è più frequente che per altri;
ogni tipologia di strumenti finanziari ha un rendimento medio; rendimenti (ad esempio i tassi di interesse sui ti­toli di debito) che si discostano in maniera rilevante dalla media di regola comportano rischi maggiori;
Nel rendimento di uno strumento finanziario il rispar­miatore deve sempre tenere in considerazione il tasso di inflazione;

I rendimenti del passato non sono necessariamente in­dicativi di quelli futuri: ad esempio per fondi ed azio­ni, considerando il periodo successivo al settembre 2001 (2002-2007), è facile evidenziare performance molto po­sitive, mentre considerando il periodo dal 2001 al 2007 la performance dello stesso prodotto risulta diversa e mol­to più contenuta;
La diversificazione del portafoglio: ogni decisione d'in­vestimento va sempre ponderata e commisurata al porta-folio titoli esistente ed ai propri obiettivi di investimento; una corretta gestione del risparmio richiede di diversifi­care gli investimenti per tipologia ed area geografica d'ap­partenenza.

Il rapporto del rischio/rendimento
La scelta di uno strumento d'investimento deve discendere da una valutazione attenta del risultato atteso sulla base del rischio sopportato; se l'investitore auspica alti rendimenti deve necessa­riamente sopportare un alto grado di rischio, ovvero la probabi­lità che il risultato atteso non si realizzi ed anche la possibilità di perdere parte o tutto il capitale investito. Viceversa se l'inve­stitore si accontenta di risultati più modesti è probabile che il rendimento auspicato si realizzi nei termini prefissati.

L'orizzonte temporale
Nelle decisioni di investimento bisogna tenere in considerazio­ne l'orizzonte temporale di breve-medio o lungo periodo si caratterizzano per avere diverse scadenze pur mantenendo medesime caratteristiche tecniche.

Il rischio degli strumenti finanziari
Il rischio degli strumenti finanziari varia a seconda che si tratti di titoli di debito (obbligazioni, titoli di stato) o titoli di capitale (azioni, fondi comuni di investimento azionari).
Ogni strumento finanziario può presentare un determinato li­vello di rischio che può essere scomposto in differenti compo­nenti:

il rischio generico o sistematico: dipende dalle fluttua­zioni complessive del mercato e non può essere facilmente eliminato diversificando il portafoglio di investimento;
per i titoli di capitale trattati su un mercato organiz­zato dipende dalle variazioni del mercato in generale (movimenti dell'indice del mercato);
per i titoli di debito si origina dalle fluttuazioni dei tassi d'interesse che si ripercuotono sui prezzi (e quin­di sui rendimenti) dei titoli in modo tanto più accen­tuato quanto più lunga è la loro vita residua;

il rischio specifico: dipende dalle caratteristiche peculiari dell'emittente quali la solidità patrimoniale, le prospetti­ve economiche valutate anche in considerazione dei setto­ri e dei mercati in cui operano gli emittenti; una corretta diversificazione del portafoglio attenua i rischi specifici dell'investimento;
per i titoli di capitale il rischio specifico viene riflesso nel prezzo di quotazione che incorpora una media del­le aspettative che i partecipanti al mercato hanno circa le prospettive di guadagno delle imprese emittenti;
per i titoli di debito il rischio che le società o gli enti finanziari emittenti non siano in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale prestato si riflet­te nella misura degli interessi che tali obbligazioni garantiscono all'investitore: quanto maggiore è la ri­schiosità percepita dell'emittente tanto maggiore è il tasso d'interesse che l'emittente dovrà corrispondere all'investitore;
il rischio di liquidità si verifica nei casi in cui l'investi­tore non sia in grado di vendere lo strumento finanzia­rio e trasformarlo quindi in moneta senza perdere par-8
te del suo valore; i titoli trattati su mercati organizzati
sono più liquidi dei titoli non trattati su detti mercati; può inoltre risultare difficoltoso o impossibile liquidare uno strumento finanziario acquistato fuori dai merca­ti organizzati, apprezzarne il valore effettivo e valutare l'effettiva esposizione al rischio. Un indice del rischio li­quidità consiste nella differenza tra i prezzi d'acquisto e di vendita, dovuti principalmente al limitato numero di scambi sul titolo;
il rischio di cambio: si verifica qualora uno strumento finanziario è denominato in una divisa diversa da quella di riferimento per l'investitore.


I SERVIZI DI INVESTIMENTO
Gestione individuale di portafogli di investimento: l'in­termediario, nell'ambito delle direttive concordate per iscritto con l'investitore, opera discrezionalmente inve­stendo il patrimonio affidato.
Consulenza: l'intermediario fornisce raccomandazioni personalizzate a propria iniziativa o su richiesta del clien­te; le raccomandazioni possono riguardare una serie di
operazioni o anche una sola decisione di investi­mento o disinvestimento.
Negoziazione per conto proprio: è il servizio con il qua­le sono effettuate operazioni di acquisto o di vendita di strumenti finanziari di proprietà dell'intermediario ("in contropartita diretta").17
Ricezione e trasmissione ordini ("execution only"): l'in­termediario riceve gli ordini del cliente, senza fornire alcuna raccomandazione di investimento e consente la conclusione dell'operazione mettendo in contatto due o più investitori.


