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ESAME AVVOCATO 2019
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Da: Filippo05/12/2019 16:12:04
LA DISTRIBUZIONE DELLE LETTERE ALFABETICHE DELLE LETTERE PER PADIGLIONE E' LA SEGUENTE: A: D-G-L-T B: B-N-P-S C: A-C-E-F-H-I-J-K-M-O-Q-R-V-U-Z. OLTRE AI VARCHI SPECIALI. AL NUMERO DELLA BUSTA CORRISPONDE IL NUMERO DEL POSTO ASSEGNATO. SEGUIRA' MEMORANDUM DEL PRESIDENTE DELLA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI SULLE REGOLE DA OSSERVARE NELLE NEWS E MODULISTICA DEL SITO ISTITUZIONALE
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Da: Anonima05/12/2019 23:10:31
Mi sembra che sia diventato un concorso.
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Da: CheIlSorteggioAbbiaInizio 06/12/2019 00:22:59
magari... si prenderebbero sicuramente + dei 600 euro che guadagnano oggi i neo avv. al sud, dai quali sottrarre la cassa etc.
Fare il difensore è diventato semmai il piano B + famoso d'Italia
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Da: Filippo06/12/2019 00:41:01
Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Dispositivo dell'art. 617 bis Codice penale
(1)Chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge [c.p.p. 266-271], installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni (2).


La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (3).

ART. PRECEDENTEART. SUCCESSIVO
Note
(1) Tale articolo è stato aggiunto dall'art. 3, della l. 8 aprile 1974, n. 98, relativa alla riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni.
(2) Viene perseguita la mera messa in opera di tali strumenti, non essendo quindi richiesto che questi vengano poi effettivamente utilizzati.
(3) Si tratta di una circostanza aggravante e non quindi di reato proprio, dal momento che il fatto considerato reato è il medesimo di cui al comma primo di tale articolo.





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Da: Lucasx06/12/2019 10:27:16
Qualche idea per portare all'interno il cellulare ?
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Da: CheIlSorteggioAbbiaInizio 06/12/2019 18:29:52
a napoli basta tenerlo nel giubbino, hanno confermato su fb anche che nn ci saranno controlli con il metal d.
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Da: Vivalafortuna 07/12/2019 00:28:45
Non credo che non vi siano controlli, soprattutto per quanto riguarda i dispositivi tecnologici
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Da: Filippo07/12/2019 01:34:41
C è una indagine in corso. Aspettatevi il peggio. Per anni hanno speculato ora se la fanno sotto.
Rispondi

Da: CheIlSorteggioAbbiaInizio 08/12/2019 19:09:58
tanto passerà sempre 1/3 a napoli, che vi siano controlli o meno...
Potremmo fare l'esame tutti col pc davanti, passerebero sempre non oltre la suddetta soglia.

Discrezionalità massima nel "valutare" e non correggere/motivare mai una sega; questa è la ricetta delle sottocommissioni per raggiungere il loro obiettivo.
Rispondi

Da: Mirco75 09/12/2019 20:11:01
Confermo che potrebbero fare controlli a campione con Metal d.
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Da: Lieve8510/12/2019 09:24:58
Napoli in alto mare. altre sedi come sono messe
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Da: thullio10/12/2019 11:10:22
L'imprenditore individuale alfa si rivolge alla società affinché la stessa acquisti ub macchinario che è venduto presso il negozio gestito da caio  e glielo conceda poi in locazione finanziaria. Il contratto di leasing viene stipulato e prevede il pagamento, a carico dell'utilizzatore tizio, della complessiva somma di 60000 euro suddivisa in rate mensili dell'importo di 1000 euro ciascuna. Contestualmente la società Gamma e iI fornitore stipulano un patto di riacquisto in forza del quale Caio, in caso di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, e a seguito di apposita richiesta da parte dellaa società Gamma si obbliga a riacquistare il bene a un prezzo prestabilito. Nel corso del rapporto contrattuale, però, tizio non paga le ultime 10 rate pattuite. Caio, pur consapevole di non essersi tenuto e per di essere costretto a riacquista un bene che, in quanto usato, ha ormai perso gran parte del suo valore commerciale, decide di provvedere lui stesso al pagamento dei residui canoni insoluti e versa alla società concedente la somma di 10000 euro. Successivamente Caio cita in giudizio tizio, dichiarando di agire in regresso ai sensi dell'art 1950 cc. e chiedendo la restituzione della somma maggiorata degli interessi legali dalla data del pagamento. Tizio, ricevuta la notificazione dell'atto di citazione, si rivolge a un legale per un consulto. Il candidato assunte le vesti del legale di tizio, rediga un parere motivato illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito.

