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10 dicembre 2019 - Parere CIVILE
365 messaggi, letto 52188 volte

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Da: SILENZIO6310/12/2019 14:57:31
Si sottolinea che le soluzioni riportate non sono corrette, le sentenze di riferimento 14006/2017 é errata, vi é un nuovo prezzo accettato da Caio, vi sono le date di inizio e fine lavori (15.11-31.1)
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Da: @SILENZIO  1  - 10/12/2019 15:00:37
Non creare confusione! La soluzione che ha creato Spolaus (e presa dal sito scuola di legge ) è corretta. Infatti nella soluzione si dice che quella di Sempronio è una nuova proposta !!
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Da: SILENZIO6310/12/2019 15:01:59
Sempronio ha modificato il preventivo, e al momento dell'accettazione di Caio diviene contratto
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Da: OK 1  - 10/12/2019 15:06:40
In tema di appalto, l'art.1671 c.c. prevede la facoltà per il committente di recedere dall'accordo anche se l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio è stata iniziata dall'altro contraente, gravando però questa scelta con l'obbligo di indennizzare l'appaltatore "delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno". Nel caso dell'appalto infatti ci si trova al cospetto di un contratto non di durata, bensì "ad esecuzione semplicemente prolungata": ciò rende la figura del recesso in parola autonoma e incompatibile con quella, menzionata, di recesso nei contratti ad esecuzione continuata e periodica ex art.1373. La particolarità del recesso del committente ai sensi dell'art.1671 c.c., che produce effetti ex nunc, ma influisce su di un contratto ad esecuzione prolungata che, di per sé, dovrebbe consentire solo cause retroattive di scioglimento, si spiega però facilmente qualora ne si osservi il meccanismo di funzionamento. Il diritto di recesso del committente, ascrivibile alla categoria dei diritti soggettivi potestativi, può essere esercitato dal committente, in qualunque momento dopo la conclusione del contratto e per "qualsiasi ragione che lo induca a porre fine al rapporto

I rapporti tra il diritto del committente di recedere al contratto di appalto in ogni momento, ai sensi dell'articolo 1671 del Cc, e la domanda di risoluzione per inadempimento importano che il recesso non possa più essere esercitato dal committente che abbia già proposto domanda di risoluzione per inadempimento. Ove, peraltro, il committente abbia dapprima optato per il recesso, determinando lo scioglimento del rapporto, gli rimane preclusa la successiva proposizione della domanda di risoluzione, al fine di ridurre o eventualmente eliminare l'indennizzo da lui dovuto, salvo il diritto di chiedere i danni per le inadempienze dell'appaltatore, danni che possono - viceversa - pure vanificare l'obbligo del committente recedente di indennizzare l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Nella liquidazione del mancato guadagno compreso nell'indennizzo spettante all'appaltatore, allorché il committente receda a norma dell'articolo 1671 del Cc il giudice del merito deve determinare quale sia stato l'utile netto conseguibile fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento, con la esecuzione delle opere appaltate. Tale utile è costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere stesse, previa determinazione della quota di spese generali, dei costi di ammortamento, dell'impegno improduttivo di materiali e mano d'opera ecc., pervenendo così - in base a tali fattori - a una liquidazione frutto di apprezzamenti di fatto incensurabili nel giudizio di legittimità, se non nei limiti di cui all'articolo 360, comma 1, del Cpc.
Rispondi

Da: Carlo 85  1  - 10/12/2019 15:08:41
È tutto schermato ragazzi non arriva niente a nessuno cazzo!
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Da: Fefe soluzione traccia 2 10/12/2019 15:09:20
Parere 2
L'imprenditore edile Caio, venuto a conoscenza che l'amico sempronio ha intenzione di ristrutturare l'appartamento in cui abita, si dichiara disponibile a eseguire personalmente i lavori all'uopo necessari e predispone un preventivo per il complessivo importo di 45000 euro.

Sempronio, ricevuto brevi manu il preventivo, vi appone a penna alcune modifiche, indicando il corrispettivo di 35000 euro e precisando che i lavori avrebbero dovuto iniziare entro il 15 novembre 2019 e avrebbero dovuto concludersi entro il 31 gennaio 2020. Lo stesso Sempronio riconsegna poi a Caio il documento così modificato.