LE GESTIONI DI PORTAFOGLI DI INVESTIMENTO
La gestione di portafogli di investimento è un servizio di inve­stimento attraverso il quale l'investitore conferisce all'interme­diario una somma da investire secondo le linee guida previste nel contratto.
Nell'ambito di un contratto di gestione di regola l'intermediario opera in maniera discrezionale scegliendo gli strumenti finan­ziari sui quali investire il patrimonio affidatogli. Si differenza dalla gestione collettiva dei fondi comuni in quanto le scelte di investimento sono personalizzate e ritagliate sulla base delle ca­ratteristiche e degli obiettivi di investimento del singolo cliente.
L'investitore può orientare la rischiosità del servizio di gestione definendo nel contratto i limiti entro cui devono essere effettua­te le scelte di gestione. Tali limiti, complessivamente considerati, definiscono le caratteristiche di una linea di gestione e devono essere riportati obbligatoriamente nell'apposito contratto scritto nel quale deve essere esplicitato il grado di rischio della linea prescelta. L'investitore, con le modalità preconcordate, può intervenire di­rettamente nel corso dello svolgimento del servizio di gestione impartendo istruzioni vincolanti per il gestore. In alcuni casi i contratti di gestione con preventivo assenso prevedono che l'in­termediario debba preventivamente comunicare all'investitore le operazioni che intende effettuare e raccogliere il suo assenso. Il livello di rischio di una linea di gestione consegue alla ri­schiosità degli strumenti finanziari nei quali l'intermediario può investire ed alla quota che tali strumenti rappresentano rispetto al patrimonio gestito. Ad esempio, una linea di gestione che pre­veda l'investimento di una percentuale rilevante del patrimonio in titoli a basso rischio, avrà caratteristiche di rischio similari; al contrario, ove la percentuale d'investimenti a basso rischio prevista fosse relativamente modeste, la rischiosità complessiva della linea di gestione sarà diversa e più elevata. L'investitore deve informarsi approfonditamente sulle caratteri­stiche e sul grado di rischio della linea di gestione che intende prescegliere e deve concludere il contratto solo se è ragionevol­mente sicuro di aver compreso la natura della linea di gestione ed il grado di esposizione al rischio che essa comporta.

I costi dei fondi e delle gestioni individuali
La gestione collettiva del risparmio ha un costo che deve esse­re attentamente valutato prima di procedere alla sottoscrizione delle quote. Un costo elevato può infatti ridurre il rendimento del fondo o determinare una perdita per l'investitore. A costi maggiori non corrisponde necessariamente una migliore perfor­mance del fondo.

I principali costi per l'investimento nei fondi comuni sono i seguenti:
Le commissioni di entrata (o di sottoscrizione) sono le commissioni che vengono pagate (una sola volta) al mo­mento dell'acquisto delle quote del fondo comune. La relativa percentuale viene applicata alla somma investita inizialmente dal sottoscrittore, e quindi va a decurtare il valore effettivo dell'investimento (ad esempio, se il sotto­scrittore investe 10.000 euro e la commissione di entrata è pari al 2%, la somma effettivamente investita nel fondo è pari 9.800 euro). Non tutti i fondi comuni hanno com­missioni di entrata (i fondi che non le applicano sono anche chiamati fondi "no-load"). Anche i fondi no-load, tuttavia, hanno commissioni periodiche quali, ad esem­pio, le commissioni di gestione.
Le commissioni di gestione sono le commissioni corri­sposte per remunerare l'attività di gestione; l'entità delle commissioni di gestione varia in funzione dei mercati di riferimento per gli investimenti del fondo: esse sono piu' elevate per i fondi azionari, più ridotte per i fondi obbli­gazionari e di liquidità. Ovviamente, tanto più alto è il rendimento del fondo, tanto maggiori - in valore assolu­to - saranno le commissioni di gestione pagate dal fondo stesso al gestore.
Le commissioni di incentivo (o di performance): vengo­no imputate al fondo (e quindi sottratte dal valore della quota) solo se il rendimento di quest'ultimo supera, in un determinato periodo di tempo, il rendimento ottenuto da un parametro di riferimento, che può essere costituito da un indice di mercato (azionario, obbligazionario o mo­netario), da un paniere di indici o dall'indice dei prezzi al consumo.
Le commissioni di switch sono pagate dall'investitore al momento del passaggio da un fondo ad un altro, appar­tenente alla stessa società di gestione; tali commissioni possono riguardare il fondo in cui si entra in seguito allo switch (switch in entrata), o il fondo da cui si esce (switch in uscita); possono essere stabilite come un importo fisso o in percentuale del l'ammontare investito.
Le commissioni di uscita (o di rimborso) sono le com­missioni che vengono pagate al momento del rimborso delle quote; possono essere previste come importi fissi o come percentuale, costante o variabile in relazione all'im­porto investito e/o al periodo di permanenza nel fondo.