L'imprenditore edile Caio, venuto a conoscenza che l'amico sempronio ha intenzione di ristrutturare l'appartamento in cui abita, si dichiara disponibile a eseguire personalmente i lavori all'uopo necessari e predispone un preventivo per il complessivo importo di 45000 euro. Sempronio, ricevuto brevi manu il preventivo, vi appone a penna alcune modifiche, indicando il corrispettivo di 35000 euro e precisando che i lavori avrebbero dovuto iniziare entro il 15novembre 2019 e avrebbero dovuto concludersi entro il 31 gen 2020. Lo stesso sempronio riconsegna poi a Caio il documento così modificato. Dopo alcuni giorni, in data 10 ott 2019, Caio invia a sempronio una email regolarmente ricevuta dal destinatario con la quale dichiara di accettare le nuove condizioni e si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ott. Con successiva email del 15 ott 2019, sempronio comunica però di voler annullare la propria commissione e invita Caio a non dare avvio alle opere. Qualche tempo dopo, però, sempronio riceve una lettera da parte di Caio nella quale questi, lamentando l'inadempimento agli obblighi contrattuali, chiede la corresponsione della somma di euro 35000 a titolo di ristoro del danno conseguente alla mancata esecuzione del contratto. Sempronio si rivolge dunque a un legale per conoscere quale posizione assumere nei confronti dell'altrui pretesa creditoria. Il candidato, assunte le vesti del legale di sempronio, rediga un parere motivato, illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito
Rispondi

Da: Pacuccia 10/12/2019 11:14:22
novità da Salerno??????????
Rispondi

Da: Ne_mesi  10/12/2019 11:15:56
Salerno è schermata?
Rispondi

Da: postyprea 10/12/2019 11:20:31
mi confermate che sono le tracce giuste??????
Rispondi

Da: thullio10/12/2019 11:23:37
sono giuste!
Rispondi

Da: Gdr10/12/2019 11:26:44
Uscite le sentenze 😅
Rispondi

Da: Zermatt10/12/2019 11:29:41
Thullio, come no...
Rispondi

Da: ggg10/12/2019 11:30:23
qualcun'altro può confermare le tracce?
Rispondi

Da: ANGE1310/12/2019 11:54:55
CONFERMO LE TRACCE
Rispondi

Da: Roguesilmaril10/12/2019 12:05:25
Quali tracce confermi Ange?
Rispondi

Da: Non confermo10/12/2019 12:06:30
e non smentisco
Rispondi

Da: Fefe soluzione traccia 2 10/12/2019 15:00:36
La traccia in questione impone l'analisi di tre distinte questioni: 1) stabilire il momento di conclusione del contratto tra Caio e Sempronio; 2) definire la legittimità o meno del recesso esercitato da Sempronio; 3) quantificare l'eventuale somma dovuta da Sempronio a Caio e definire il riparto dell'onere probatorio.

Procedendo nell'ordine logico individuato, con riferimento alla questione sub 1) si evidenzia anzitutto che, ai sensi dell'art. 1326 c.c., il contratto si intende concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione della controparte.

Tuttavia, l'art. 1335 c.c. stabilisce che proposta, accettazione e revoca delle stesse si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, salvo che quest'ultimo non provi di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne conoscenza.