Dopo alcuni giorni, in data 10 ottobre 2019, Caio invia a Sempronio una email regolarmente ricevuta dal destinatario con la quale dichiara di accettare le nuove condizioni e si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ottobre.

Con successiva email del 15 ottobre 2019, Sempronio comunica però di voler annullare la propria commissione e invita Caio a non dare avvio alle opere.

Qualche tempo dopo, però, Sempronio riceve una lettera da parte di Caio nella quale questi, lamentando l'inadempimento agli obblighi contrattuali, chiede la corresponsione della somma di euro 35.000 a titolo di ristoro del danno conseguente alla mancata esecuzione del contratto.

Sempronio si rivolge dunque a un legale per conoscere quale posizione assumere nei confronti dell'altrui pretesa creditoria.

Il candidato, assunte le vesti del legale di sempronio, rediga un parere motivato, illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito.

La traccia in questione impone l'analisi di tre distinte questioni: 1) stabilire il momento di conclusione del contratto tra Caio e Sempronio; 2) definire la legittimità o meno del recesso esercitato da Sempronio; 3) quantificare l'eventuale somma dovuta da Sempronio a Caio e definire il riparto dell'onere probatorio.

Procedendo nell'ordine logico individuato, con riferimento alla questione sub 1) si evidenzia anzitutto che, ai sensi dell'art. 1326 c.c., il contratto si intende concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione della controparte.

Tuttavia, l'art. 1335 c.c. stabilisce che proposta, accettazione e revoca delle stesse si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, salvo che quest'ultimo non provi di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne conoscenza.

Tale articolo introduce, pertanto, al fine di mitigare l'eccessiva rigidità del 1326 c.c., una vera e propria "presunzione di conoscenza", valida per qualsiasi dichiarazione recettizia, ed opta dunque per il principio della c.d. "conoscibilità" della dichiarazione in luogo dell'effettiva conoscenza.

L'art. 1326, ult. co. c.c. stabilisce, poi, che "un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta", ponendo in luce la necessità che le due manifestazioni di volontà (quella del proponente e quella dell'oblato) coincidano.

Applicando i principi in esame alla traccia emerge come Sempronio, dopo aver ricevuto il preventivo pari ad euro  45.000 dall'amico Caio, provvedeva ad appore delle modifiche allo stesso, che interessavano, tra le altre cose, il prezzo finale dell'opera.

Tale circostanza si sostanziava, in effetti, in una vera e propria "nuova proposta" ai sensi dell'art. 1326, ult. co, che Sempronio indirizzava all'amico Caio.

In data 10.10.2019, quest'ultimo inviava una mail al primo con la quale affermava espressamente di accettare le modifiche apportate dall'amico e, in questa sede, si concludeva quindi il contratto tra i due soggetti.

Quanto alle modalità con la quale l'accettazione veniva inviata - "tramite email" - si sottolinea come la giurisprudenza sia concorde nel ritenere che sia sufficiente che il recapito in questione rientri nel dominio del destinatario (Cass. civile n. 2600/1982), non richiedendo alcun requisito ulteriore. Non vi sono dubbi che l'indirizzo elettronico in questione integri tutti i requisiti normalmente considerati idonei dagli interpreti al fine di far scattare la predetta presunzione relativa.

Invece, la generica affermazione di Caio per la quale questo "si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ottobre" non può ritenersi una nuova proposta. Tuttavia, qualora si ritenesse tale, dovrebbe concludersi che il contratto non si sarebbe mai perfezionato.

Quanto alla questione sub 2), è necessario fare riferimento all'art. 1671 c.c., il quale - in tema di appalto - prevede una facoltà di recesso ad nutum in capo al committente, anche nel caso l'opera si già stata iniziata.

Tale norma, come correttamente osservato dalla giurisprudenza, data l'ampiezza della sua formulazione, conferisce al committente il diritto di porre fine al rapporto "per qualsiasi ragione"; non è infatti configurabile un diritto dell'appaltatore a proseguire nell'esecuzione dell'opera, avendo egli diritto solo all'indennizzo previsto dalla detta norma e comunque rispondendo il compimento dell'opera esclusivamente all'interesse del committente (così Cass. civ. 11642/2003).

Resta, dunque da risolvere la questione sub 3) e quantificare per l'effetto la somma eventualmente dovuta da Sempronio a Caio.