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Da: TRIS 05/10/2015 12:08:36
LE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI

Risparmio
I CONTRATTI DERIVATI
I prodotti derivati sono strumenti complessi, destinati ad investitori professionali o comunque sofisticati ed in grado di affrontare rischi particolari.
Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore e i cui diritti incorporati "derivano" dalle dinamiche dei prezzi delle attività sottostanti oggetto del contratto quali la quotazione di un titolo, il valore di una determinata merce, il valore di cambio di una valuta, i tassi di interesse.
La stima del valore dei prodotti derivati, ad un certo momen­to, richiede la capacità di simulare i possibili scenari futuri del sottostante al fine di determinare, per ciascuno scenario, il con­seguente valore.
Le principali categorie di contratti derivati sono i contratti a ter­mine, i future, gli swap.Il funzionamento di questi strumenti è estremamente complesso sia nella parte contrattuale che in quella matematico-finanziaria; molto spesso tali prodotti prevedono l' effetto leva ovvero la pos­sibilità di accusare una perdita superiore al capitale investito.

I TITOLI DI STATO
I titoli di Stato sono strumenti finanziari di debito, emessi dagli Stati sovrani.
Il rendimento ed il livello di rischio dei titoli di Stato dipende dalle caratteristiche dell'emittente: i titoli di stato emessi da Paesi Emergenti (ad esempio i bond argentini), presentano rendimenti e rischi maggiori di quelli emessi da Stati con un economia più solida quali i titoli di Stato americani o tedeschi.
I titoli di Stato italiani possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:
BOT (Buoni ordinari del Tesoro)
Sono titoli a breve termine emessi con scadenze ugua­li o inferiori all'anno; sono ammessi alla quotazione sui mercati regolamentati quali il MOT, (mercato telemati­co delle obbligazioni e dei titoli di Stato) per quantita­tivi limitati (da 1.000 euro ) e sono particolarmente liquidi
(è possibile venderli anche prima della scadenza);
sono titoli zero-coupon: il rendimento dell'investimento non è dato dall'interesse periodico, ma dalla differenza tra il prezzo d'acquisto ed il valore nominale di rimborso, dedotta la ritenuta fiscale del 12,5% e le eventuali com­missioni di negoziazione.9
BTP (Buoni poliennali del Tesoro)
Sono titoli obbligazionari a reddito fisso con durata medio lunga (3, 5, 7, 10, 30 anni), con un taglio minimo di 1.00 euro  ; corrispondono una cedola semestrale costante e prede­terminata all'emissione soggetta ad una ritenuta fiscale del 12,50%; sono titoli molto diffusi, quotati sul MOT, e quindi mol­to liquidi, ovvero facilmente vendibili.
CCT (Certificati di credito del Tesoro)
I CCT sono titoli con durata di 7 anni;
sono a tasso variabile in quanto corrispondono interessi periodici parametrati ai rendimenti dei BOT in emissione nel mese precedente alla data di maturazione della cedola. I CCT consentono quindi di adeguare la cedola ai tassi di mercato e di garantire, quindi, in occasione di eventuale negoziazione prima della scadenza, un capitale verosimil­mente uguale a quello inizialmente investito;
le commissioni di collocamento previste per i CCT am­montano allo 0,30% e sono retrocesse dal Te­soro agli intermediari finanziari al momen­to della sottoscrizione. Conseguentemente, gli intermediari sono tenuti ad applicare alla clientela il prezzo d'asta, senza ag­gravio di commissioni.
Le commissioni di negoziazione non possono superare lo 0,05% per i titoli con durata residua uguale o inferiore agli 80 giorni; lo 0,10% per i titoli con durata residua compre­sa tra gli 81 ed i 170 giorni; lo 0,20% per quelli con durata residua tra i 171 ed i 330 giorni e lo 0,30% per i titoli con durata residua pari o superiore a 331 giorni.
LE OBBLIGAZIONI
Sono, come i titoli di Stato, strumenti di debito che però vengo­no emessi dalle banche, da società private o da enti sopranazio­nali come la BEI (Banca Europea per gli Investimenti), la BIRS (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo).
Di regola le obbligazioni incorporano due diritti:
una cedola periodica (il tasso di interessi promesso dal­l'emittente) che può essere fisso o variabile e quindi mu­tare con i tassi di interesse;
la restituzione del capitale alla scadenza fissata dall'emit­tente (possono quindi essere titoli a medio, lungo, o breve termine a seconda dei casi).
Il livello di rischio delle obbligazioni può variare sensibilmen­te a seconda delle caratteristiche dello strumento finanziario e dell'emittente. In linea di massima se l'emittente è una banca o un ente soprannazionale il tasso di interesse ed il rischio sono in­feriori a quelli di un'obbligazione emessa da una società privata (corporate bond).