Tale articolo introduce, pertanto, al fine di mitigare l'eccessiva rigidità del 1326 c.c., una vera e propria "presunzione di conoscenza", valida per qualsiasi dichiarazione recettizia, ed opta dunque per il principio della c.d. "conoscibilità" della dichiarazione in luogo dell'effettiva conoscenza.

L'art. 1326, ult. co. c.c. stabilisce, poi, che "un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta", ponendo in luce la necessità che le due manifestazioni di volontà (quella del proponente e quella dell'oblato) coincidano.

Applicando i principi in esame alla traccia emerge come Sempronio, dopo aver ricevuto il preventivo pari ad euro  45.000 dall'amico Caio, provvedeva ad appore delle modifiche allo stesso, che interessavano, tra le altre cose, il prezzo finale dell'opera.

Tale circostanza si sostanziava, in effetti, in una vera e propria "nuova proposta" ai sensi dell'art. 1326, ult. co, che Sempronio indirizzava all'amico Caio.

In data 10.10.2019, quest'ultimo inviava una mail al primo con la quale affermava espressamente di accettare le modifiche apportate dall'amico e, in questa sede, si concludeva quindi il contratto tra i due soggetti.

Quanto alle modalità con la quale l'accettazione veniva inviata - "tramite email" - si sottolinea come la giurisprudenza sia concorde nel ritenere che sia sufficiente che il recapito in questione rientri nel dominio del destinatario (Cass. civile n. 2600/1982), non richiedendo alcun requisito ulteriore. Non vi sono dubbi che l'indirizzo elettronico in questione integri tutti i requisiti normalmente considerati idonei dagli interpreti al fine di far scattare la predetta presunzione relativa.

Invece, la generica affermazione di Caio per la quale questo "si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ottobre" non può ritenersi una nuova proposta. Tuttavia, qualora si ritenesse tale, dovrebbe concludersi che il contratto non si sarebbe mai perfezionato.

Quanto alla questione sub 2), è necessario fare riferimento all'art. 1671 c.c., il quale - in tema di appalto - prevede una facoltà di recesso ad nutum in capo al committente, anche nel caso l'opera si già stata iniziata.

Tale norma, come correttamente osservato dalla giurisprudenza, data l'ampiezza della sua formulazione, conferisce al committente il diritto di porre fine al rapporto "per qualsiasi ragione"; non è infatti configurabile un diritto dell'appaltatore a proseguire nell'esecuzione dell'opera, avendo egli diritto solo all'indennizzo previsto dalla detta norma e comunque rispondendo il compimento dell'opera esclusivamente all'interesse del committente (così Cass. civ. 11642/2003).

Resta, dunque da risolvere la questione sub 3) e quantificare per l'effetto la somma eventualmente dovuta da Sempronio a Caio.

In questo senso, si osserva come il menzionato articolo 1671 c.c. preveda espressamente che - a fronte dell'esercizio del legittimo diritto di recesso ivi prescritto - l'appaltatore avrà diritto alle spese sostenute, ai lavori eseguiti e al mancato guadagno.

Pertanto, appare evidente come la richiesta di Caio, pari all'intero prezzo pattuito, non possa considerarsi legittima.

Al contrario, la giurisprudenza sostiene che il giudice debba determinare a tal fine "l'utile netto conseguibile fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento, con la esecuzione delle opere appaltate". Tale utile deve calcolarsi attraverso la definizione della "differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere stesse, previa determinazione della quota di spese generali, dei costi di ammortamento etc…" (Così Cass. civ., n. 16404/2017).

Infine, quanto al riparto dell'onere, si osserva come la prova dell'ammontare dell'utile netto gravi sull'appaltatore (Caio), che richiede di essere indennizzato del mancato guadagno (Così Cass. civ. n. 8853/2017).