In questo senso, si osserva come il menzionato articolo 1671 c.c. preveda espressamente che - a fronte dell'esercizio del legittimo diritto di recesso ivi prescritto - l'appaltatore avrà diritto alle spese sostenute, ai lavori eseguiti e al mancato guadagno.

Pertanto, appare evidente come la richiesta di Caio, pari all'intero prezzo pattuito, non possa considerarsi legittima.

Al contrario, la giurisprudenza sostiene che il giudice debba determinare a tal fine "l'utile netto conseguibile fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento, con la esecuzione delle opere appaltate". Tale utile deve calcolarsi attraverso la definizione della "differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere stesse, previa determinazione della quota di spese generali, dei costi di ammortamento etc…" (Così Cass. civ., n. 16404/2017).

Infine, quanto al riparto dell'onere, si osserva come la prova dell'ammontare dell'utile netto gravi sull'appaltatore (Caio), che richiede di essere indennizzato del mancato guadagno (Così Cass. civ. n. 8853/2017).

In conclusione, dunque, nonostante si ritenga concluso il contratto al momento della ricezione della mail di Caio da parte di Sempronio (in applicazione del principio di "conoscibilità" sopra menzionato), il recesso di quest'ultimo deve ritenersi legittimo, in quanto tale facoltà è espressamente prevista ai sensi dell'art. 1671 c.c..

Per l'effetto, la richiesta di Caio deve ritenersi eccessiva nel suo ammontare in quanto, come stabilito dalla stessa norma egli non avrebbe diritto all'intero interesse positivo (ai sensi degli artt. 1218 c.c. e seguenti) ma di un mero indennizzo, da quantificarsi nei termini di cui sopra.

Qualora, al contrario, si ritenesse il predetto contratto non concluso - ritenendo che quella di Caio un'ulteriore "nuova proposta" - potrebbe configurarsi una responsabilità di natura precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c.. In tal caso dovrebbe ritenersi risarcibile, quindi, il solo interesse negativo
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Da: ORARIO DI CONSEGNA A ROMA?10/12/2019 15:10:06
ORARIO DI CONSEGNA A ROMA? Qualcuno lo sa? Grazie è importante
Rispondi

Da: Fefe soluzione traccia 1 10/12/2019 15:10:34
Parere Civile 1
La traccia sottoposta all'attenzione dello scrivente impone di soffermarsi sui rapporti tra leasing, rimedi in caso di risoluzione e pagamento da parte del terzo del debito gravante a carico dell'utilizzatore.

Tizio, imprenditore individuale, si rivolgeva alla società Gamma perché essa acquistasse un bene di proprietà di Caio, concedendoglielo poi in leasing. Il leasing stipulato prevedeva il pagamento di 60 canoni mensili da 1.000 euro l'uno.

Gamma e Caio, peraltro, stipulavano un contratto con cui Caio si vincolava a riacquistare a un prezzo prestabilito il bene fornito il leasing nel caso di risoluzione per inadempimento del contratto e dietro specifica richiesta di Gamma.

Tizio si rendeva inadempimento, non pagando gli ultimi dieci canoni. Caio, dal canto suo, versava a Gamma la somma di 10.000 euro, pari a canoni insoluti, pur sapendo di non esservi tenuto.

A fronte di questo pagamento, Caio ha agito nei confronti di Tizio ai sensi dell'art. 1950 c.c., ossia esercitando un'azione di regresso che compete al fideiussore, e chiedendo la restituzione dei 10.000 euro pagati, oltre interessi dalla data del pagamento.

La soluzione del caso richiede, anzitutto, di esaminare l'istituto del leasing, tipizzato recentemente dal legislatore con l. 124/2017. Di poi, ci si chiederà quale sia la natura del patto sottoscritto tra Gamma e Caio. Infine, si esaminerà la fondatezza dell'azione esperita da Caio, verificando anche se lo stesso Caio, instaurando un nuovo procedimento o nell'ambito dello stesso processo, possa ottenere una condanna di Tizio ad altro titolo.

Come noto, il leasing è il contratto con cui una parte concede in godimento a un'altra parte un certo bene dietro un corrispettivo e per un certo periodo di tempo, scaduto il quale l'utilizzatore potrà divenire proprietario del bene, eventualmente pagando un'ulteriore somma, o potrà semplicemente restituirlo al concedente.