In alcuni casi il rischio del titolo può essere segnalato dal giudi­zio di rating espresso dalle agenzie specializzate (il rating va da AAA a CCC ed è suddiviso in due fasce "investment grade" e "speculative grade").
Per valutare il rendimento di un'obbligazione si può tenere in considerazione anche il prezzo d'acquisto. Quando si acquista un'obbligazione al di sotto del valore nominale o di rimborso (ex a 98), il rendimento complessivo è dato anche dallo scarto tra prezzo d'acquisto e di rimborso. Quando il titolo è negoziato in misura sensibilmente inferiore alla pari significa che il mercato avverte un rischio di insolvenza maggiore.
Obbligazioni "zero coupon": non prevedono la correspon­sione delle cedole, ma sono acquistabili ad un prezzo inferio­re al valore di rimborso (la differenza tra il valore d'acquisto e quello di rimborso rappresenta il rendimento del titolo).11
Le obbligazioni strutturate: sono obbligazioni particolar­mente complesse (e spesso rischiose) in quanto le cedole o la restituzione del capitale possono essere ancorate ad indici di borsa o ai risultati dell'emittente o di società terze.
Le obbligazioni reali sono obbligazioni indicizzate al tas­so d'inflazione che permettono al risparmiatore di difen­dere il capitale investito dall'erosione dovuta all'aumento dei prezzi che si può verificare prima del rimborso.
I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO
La funzione e la struttura
I fondi comuni di investimento sono organismi di investimento collettivo del risparmio.
I fondi, sono suddivisi in tante parti unitarie, dette quote, che vengono sottoscritte dai risparmiatori e garantiscono uguali diritti. La somma delle quote sottoscritte dal risparmiatore dà la misura della sua partecipazione al fondo.
Per garantire la correttezza e la trasparenza della gestione collet­tiva del risparmio il fondo di investimento deve essere gestito da una società di gestione del risparmio (s.g.r.) che si avvale di una banca depositaria. Il gestore del fondo deve diversificare gli inve­stimenti in modo da attenuare i rischi dei risparmiatori.
Il titolare di una quota del fondo comune di investimento può in ogni momento uscire dal fondo e richiedere la liquidazione della propria quota, anche se non ha mai la certezza di ottenere un risultato sicuro e di non accusare una perdita del capitale investito.

Le caratteristiche dei fondi comuni
Per scegliere in quale fondo investire occorre leggere attentamen­te il prospetto informativo che deve essere consegnato prima della sottoscrizione. Nel prospetto informativo sono contenute infor­mazioni molto importanti quali quelle relative alle caratteristiche del fondo, alla politica di gestione del risparmio scelta dalla s.g.r., alla tipologia di strumenti finanziari nei quali può essere investito il fondo, nonché il livello di rischio del prodotto.
I fondi di investimento possono essere raggruppati nelle seguen­ti principali categorie, anche in considerazione del loro livello di rischio:
liquidità o monetari il fondo è investito in titoli obbliga­zionari a brevissimo termine (massimo 6 mesi);
obbligazionari il fondo è investito esclusivamente in titoli obbligazionari; questi fondi possono distinguersi in base alla valuta dei titoli in portafoglio, al tipo di emittente (ti­toli di stato o obbligazioni di società) e alla loro durata;
azionari: il fondo è investito in titoli azionari e può ul­teriormente caratterizzarsi in base all'ambito geografico (italiani, americani, globali, ecc.) e/o al settore in cui ope­rano (finanziario, farmaceutico, nuove tecnologie, ecc.);
bilanciati, suddividono gli investimenti in azioni e ob­bligazioni;
flessibili: la politica di investimento può variare con­tinuamente a discrezione del gestore nel tentati­vo di cogliere le opportunità dei mercati finanziari.
LE AZIONI
Le azioni, a differenza delle obbligazioni sono titoli di capitale.
Acquistando un'azione l'investitore diviene socio della società emittente, partecipando per intero al rischio economico della medesima.
Chi investe in titoli azionari ha diritto a percepire annualmente il dividendo sugli utili conseguiti nel periodo di riferimento che l'assemblea dei soci deciderà di distribuire. L'assemblea dei soci può comunque stabilire di non distribuire alcun dividendo.
Quando la società emittente aumenta il proprio capitale sociale l'azionista di regola ha il diritto d'opzione, ovvero può sottoscri­vere un quantitativo di azioni proporzionale alla sua partecipa­zione. Il diritto d'opzione può essere alienato.
Le azioni quotate sui mercati regolamentati italiani ed esteri sono titoli liquidi che l'investitore può vendere in ogni momento alle quotazioni di borsa. Le azioni non quotate nei mercati regola­mentati (che di regola non devono essere offerte agli investitori) sono titoli non liquidi e quindi molto difficili da vendere.
Le azioni sono titoli rischiosi in quanto l'investitore può anche perdere interamente il capitale investito; sono sempre sottoposte ad un rischio sistemico conseguente alle oscillazioni delle borse e ad un rischio specifico connesso alle caratteristiche ed alle pro­spettive della società emittente.12