In conclusione, dunque, nonostante si ritenga concluso il contratto al momento della ricezione della mail di Caio da parte di Sempronio (in applicazione del principio di "conoscibilità" sopra menzionato), il recesso di quest'ultimo deve ritenersi legittimo, in quanto tale facoltà è espressamente prevista ai sensi dell'art. 1671 c.c..

Per l'effetto, la richiesta di Caio deve ritenersi eccessiva nel suo ammontare in quanto, come stabilito dalla stessa norma egli non avrebbe diritto all'intero interesse positivo (ai sensi degli artt. 1218 c.c. e seguenti) ma di un mero indennizzo, da quantificarsi nei termini di cui sopra.

Qualora, al contrario, si ritenesse il predetto contratto non concluso - ritenendo che quella di Caio un'ulteriore "nuova proposta" - potrebbe configurarsi una responsabilità di natura precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c.. In tal caso dovrebbe ritenersi risarcibile, quindi, il solo interesse negativo
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Da: Fefe soluzione traccia 1 10/12/2019 15:01:38
Parere Civile 1
La traccia sottoposta all'attenzione dello scrivente impone di soffermarsi sui rapporti tra leasing, rimedi in caso di risoluzione e pagamento da parte del terzo del debito gravante a carico dell'utilizzatore.

Tizio, imprenditore individuale, si rivolgeva alla società Gamma perché essa acquistasse un bene di proprietà di Caio, concedendoglielo poi in leasing. Il leasing stipulato prevedeva il pagamento di 60 canoni mensili da 1.000 euro l'uno.

Gamma e Caio, peraltro, stipulavano un contratto con cui Caio si vincolava a riacquistare a un prezzo prestabilito il bene fornito il leasing nel caso di risoluzione per inadempimento del contratto e dietro specifica richiesta di Gamma.

Tizio si rendeva inadempimento, non pagando gli ultimi dieci canoni. Caio, dal canto suo, versava a Gamma la somma di 10.000 euro, pari a canoni insoluti, pur sapendo di non esservi tenuto.

A fronte di questo pagamento, Caio ha agito nei confronti di Tizio ai sensi dell'art. 1950 c.c., ossia esercitando un'azione di regresso che compete al fideiussore, e chiedendo la restituzione dei 10.000 euro pagati, oltre interessi dalla data del pagamento.

La soluzione del caso richiede, anzitutto, di esaminare l'istituto del leasing, tipizzato recentemente dal legislatore con l. 124/2017. Di poi, ci si chiederà quale sia la natura del patto sottoscritto tra Gamma e Caio. Infine, si esaminerà la fondatezza dell'azione esperita da Caio, verificando anche se lo stesso Caio, instaurando un nuovo procedimento o nell'ambito dello stesso processo, possa ottenere una condanna di Tizio ad altro titolo.

Come noto, il leasing è il contratto con cui una parte concede in godimento a un'altra parte un certo bene dietro un corrispettivo e per un certo periodo di tempo, scaduto il quale l'utilizzatore potrà divenire proprietario del bene, eventualmente pagando un'ulteriore somma, o potrà semplicemente restituirlo al concedente.

Il leasing per lungo tempo ha rappresentato un contratto socialmente tipico, ma legalmente tipico, in quanto sprovvisto di un'organica disciplina legale.

La giurisprudenza, supplendo al legislatore, ha ritenuto fin da subito che il leasing fosse un contratto meritevole, e per ciò idoneo a creare rapporti giuridici vincolanti, e al tempo stesso ha distinto varie tipologie di leasing.