Il leasing per lungo tempo ha rappresentato un contratto socialmente tipico, ma legalmente tipico, in quanto sprovvisto di un'organica disciplina legale.

La giurisprudenza, supplendo al legislatore, ha ritenuto fin da subito che il leasing fosse un contratto meritevole, e per ciò idoneo a creare rapporti giuridici vincolanti, e al tempo stesso ha distinto varie tipologie di leasing.

Si è così parlato di leasing finanziario, in cui fornitore - colui che produce il bene - e concedente non coincidono (solitamente il concedente è una banca) e di leasing operativo, in cui invece essi coincidono. Inoltre, si sono contrapposti il leasing traslativo e il leasing di godimento: in particolare, «il leasing di godimento risulta stipulato con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e in corrispettivo di canoni remunerativi esclusivamente dell'uso dei beni locati. Il leasing traslativo risulta invece stipulato con riferimento a beni idonei a conservare alla scadenza del contratto un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e in corrispettivo di canoni che includono anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto da parte dell'utilizzatore. Tale bipartizione, lungi dal risolversi in una semplice disquisizione teorica vertente sul profilo causale del negozio, si riflette sugli effetti propri della risoluzione del contratto in caso di inadempimento da parte dell'utilizzatore. Infatti - fermo restando in entrambi i casi il diritto del concedente alla restituzione del bene - nel primo caso, in applicazione della disciplina generale in materia di contratto ad esecuzione periodica o continuata (art. 1458 c.c.), il concedente ha diritto a trattenere i canoni già riscossi, proprio perché strettamente funzionali alla detenzione avuta dall'utilizzatore per l'intero periodo di efficacia del contratto; nel secondo caso, invece, viene ritenuta prevalente la causa di scambio rispetto a quella di finanziamento, con conseguente applicazione della disciplina della vendita con riserva di proprietà e, quindi, dell'art. 1526 c.c. Sul piano rimediale, la conseguenza è che l'utilizzatore, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, fatto salvo il diritto del concedente di trattenere un equo compenso per l'uso della cosa, il quale comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo, il logoramento per l'uso, oltre al risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa dovuto all'utilizzatore» (così da ultimo Trib. Milano, 15 ottobre 2018, n. 10331).

Di recente, tuttavia, è intervenuto il legislatore, il quale ha regolato espressamente all'art. 1, l. 124/2017, il leasing finanziario, dettandone una disciplina completa quanto a presupposti, effetti e conseguenze in caso di risoluzione per inadempimento.

Ivi si è previsto, in particolare, che «Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l'intermediario finanziario iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si ob bliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell'utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l'obbligo di restituirlo».

Inoltre, secondo quanto previsto dal legislatore, «Costituisce grave inadempimento dell'utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari ovvero di quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria. In caso di risoluzione del contratto per l'inadempimento dell'utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all'ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell'utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene è inferiore all'ammontare dell'importo dovuto dall'utilizzatore a norma del periodo precedente. Ai fini di cui al comma 138, il concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati. Quando non è possibile far riferimento ai predetti valori, procede alla vendita sulla base di una stima effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo nei venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato accordo nel predetto termine, da un perito indipendente scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, previamente comunicati all'utilizzatore, che può esprimere la sua preferenza vincolante ai fini della nomina entro dieci giorni dal ricevimento della predetta comunicazione. Il perito è indipendente quando non è legato al concedente da rapporti di natura personale o di lavoro tali da compromettere l'indipendenza di giudizio. Nella procedura di vendita o ricollocazione il concedente si attiene a criteri di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da consentire l'individuazione del migliore offerente possibile, con obbligo di informazione dell'utilizzatore».

La Suprema Corte, con una recentissima e condivisibile pronuncia (Cass., 29 marzo 2019, n. 8980), ha peraltro ritenuto che «la nuova disposizione ha tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma distinta dalla vendita con riserva di proprietà … escludendo la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e facendo così venir meno una bipartizione che non è fondata su alcuna norma di legge».

Sulla base delle premesse formulate, procediamo a sussumere i fatti concreti nelle norme giuridiche.

Orbene, il contratto concluso tra Tizio, Gamma e Caio è un leasing finanziario, rispetto a cui manca però la previsione del pagamento di un prezzo finale per mantenere la titolarità del bene. Nondimeno, parrebbe possibile applicarvi la disciplina del leasing finanziario per come dettata dal legislatore: si rientra comunque all'interno dell'elasticità del tipo legale.