RISCHIO E RENDIMENTO
Non esistono strumenti finanziari buoni o meno buoni per definizione; la scelta di un certo tipo di investimento può essere adatta agli obiettivi perseguiti dall'investitore oppure inadatta (es. acquisto dell'abitazione di proprietà, previdenza integrativa, impiego temporaneo di liquidità, risparmio previdenziale o di lungo periodo);
Non esistono strumenti finanziari privi di rischio, anche se per alcuni investimenti la probabilità che il rischio si avveri è più frequente che per altri;
ogni tipologia di strumenti finanziari ha un rendimento medio; rendimenti (ad esempio i tassi di interesse sui ti­toli di debito) che si discostano in maniera rilevante dalla media di regola comportano rischi maggiori;
Nel rendimento di uno strumento finanziario il rispar­miatore deve sempre tenere in considerazione il tasso di inflazione;

I rendimenti del passato non sono necessariamente in­dicativi di quelli futuri: ad esempio per fondi ed azio­ni, considerando il periodo successivo al settembre 2001 (2002-2007), è facile evidenziare performance molto po­sitive, mentre considerando il periodo dal 2001 al 2007 la performance dello stesso prodotto risulta diversa e mol­to più contenuta;
La diversificazione del portafoglio: ogni decisione d'in­vestimento va sempre ponderata e commisurata al porta-folio titoli esistente ed ai propri obiettivi di investimento; una corretta gestione del risparmio richiede di diversifi­care gli investimenti per tipologia ed area geografica d'ap­partenenza.

Il rapporto del rischio/rendimento
La scelta di uno strumento d'investimento deve discendere da una valutazione attenta del risultato atteso sulla base del rischio sopportato; se l'investitore auspica alti rendimenti deve necessa­riamente sopportare un alto grado di rischio, ovvero la probabi­lità che il risultato atteso non si realizzi ed anche la possibilità di perdere parte o tutto il capitale investito. Viceversa se l'inve­stitore si accontenta di risultati più modesti è probabile che il rendimento auspicato si realizzi nei termini prefissati.

L'orizzonte temporale
Nelle decisioni di investimento bisogna tenere in considerazio­ne l'orizzonte temporale di breve-medio o lungo periodo si caratterizzano per avere diverse scadenze pur mantenendo medesime caratteristiche tecniche.

Il rischio degli strumenti finanziari
Il rischio degli strumenti finanziari varia a seconda che si tratti di titoli di debito (obbligazioni, titoli di stato) o titoli di capitale (azioni, fondi comuni di investimento azionari).
Ogni strumento finanziario può presentare un determinato li­vello di rischio che può essere scomposto in differenti compo­nenti:

il rischio generico o sistematico: dipende dalle fluttua­zioni complessive del mercato e non può essere facilmente eliminato diversificando il portafoglio di investimento;
per i titoli di capitale trattati su un mercato organiz­zato dipende dalle variazioni del mercato in generale (movimenti dell'indice del mercato);
per i titoli di debito si origina dalle fluttuazioni dei tassi d'interesse che si ripercuotono sui prezzi (e quin­di sui rendimenti) dei titoli in modo tanto più accen­tuato quanto più lunga è la loro vita residua;

il rischio specifico: dipende dalle caratteristiche peculiari dell'emittente quali la solidità patrimoniale, le prospetti­ve economiche valutate anche in considerazione dei setto­ri e dei mercati in cui operano gli emittenti; una corretta diversificazione del portafoglio attenua i rischi specifici dell'investimento;
per i titoli di capitale il rischio specifico viene riflesso nel prezzo di quotazione che incorpora una media del­le aspettative che i partecipanti al mercato hanno circa le prospettive di guadagno delle imprese emittenti;
per i titoli di debito il rischio che le società o gli enti finanziari emittenti non siano in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale prestato si riflet­te nella misura degli interessi che tali obbligazioni garantiscono all'investitore: quanto maggiore è la ri­schiosità percepita dell'emittente tanto maggiore è il tasso d'interesse che l'emittente dovrà corrispondere all'investitore;
il rischio di liquidità si verifica nei casi in cui l'investi­tore non sia in grado di vendere lo strumento finanzia­rio e trasformarlo quindi in moneta senza perdere par-8
te del suo valore; i titoli trattati su mercati organizzati
sono più liquidi dei titoli non trattati su detti mercati; può inoltre risultare difficoltoso o impossibile liquidare uno strumento finanziario acquistato fuori dai merca­ti organizzati, apprezzarne il valore effettivo e valutare l'effettiva esposizione al rischio. Un indice del rischio li­quidità consiste nella differenza tra i prezzi d'acquisto e di vendita, dovuti principalmente al limitato numero di scambi sul titolo;
il rischio di cambio: si verifica qualora uno strumento finanziario è denominato in una divisa diversa da quella di riferimento per l'investitore.