Si è così parlato di leasing finanziario, in cui fornitore - colui che produce il bene - e concedente non coincidono (solitamente il concedente è una banca) e di leasing operativo, in cui invece essi coincidono. Inoltre, si sono contrapposti il leasing traslativo e il leasing di godimento: in particolare, «il leasing di godimento risulta stipulato con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e in corrispettivo di canoni remunerativi esclusivamente dell'uso dei beni locati. Il leasing traslativo risulta invece stipulato con riferimento a beni idonei a conservare alla scadenza del contratto un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e in corrispettivo di canoni che includono anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto da parte dell'utilizzatore. Tale bipartizione, lungi dal risolversi in una semplice disquisizione teorica vertente sul profilo causale del negozio, si riflette sugli effetti propri della risoluzione del contratto in caso di inadempimento da parte dell'utilizzatore. Infatti - fermo restando in entrambi i casi il diritto del concedente alla restituzione del bene - nel primo caso, in applicazione della disciplina generale in materia di contratto ad esecuzione periodica o continuata (art. 1458 c.c.), il concedente ha diritto a trattenere i canoni già riscossi, proprio perché strettamente funzionali alla detenzione avuta dall'utilizzatore per l'intero periodo di efficacia del contratto; nel secondo caso, invece, viene ritenuta prevalente la causa di scambio rispetto a quella di finanziamento, con conseguente applicazione della disciplina della vendita con riserva di proprietà e, quindi, dell'art. 1526 c.c. Sul piano rimediale, la conseguenza è che l'utilizzatore, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, fatto salvo il diritto del concedente di trattenere un equo compenso per l'uso della cosa, il quale comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo, il logoramento per l'uso, oltre al risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa dovuto all'utilizzatore» (così da ultimo Trib. Milano, 15 ottobre 2018, n. 10331).

Di recente, tuttavia, è intervenuto il legislatore, il quale ha regolato espressamente all'art. 1, l. 124/2017, il leasing finanziario, dettandone una disciplina completa quanto a presupposti, effetti e conseguenze in caso di risoluzione per inadempimento.

Ivi si è previsto, in particolare, che «Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l'intermediario finanziario iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si ob bliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell'utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l'obbligo di restituirlo».

Inoltre, secondo quanto previsto dal legislatore, «Costituisce grave inadempimento dell'utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari ovvero di quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria. In caso di risoluzione del contratto per l'inadempimento dell'utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all'ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell'utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene è inferiore all'ammontare dell'importo dovuto dall'utilizzatore a norma del periodo precedente. Ai fini di cui al comma 138, il concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati. Quando non è possibile far riferimento ai predetti valori, procede alla vendita sulla base di una stima effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo nei venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato accordo nel predetto termine, da un perito indipendente scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, previamente comunicati all'utilizzatore, che può esprimere la sua preferenza vincolante ai fini della nomina entro dieci giorni dal ricevimento della predetta comunicazione. Il perito è indipendente quando non è legato al concedente da rapporti di natura personale o di lavoro tali da compromettere l'indipendenza di giudizio. Nella procedura di vendita o ricollocazione il concedente si attiene a criteri di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da consentire l'individuazione del migliore offerente possibile, con obbligo di informazione dell'utilizzatore».

La Suprema Corte, con una recentissima e condivisibile pronuncia (Cass., 29 marzo 2019, n. 8980), ha peraltro ritenuto che «la nuova disposizione ha tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma distinta dalla vendita con riserva di proprietà … escludendo la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e facendo così venir meno una bipartizione che non è fondata su alcuna norma di legge».

Sulla base delle premesse formulate, procediamo a sussumere i fatti concreti nelle norme giuridiche.

Orbene, il contratto concluso tra Tizio, Gamma e Caio è un leasing finanziario, rispetto a cui manca però la previsione del pagamento di un prezzo finale per mantenere la titolarità del bene. Nondimeno, parrebbe possibile applicarvi la disciplina del leasing finanziario per come dettata dal legislatore: si rientra comunque all'interno dell'elasticità del tipo legale.

Quanto, poi, al patto concluso tra Caio e Gamma, esso impone a Caio di acquistare il bene concesso in leasing nel caso di risoluzione e a un prezzo prestabilito. Rispetto al contratto di leasing si può ritenere che un tale contratto abbia un riflesso, rappresentando una modalità attraverso cui viene quantificato ex ante il valore del bene e al tempo stesso il concedente si garantisce di collocare il bene stesso sul mercato.