Quanto, poi, al patto concluso tra Caio e Gamma, esso impone a Caio di acquistare il bene concesso in leasing nel caso di risoluzione e a un prezzo prestabilito. Rispetto al contratto di leasing si può ritenere che un tale contratto abbia un riflesso, rappresentando una modalità attraverso cui viene quantificato ex ante il valore del bene e al tempo stesso il concedente si garantisce di collocare il bene stesso sul mercato.

A dire il vero, nel caso - più che probabile, stando ai dati di fatto di cui si è a conoscenza - in cui Tizio non abbia partecipato a questo accordo tra Caio e Gamma, non si può ritenere che esso gli sia opponibile: in altri termini, di fronte a una risoluzione del contratto di leasing per suo inadempimento, Tizio potrebbe ritenersi non vincolato dal contratto tra Caio e Gamma e potrebbe richiedere a quest'ultima di seguire le modalità indicate dal legislatore per quantificare il valore del bene. Nondimeno, là dove il prezzo ottenuto da Caio fosse più alto del valore di mercato, Tizio potrebbe giovarsi di questo accordo, poiché Gamma avrebbe comunque incamerato una somma più alta di quella ottenibile sul mercato tramite il procedimento previsto dal legislatore.

Ciò detto, va però sicuramente escluso che il contratto tra Caio e Gamma sia una fideiussione, rispetto a cui operi un regresso a favore di Caio; tanto meno con riferimento al caso di specie, in cui Caio ha pagato un debito altrui - quello di Tizio - a prescindere da una risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, e anzi proprio per evitarla.

In conclusione, deve ritenersi che la pretesa di Caio ex art. 1950 c.c. sia del tutto infondata.

Nondimeno, Caio potrebbe agire nei confronti di Tizio ai sensi dell'art. 2041 c.c., ossia per ingiustificato arricchimento, per aver pagato un debito consapevolmente altrui (pagamento del terzo, art. 1180 c.c.). Potrebbe però richiedere soltanto la somma minore tra il suo impoverimento (pari a 10.000 euro oltre interessi) e l'arricchimento di Tizio.

Un simile arricchimento dovrebbe quantificarsi come segue: sottraendo al valore di mercato del bene di cui Tizio continua a godere una somma pari al prezzo che Gamma avrebbe incamerato se il contratto con Tizio fosse stato risolto e Caio avesse dovuto ottemperare al suo obbligo contrattuale di pagamento del prezzo, dedotta una somma equivalente all'ammontare dei canoni scaduti oltre interessi e spese.

La ragione è che, se il contratto fosse stato risolto (e cioè se Caio non fosse intervenuto con il suo pagamento), Tizio avrebbe ottenuto ai sensi delle previsioni di legge già citate la restituzione di una somma pari al valore del bene concesso in leasing sottratti i canoni ancora dovuti oltre interessi e spese. Un tale valore, come detto, avrebbe potuto essere pari al prezzo dovuto da parte di Caio, qualora esso fosse stato superiore al valore di mercato (come avvenuto nel caso di specie, secondo quanto è dato evincere dal testo della traccia).

Proprio perché il valore di mercato del bene concesso in leasing è inferiore al prezzo dovuto da Caio, si può ritenere che la differenza risultante sia inferiore a 10.000 euro oltre interessi: e che quindi a titolo di ingiustificato arricchimento Tizio sia debitore di una somma minore di quella richiestagli ex art. 1950 c.c.

Di conseguenza, si consiglia a Tizio di difendersi dalla pretesa di Caio eccependo la non debenza di alcuna somma; tanto più che Caio, com'è evidente, non potrà cambiare la sua domanda in corso di causa, poiché ciò costituirebbe un'inammissibile mutatio (e non già emendatio) libelli.