I SERVIZI DI INVESTIMENTO
Gestione individuale di portafogli di investimento: l'in­termediario, nell'ambito delle direttive concordate per iscritto con l'investitore, opera discrezionalmente inve­stendo il patrimonio affidato.
Consulenza: l'intermediario fornisce raccomandazioni personalizzate a propria iniziativa o su richiesta del clien­te; le raccomandazioni possono riguardare una serie di
operazioni o anche una sola decisione di investi­mento o disinvestimento.
Negoziazione per conto proprio: è il servizio con il qua­le sono effettuate operazioni di acquisto o di vendita di strumenti finanziari di proprietà dell'intermediario ("in contropartita diretta").17
Ricezione e trasmissione ordini ("execution only"): l'in­termediario riceve gli ordini del cliente, senza fornire alcuna raccomandazione di investimento e consente la conclusione dell'operazione mettendo in contatto due o più investitori.


LE GESTIONI DI PORTAFOGLI DI INVESTIMENTO
La gestione di portafogli di investimento è un servizio di inve­stimento attraverso il quale l'investitore conferisce all'interme­diario una somma da investire secondo le linee guida previste nel contratto.
Nell'ambito di un contratto di gestione di regola l'intermediario opera in maniera discrezionale scegliendo gli strumenti finan­ziari sui quali investire il patrimonio affidatogli. Si differenza dalla gestione collettiva dei fondi comuni in quanto le scelte di investimento sono personalizzate e ritagliate sulla base delle ca­ratteristiche e degli obiettivi di investimento del singolo cliente.
L'investitore può orientare la rischiosità del servizio di gestione definendo nel contratto i limiti entro cui devono essere effettua­te le scelte di gestione. Tali limiti, complessivamente considerati, definiscono le caratteristiche di una linea di gestione e devono essere riportati obbligatoriamente nell'apposito contratto scritto nel quale deve essere esplicitato il grado di rischio della linea prescelta. L'investitore, con le modalità preconcordate, può intervenire di­rettamente nel corso dello svolgimento del servizio di gestione impartendo istruzioni vincolanti per il gestore. In alcuni casi i contratti di gestione con preventivo assenso prevedono che l'in­termediario debba preventivamente comunicare all'investitore le operazioni che intende effettuare e raccogliere il suo assenso. Il livello di rischio di una linea di gestione consegue alla ri­schiosità degli strumenti finanziari nei quali l'intermediario può investire ed alla quota che tali strumenti rappresentano rispetto al patrimonio gestito. Ad esempio, una linea di gestione che pre­veda l'investimento di una percentuale rilevante del patrimonio in titoli a basso rischio, avrà caratteristiche di rischio similari; al contrario, ove la percentuale d'investimenti a basso rischio prevista fosse relativamente modeste, la rischiosità complessiva della linea di gestione sarà diversa e più elevata. L'investitore deve informarsi approfonditamente sulle caratteri­stiche e sul grado di rischio della linea di gestione che intende prescegliere e deve concludere il contratto solo se è ragionevol­mente sicuro di aver compreso la natura della linea di gestione ed il grado di esposizione al rischio che essa comporta.

I costi dei fondi e delle gestioni individuali
La gestione collettiva del risparmio ha un costo che deve esse­re attentamente valutato prima di procedere alla sottoscrizione delle quote. Un costo elevato può infatti ridurre il rendimento del fondo o determinare una perdita per l'investitore. A costi maggiori non corrisponde necessariamente una migliore perfor­mance del fondo.