A dire il vero, nel caso - più che probabile, stando ai dati di fatto di cui si è a conoscenza - in cui Tizio non abbia partecipato a questo accordo tra Caio e Gamma, non si può ritenere che esso gli sia opponibile: in altri termini, di fronte a una risoluzione del contratto di leasing per suo inadempimento, Tizio potrebbe ritenersi non vincolato dal contratto tra Caio e Gamma e potrebbe richiedere a quest'ultima di seguire le modalità indicate dal legislatore per quantificare il valore del bene. Nondimeno, là dove il prezzo ottenuto da Caio fosse più alto del valore di mercato, Tizio potrebbe giovarsi di questo accordo, poiché Gamma avrebbe comunque incamerato una somma più alta di quella ottenibile sul mercato tramite il procedimento previsto dal legislatore.

Ciò detto, va però sicuramente escluso che il contratto tra Caio e Gamma sia una fideiussione, rispetto a cui operi un regresso a favore di Caio; tanto meno con riferimento al caso di specie, in cui Caio ha pagato un debito altrui - quello di Tizio - a prescindere da una risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, e anzi proprio per evitarla.

In conclusione, deve ritenersi che la pretesa di Caio ex art. 1950 c.c. sia del tutto infondata.

Nondimeno, Caio potrebbe agire nei confronti di Tizio ai sensi dell'art. 2041 c.c., ossia per ingiustificato arricchimento, per aver pagato un debito consapevolmente altrui (pagamento del terzo, art. 1180 c.c.). Potrebbe però richiedere soltanto la somma minore tra il suo impoverimento (pari a 10.000 euro oltre interessi) e l'arricchimento di Tizio.

Un simile arricchimento dovrebbe quantificarsi come segue: sottraendo al valore di mercato del bene di cui Tizio continua a godere una somma pari al prezzo che Gamma avrebbe incamerato se il contratto con Tizio fosse stato risolto e Caio avesse dovuto ottemperare al suo obbligo contrattuale di pagamento del prezzo, dedotta una somma equivalente all'ammontare dei canoni scaduti oltre interessi e spese.

La ragione è che, se il contratto fosse stato risolto (e cioè se Caio non fosse intervenuto con il suo pagamento), Tizio avrebbe ottenuto ai sensi delle previsioni di legge già citate la restituzione di una somma pari al valore del bene concesso in leasing sottratti i canoni ancora dovuti oltre interessi e spese. Un tale valore, come detto, avrebbe potuto essere pari al prezzo dovuto da parte di Caio, qualora esso fosse stato superiore al valore di mercato (come avvenuto nel caso di specie, secondo quanto è dato evincere dal testo della traccia).

Proprio perché il valore di mercato del bene concesso in leasing è inferiore al prezzo dovuto da Caio, si può ritenere che la differenza risultante sia inferiore a 10.000 euro oltre interessi: e che quindi a titolo di ingiustificato arricchimento Tizio sia debitore di una somma minore di quella richiestagli ex art. 1950 c.c.

Di conseguenza, si consiglia a Tizio di difendersi dalla pretesa di Caio eccependo la non debenza di alcuna somma; tanto più che Caio, com'è evidente, non potrà cambiare la sua domanda in corso di causa, poiché ciò costituirebbe un'inammissibile mutatio (e non già emendatio) libelli.

Non si può però scongiurare il rischio che, un domani, Caio agisca ai sensi dell'art. 2041 c.c. contro Tizio: a quel titolo Tizio verrebbe presumibilmente condannato, per quanto a una somma probabilmente inferiore rispetto a quella ora richiestagli.
Rispondi

Da: Fefe soluzione traccia 2 completa 10/12/2019 15:08:33
Parere 2
L'imprenditore edile Caio, venuto a conoscenza che l'amico sempronio ha intenzione di ristrutturare l'appartamento in cui abita, si dichiara disponibile a eseguire personalmente i lavori all'uopo necessari e predispone un preventivo per il complessivo importo di 45000 euro.