Non si può però scongiurare il rischio che, un domani, Caio agisca ai sensi dell'art. 2041 c.c. contro Tizio: a quel titolo Tizio verrebbe presumibilmente condannato, per quanto a una somma probabilmente inferiore rispetto a quella ora richiestagli.
Rispondi

Da: Tenax8810/12/2019 15:17:15
Orario consegna Roma?
Rispondi

Da: valkira13 10/12/2019 15:20:28
orario di dettatura Cda di Roma?
Rispondi

Da: Mah 1  - 10/12/2019 15:21:06
Ragazzi, onestamente leggendo le due soluzioni alla traccia 2 non credo siano corrette...quale sarebbe la sentenza risolutiva? Non citano affatto la 14006/2017 che invece pare essere quella più calzante.
Rispondi

Da: vabbè10/12/2019 15:22:43
qualcuno sa se le citate sentenze ci sono nei codici commentati più diffusi?
Rispondi

Da: Pisolo8710/12/2019 15:24:49
Si nel codex del 2017 Simone
Rispondi

Da: .................. 1  - 10/12/2019 15:26:39
Quest'anno il ministero ha fatto le cose per bene. Vi vedo in difficoltà
Rispondi

Da: napulèèèèè10/12/2019 15:32:29
Uè guaglioni annam a magnà na pizza !!
Rispondi

Da: @Mah 10/12/2019 15:32:53
La sentenza che citi tu dice esattamente il contrario!! Dice che è un preventivo e non un contratto perché non stabilisce termini e corrispettivo! Invece qui non ci sono dubbi sul punto .... il corrispettivo è definito e le tempistiche sono chiare .... dai su ragazzi, non creiamo confusione apposta. A me quelle soluzioni convincono sinceramente.
Chiedo a chi interviene nella discussione di non creare confusione. Se avete spunti o rilievi interessanti siete ben accetti, sennò per favore astenetevi
Rispondi

Da: Carlo 85 10/12/2019 15:36:08
Per tutti quelli che godono perché questi poveri ragazzi stanno in difficoltà, guardate che stiamo tutti sotto lo stesso cielo, siamo tutti esseri umani e prima o poi ci troveremo tutti in difficoltà, il karma gira carissimi, quindi quando desiderate il male altrui pensateci bene due volte.
Rispondi

Da: @Mah  1  - 10/12/2019 15:36:47
E comunque secondo il mio modesto parere questa seconda traccia non aveva delle precise sentenze risolutive. Era una traccia più dottrinale. Si potevano citare diverse sentenze che esprimevano il medesimo concetto, non ce n'è una in particolare
Rispondi

Da: .................. 1  - 10/12/2019 15:41:21
Ehhh no. Questo si chiama imbrogliare. Nelle aule ci sono ragazzi che si stanno facendo il culo senza aiuti. Siete degli imbroglioni, voi che suggerite, i ragazzi che se ne approfittano e chi permette di imbrogliare
Rispondi

Da: Mirco75 10/12/2019 15:41:47
non sarei d'accordo sull'applicazione residuale del 2041. Se Caio ha scelto di pagare i 10.000 euro è perchè ha fatto opportune valutazioni di convenienza. Segnatamente, ha valutato che se avesse dovuto riacquistare il bene e poi rivenderlo, avrebbe avuto una perdita (peraltro inevitabile) superiore ai 10keuro . Quindi, presupponendo come necessario per l'azione di cui al 2041 cc, non solo l'arricchimento di un soggetto, ma anche il depauperamento di altro soggetto in conseguenza di un medesimo fatto, direi che Caio, valutata a 360 gradi la sua posizione contrattuale,  non ha subito depauperamento alcuno.
Rispondi

Da: infonapoli 10/12/2019 15:46:19
A NAPOLI A CHE ORA CONSEGNANO???
Rispondi

Da: per Infonapoli10/12/2019 15:48:15
alle 18.30
Rispondi

Da: Pisolo8710/12/2019 15:48:45
A roma ore 18.00
Rispondi

Da: Ciro B.10/12/2019 15:57:31
Scusate ragazzi sapete per caso orario di consegna di Napoli?
Rispondi

Da: spolaus 10/12/2019 15:58:01
mi associo consegna NAPOLI ?
Rispondi

Da: info Roma10/12/2019 16:01:45
Qual è l'orario di consegna a Roma?
Rispondi

Da: Ce 10/12/2019 16:24:09
Catanzaro a che ora consegna?
Rispondi

Da: Lecc 10/12/2019 16:25:54
Orario di consegna lecce?
Rispondi

Da: ConsegnaRoma  1  - 10/12/2019 16:27:37
Orario consegna a Roma?
Rispondi

Da: VforVendetta 1  - 10/12/2019 16:32:21
La consegna a Napoli è prevista per le 19:00.
In bocca al lupo ai ragazzi
Rispondi

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