I principali costi per l'investimento nei fondi comuni sono i seguenti:
Le commissioni di entrata (o di sottoscrizione) sono le commissioni che vengono pagate (una sola volta) al mo­mento dell'acquisto delle quote del fondo comune. La relativa percentuale viene applicata alla somma investita inizialmente dal sottoscrittore, e quindi va a decurtare il valore effettivo dell'investimento (ad esempio, se il sotto­scrittore investe 10.000 euro e la commissione di entrata è pari al 2%, la somma effettivamente investita nel fondo è pari 9.800 euro). Non tutti i fondi comuni hanno com­missioni di entrata (i fondi che non le applicano sono anche chiamati fondi "no-load"). Anche i fondi no-load, tuttavia, hanno commissioni periodiche quali, ad esem­pio, le commissioni di gestione.
Le commissioni di gestione sono le commissioni corri­sposte per remunerare l'attività di gestione; l'entità delle commissioni di gestione varia in funzione dei mercati di riferimento per gli investimenti del fondo: esse sono piu' elevate per i fondi azionari, più ridotte per i fondi obbli­gazionari e di liquidità. Ovviamente, tanto più alto è il rendimento del fondo, tanto maggiori - in valore assolu­to - saranno le commissioni di gestione pagate dal fondo stesso al gestore.
Le commissioni di incentivo (o di performance): vengo­no imputate al fondo (e quindi sottratte dal valore della quota) solo se il rendimento di quest'ultimo supera, in un determinato periodo di tempo, il rendimento ottenuto da un parametro di riferimento, che può essere costituito da un indice di mercato (azionario, obbligazionario o mo­netario), da un paniere di indici o dall'indice dei prezzi al consumo.
Le commissioni di switch sono pagate dall'investitore al momento del passaggio da un fondo ad un altro, appar­tenente alla stessa società di gestione; tali commissioni possono riguardare il fondo in cui si entra in seguito allo switch (switch in entrata), o il fondo da cui si esce (switch in uscita); possono essere stabilite come un importo fisso o in percentuale del l'ammontare investito.
Le commissioni di uscita (o di rimborso) sono le com­missioni che vengono pagate al momento del rimborso delle quote; possono essere previste come importi fissi o come percentuale, costante o variabile in relazione all'im­porto investito e/o al periodo di permanenza nel fondo.

Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:09:05
L'attività di intermediazione finanziaria è data dall'insieme di servizi volti a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di servizi finanziari. Più in particolare, costituisce intermediazione finanziaria il trasferimento di capitale da soggetti che ne abbiano in avanzo ad altri che siano invece in deficit, attraverso la compravendita di titoli e strumenti finanziari propri o altrui. In base alla normativa vigente, l'attività professionale di intermediazione finanziaria nei confronti del pubblico è riservata esclusivamente alle banche, alle società di investimento, alle Sicav, alle società di gestione del risparmio, agli intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco, alle imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie con succursale in Italia, nonché alle società di gestione armonizzate. Anche le società di investimento mobiliare (Sim) possono essere considerate, in senso lato, come intermediari finanziari. I soggetti che esercitano attività di intermediazione finanziaria possono poi essere distinti ulteriormente in intermediari creditizi (specializzati in prestiti, obbligazioni, finanziamenti), intermediari assicurativi (che operano attraverso l'emissione di polizze) e intermediari mobiliari (che agiscono sui tradizionali mercati finanziari). La normativa fondamentale è data dal Testo unico in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo 58 del 24 febbraio 1998) dalla legge 52 del 6 febbraio 1996, e dai più recenti Dlgs 195 del 6 novembre 2007 e Dlgs 229 del 19 novembre 2007. Importanti previsioni in materia sono contenute anche nel Testo unico bancario (Dlgs 385 del primo settembre 1993). La vigilanza sulle attività e sui soggetti dell'intermediazione finanziaria spetta alla Consob e alla Banca d'Italia: la prima è responsabile della correttezza e della trasparenza dei comportamenti, la seconda del contenimento del rischio e della stabilità patrimoniale del sistema.
Rispondi

Da: Leva78 05/10/2015 12:09:46
che spettacolo...che show.....che forum è questo?
Rispondi

Da: TRIS 05/10/2015 12:10:30
L'attività di intermediazione finanziaria è data dall'insieme di servizi volti a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di servizi finanziari. Più in particolare, costituisce intermediazione finanziaria il trasferimento di capitale da soggetti che ne abbiano in avanzo ad altri che siano invece in deficit, attraverso la compravendita di titoli e strumenti finanziari propri o altrui. In base alla normativa vigente, l'attività professionale di intermediazione finanziaria nei confronti del pubblico è riservata esclusivamente alle banche, alle società di investimento, alle Sicav, alle società di gestione del risparmio, agli intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco, alle imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie con succursale in Italia, nonché alle società di gestione armonizzate. Anche le società di investimento mobiliare (Sim) possono essere considerate, in senso lato, come intermediari finanziari. I soggetti che esercitano attività di intermediazione finanziaria possono poi essere distinti ulteriormente in intermediari creditizi (specializzati in prestiti, obbligazioni, finanziamenti), intermediari assicurativi (che operano attraverso l'emissione di polizze) e intermediari mobiliari (che agiscono sui tradizionali mercati finanziari). La normativa fondamentale è data dal Testo unico in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo 58 del 24 febbraio 1998) dalla legge 52 del 6 febbraio 1996, e dai più recenti Dlgs 195 del 6 novembre 2007 e Dlgs 229 del 19 novembre 2007. Importanti previsioni in materia sono contenute anche nel Testo unico bancario (Dlgs 385 del primo settembre 1993). La vigilanza sulle attività e sui soggetti dell'intermediazione finanziaria spetta alla Consob e alla Banca d'Italia: la prima è responsabile della correttezza e della trasparenza dei comportamenti, la seconda del contenimento del rischio e della stabilità patrimoniale del sistema.
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Da: TRIS 05/10/2015 12:11:00

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La mora del creditore di cui agli artt. 1206 e ss. c.c. è il ritardo nell'adempimento determinato dal rifiuto illegittimo da parte del creditore di ricevere la prestazione che gli sia stata offerta nelle forme dell'offerta reale e dell'offerte per intimazione disciplinate dal codice civile.