Sempronio, ricevuto brevi manu il preventivo, vi appone a penna alcune modifiche, indicando il corrispettivo di 35000 euro e precisando che i lavori avrebbero dovuto iniziare entro il 15 novembre 2019 e avrebbero dovuto concludersi entro il 31 gennaio 2020. Lo stesso Sempronio riconsegna poi a Caio il documento così modificato.

Dopo alcuni giorni, in data 10 ottobre 2019, Caio invia a Sempronio una email regolarmente ricevuta dal destinatario con la quale dichiara di accettare le nuove condizioni e si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ottobre.

Con successiva email del 15 ottobre 2019, Sempronio comunica però di voler annullare la propria commissione e invita Caio a non dare avvio alle opere.

Qualche tempo dopo, però, Sempronio riceve una lettera da parte di Caio nella quale questi, lamentando l'inadempimento agli obblighi contrattuali, chiede la corresponsione della somma di euro 35.000 a titolo di ristoro del danno conseguente alla mancata esecuzione del contratto.

Sempronio si rivolge dunque a un legale per conoscere quale posizione assumere nei confronti dell'altrui pretesa creditoria.

Il candidato, assunte le vesti del legale di sempronio, rediga un parere motivato, illustrando le questioni sottese al caso in esame e indicando la linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito.

La traccia in questione impone l'analisi di tre distinte questioni: 1) stabilire il momento di conclusione del contratto tra Caio e Sempronio; 2) definire la legittimità o meno del recesso esercitato da Sempronio; 3) quantificare l'eventuale somma dovuta da Sempronio a Caio e definire il riparto dell'onere probatorio.

Procedendo nell'ordine logico individuato, con riferimento alla questione sub 1) si evidenzia anzitutto che, ai sensi dell'art. 1326 c.c., il contratto si intende concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione della controparte.

Tuttavia, l'art. 1335 c.c. stabilisce che proposta, accettazione e revoca delle stesse si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, salvo che quest'ultimo non provi di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne conoscenza.

Tale articolo introduce, pertanto, al fine di mitigare l'eccessiva rigidità del 1326 c.c., una vera e propria "presunzione di conoscenza", valida per qualsiasi dichiarazione recettizia, ed opta dunque per il principio della c.d. "conoscibilità" della dichiarazione in luogo dell'effettiva conoscenza.

L'art. 1326, ult. co. c.c. stabilisce, poi, che "un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta", ponendo in luce la necessità che le due manifestazioni di volontà (quella del proponente e quella dell'oblato) coincidano.

Applicando i principi in esame alla traccia emerge come Sempronio, dopo aver ricevuto il preventivo pari ad euro  45.000 dall'amico Caio, provvedeva ad appore delle modifiche allo stesso, che interessavano, tra le altre cose, il prezzo finale dell'opera.

Tale circostanza si sostanziava, in effetti, in una vera e propria "nuova proposta" ai sensi dell'art. 1326, ult. co, che Sempronio indirizzava all'amico Caio.

In data 10.10.2019, quest'ultimo inviava una mail al primo con la quale affermava espressamente di accettare le modifiche apportate dall'amico e, in questa sede, si concludeva quindi il contratto tra i due soggetti.

Quanto alle modalità con la quale l'accettazione veniva inviata - "tramite email" - si sottolinea come la giurisprudenza sia concorde nel ritenere che sia sufficiente che il recapito in questione rientri nel dominio del destinatario (Cass. civile n. 2600/1982), non richiedendo alcun requisito ulteriore. Non vi sono dubbi che l'indirizzo elettronico in questione integri tutti i requisiti normalmente considerati idonei dagli interpreti al fine di far scattare la predetta presunzione relativa.

Invece, la generica affermazione di Caio per la quale questo "si rende disponibile a iniziare i lavori già dal 18 ottobre" non può ritenersi una nuova proposta. Tuttavia, qualora si ritenesse tale, dovrebbe concludersi che il contratto non si sarebbe mai perfezionato.