Con riferimento all'adempimento, in via generale, è stata disconosciuta la sussistenza di un obbligo di ricevere la prestazione da parte del creditore, salvo nel caso in cui il debitore possa vantare al riguardo uno specifico interesse (all'esecuzione di una prestazione di carattere artistico, ad esempio); la posizione del creditore è stata, dunque, inquadrata giuridicamente come onere volto alla realizzazione di un interesse proprio.

A fronte di tale posizione soggettiva del creditore sussiste un interesse del debitore meritevole di tutela alla liberazione dal vincolo obbligatorio ed al non aggravamento della posizione debitoria; tale interesse viene tutelato con intensità diversa dal codice a seconda che il debitore proceda ad un'offerta non formale d'adempimento ex art. 1220 cc (tale è, ad esempio, stata considerata l'offerta di adempiere attraverso un vaglia cambiario) ad un offerta formale reale o per intimazione ex artt. 1207 e 1209 cc al deposito successivamente all'offerta formale ex art. 1210 e ss cc.

La mora del creditore determina l'imputabilità al creditore dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore, nonchè l'obbligo di rimborsare le spese di custodia e quelle per la conservazione della cosa dovuta e la cessazione dell'obbligo di corrispondere gli interessi e i frutti non percepiti.

Come già precisato, la mora del creditore è determinata esclusivamente dall'esecuzione dell'offerta reale o di quella per intimazione così come disciplinate dagli artt. 1207 e 1209 del codice in quanto l'offerta non formale dell'adempimento impedisce esclusivamente il verificarsi della mora del debitore ma non integra parallelamente quella del creditore.

Il motivo legittimo che giustifica il rifiuto della prestazione offerta nelle forme di legge non è solo quello di cui all'art. 1181 c.c., secondo cui il creditore può rifiutare un adempimento parziale ma può essere determinato da motivi diversi. In ogni caso, il canoneda tener presente per la valutazione della legittimità del rifiuto è sempre quello della buona fede.

La mora del creditore si verifica dal giorno dell'offerta ove la sua validità, eventualmente contestata, sia successivamente accertata con sentenza passata in giudicato.
Esistono, come già più volte accennato, due tipi di offerte idonee a produrre, come effetto, la mora del creditore: l'offerta reale che ha per oggetto somme di denaro, titoli di credito o altre cose mobili da consegnare presso il domicilio del creditore e l'offerta per intimazione che ha per oggetto prestazioni da eseguirsi in luogo diverso. Sia l'offerta reale che quella per intimazione debbono essere eseguite attraverso un ufficiale giudiziario (o un notaio) che, con l'offerta reale, metterà materialmente a disposizione del creditore il denaro, i titoli di credito ola diversa cosa mobile oggetto del credito e, con l'offerta per intimazione, lo inviterà a ricevere la prestazione in un luogo ed in un giorno determinati (l'ufficiale giudiziario redigerà poi verbale nel quale constaterà l'atto dell'offerta ed il suo esito - accettazione rifiuto o mancata comparizione del creditore).

Una volta eseguita l'offerta e determinata la mora del creditore, il debitore potrà liberarsi dell'obbligazione eseguendo il deposito della cosa oggetto del debito oppure, ove si tratti di cose deteriorabili o la cui custodia importi spese gravose, previa autorizzazione dell'Autorità Giuduzuaria, vendendole nei modi stabiliti per le cose pignorate, sempre con l'assistenza dell'ufficiale giudiziario. In caso di immobile, sarà nominato un sequestratario.

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Da: TRIS 05/10/2015 12:12:10
adesso parlate di bellomo, borsiste, derivati, diritto e cerchiamo di restituire dignità a questo posto.
Rispondi

Da: superdixit05/10/2015 12:17:12
Bè Tris, il tuo contributo non è che sia esaltante... E poi basta derivati, non se ne può più. Accolgo l'invito di resettiamo. La teoria dei giochi è interessante. Molto accreditata in certi ambienti. Certo, se pensiamo che un esperto era l'ex ministro delle finanze greco... Però Bellomo è stato un campione di scacchi, magari la usa meglio.
Rispondi

Da: @TRIS05/10/2015 12:36:00
Grazie, ottima mossa! Speriamo che duri!
PS: non è che per caso qualcuno sa del nuovo bando, vero?
mmmm... No.... Direi di no...
Comunque, io l'ho buttata là... Magari qualcuno abbocca e mi risponde (senza insultarmi, please!!)
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