Quanto alla questione sub 2), è necessario fare riferimento all'art. 1671 c.c., il quale - in tema di appalto - prevede una facoltà di recesso ad nutum in capo al committente, anche nel caso l'opera si già stata iniziata.

Tale norma, come correttamente osservato dalla giurisprudenza, data l'ampiezza della sua formulazione, conferisce al committente il diritto di porre fine al rapporto "per qualsiasi ragione"; non è infatti configurabile un diritto dell'appaltatore a proseguire nell'esecuzione dell'opera, avendo egli diritto solo all'indennizzo previsto dalla detta norma e comunque rispondendo il compimento dell'opera esclusivamente all'interesse del committente (così Cass. civ. 11642/2003).

Resta, dunque da risolvere la questione sub 3) e quantificare per l'effetto la somma eventualmente dovuta da Sempronio a Caio.

In questo senso, si osserva come il menzionato articolo 1671 c.c. preveda espressamente che - a fronte dell'esercizio del legittimo diritto di recesso ivi prescritto - l'appaltatore avrà diritto alle spese sostenute, ai lavori eseguiti e al mancato guadagno.

Pertanto, appare evidente come la richiesta di Caio, pari all'intero prezzo pattuito, non possa considerarsi legittima.

Al contrario, la giurisprudenza sostiene che il giudice debba determinare a tal fine "l'utile netto conseguibile fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento, con la esecuzione delle opere appaltate". Tale utile deve calcolarsi attraverso la definizione della "differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere stesse, previa determinazione della quota di spese generali, dei costi di ammortamento etc…" (Così Cass. civ., n. 16404/2017).

Infine, quanto al riparto dell'onere, si osserva come la prova dell'ammontare dell'utile netto gravi sull'appaltatore (Caio), che richiede di essere indennizzato del mancato guadagno (Così Cass. civ. n. 8853/2017).

In conclusione, dunque, nonostante si ritenga concluso il contratto al momento della ricezione della mail di Caio da parte di Sempronio (in applicazione del principio di "conoscibilità" sopra menzionato), il recesso di quest'ultimo deve ritenersi legittimo, in quanto tale facoltà è espressamente prevista ai sensi dell'art. 1671 c.c..

Per l'effetto, la richiesta di Caio deve ritenersi eccessiva nel suo ammontare in quanto, come stabilito dalla stessa norma egli non avrebbe diritto all'intero interesse positivo (ai sensi degli artt. 1218 c.c. e seguenti) ma di un mero indennizzo, da quantificarsi nei termini di cui sopra.

Qualora, al contrario, si ritenesse il predetto contratto non concluso - ritenendo che quella di Caio un'ulteriore "nuova proposta" - potrebbe configurarsi una responsabilità di natura precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c.. In tal caso dovrebbe ritenersi risarcibile, quindi, il solo interesse negativo
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Da: Eveline88  10/12/2019 15:21:56
A titolo informativo, secondo voi sono tracce molto difficili? Grazie
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Da: bega15210/12/2019 17:27:05
no non sono difficili, sono praticamente impossibili, molti stanno commettendo lo stesso errore nel redigere il parere, in entrambi i casi c'è una sentenza molto importante che nessuno di voi ha citato almeno leggendo i commenti precedenti,
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Da: verdena8710/12/2019 17:38:05
qual è questa sentenza molto importante a cui ti riferisci?
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Da: Pocha22  1  - 10/12/2019 17:47:08
Mi chiedo, ma nessuno controlla questo sito? Le tracce sono state divulgate alle 11 (quindi da qualcuno dentro) e poi con tutta trabquillitá gli è stato scritto tutto lo svolgimento da parte di Fefe. Ma non sarebbe molto meglio per i candidati dentro svolgere i compiti senza che i furbi di turno li scavalchino?!
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Da: Eveline88   1  - 10/12/2019 18:24:16
@pocha22 concordo con te.. è una cosa assurda e vergognosa.
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